donald trump mario draghi

DRAGHI, L’ANTI-TRUMP – TRA “MARIOPIO” E IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO CI SONO VECCHIE RUGGINI, CHE RISALGONO AL PRIMO MANDATO DEL TYCOON ALLA CASA BIANCA: DA PRESIDENTE DELLA BCE, DRAGHI AGIVA IN AUTONOMIA, SENZA CHIEDERE IL PERMESSO A WASHINGTON, ALIENANDOSI LE SIMPATIE DEL VENDICATIVO TYCOON – IL J’ACCUSE DELL’EX PREMIER CONTRO L’EUROPA, TRA CONSUMI CHE ANNASPANO, FRAZIONAMENTO DELLE SPESE E LA NECESSITÀ ORMAI INDEROGABILE DI UNA DIFESA COMUNE – VIDEO

 

Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera per “La Stampa”

 

Lo scorso 9 settembre – quando Mario Draghi presentava il suo rapporto sulla competitività a Ursula von der Leyen – Donald Trump non era ancora presidente e molti scommettevano non lo sarebbe diventato.

 

Da allora è passata un'era geologica, e il primo ad ammetterlo è Draghi stesso: «La nostra sicurezza oggi è messa in dubbio dal cambiamento della politica estera del nostro maggior alleato».

 

L'antipatia reciproca fra i due è antica e risale al primo mandato del presidente americano, quando dall'altra parte dell'Oceano in Europa c'era un governatore che non chiedeva il permesso a Washington per muovere i tassi di interesse.

 

L'indiscusso impegno di Draghi dal grattacielo di Francoforte non è bastato a evitare il peggio all'Unione. Da quando ha lasciato la Banca centrale – più di cinque anni fa - i consumi europei sono aumentati del due per cento, negli Stati Uniti del tredici.

 

Traiamo metà della ricchezza dal commercio estero - il doppio degli americani - ma nel frattempo il reddito pro-capite negli Usa è diventato il doppio del nostro. Risparmiamo più degli americani, ma nel solo 2024 cinquecento miliardi di quei risparmi sono stati investiti sui loro mercati, perché rendono di più. Spendiamo in Difesa più della Russia, ma per comprare in prevalenza armamenti Made in Usa. Spendiamo quanto gli Stati Uniti in ricerca pubblica, ma non siamo in grado di essere altrettanto competitivi.

 

Quando Mario Draghi prende la parola nella sala Koch di Palazzo Madama sono le 10. E' la prima volta dal 21 luglio di tre anni fa, quando l'allora premier gettò la spugna dopo la sfiducia di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

 

Della ripresa post-Covid non è rimasto quasi nulla. Nel frattempo l'Europa ha avuto il tempo di stringere le regole di Bilancio e di ripensarci. Per convincere l'Unione a scorporare la spesa militare dal patto di Stabilità c'è voluta l'umiliazione di Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale e in mondovisione.

 

[…]  raghi dribbla ogni provocazione, e mette in fila sempre gli stessi fatti, sempre più gravi. Primo, l'energia: «Tra settembre e febbraio il prezzo del gas naturale all'ingrosso è aumentato in media del quaranta per cento, con punte del sessantacinque». Nonostante l'impegno per cercare di superare la dipendenza dal gas russo, l'energia in Europa costa molto più che in Cina o negli Stati Uniti.

 

L'Unione è la più grande consumatrice di gas al mondo, ma non è capace di sfruttare quel vantaggio competitivo, perché ciascuno compra ciò di cui ha bisogno. Due: le regole. «Il settore high tech deve fare i conti con cento leggi e duecento regolatori». Terzo: l'innovazione.

 

«Otto dei dieci maggiori modelli di intelligenza artificiale sono americani, due cinesi, nessuno è europeo». La debole spinta innovativa dell'industria nostrana è l'altra faccia dell'assenza di un mercato unico dei servizi.

 

Draghi invita alla cautela sui dazi […] . Invita la Meloni a fare qualcosa sull'energia, «perché non possiamo aspettare le riforme europee» e - pur avendolo ispirato - critica il piano di riarmo europeo, facendo felice Elly Schlein e chi come lei sperava in più coraggio: «Gli spazi di bilancio non permetteranno ad alcuni Paesi significative espansioni del deficit, né sono pensabili contrazioni nella spesa sociale e sanitaria: sarebbe non solo un errore politico, ma soprattutto la negazione di quella solidarietà che è parte dell'identità europea. L'unica strada è il ricorso a debito comune».

 

Draghi vede nella deroga al patto di Stabilità un pannicello caldo.

 

Non solo: senza un mercato unico della Difesa l'Unione rischia solo di gonfiare i bilanci delle aziende americane del settore bellico. In estrema sintesi: più spesa pubblica per stimolare la domanda interna di innovazione, infrastrutture, transizione climatica. […]

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?