1. STRAUSS KAHN QUERELA ABEL FERRARA PER “WELCOME TO NEW YORK”: “STERCO DI CANE” 2. E L’EX MOGLIE ANNE SINCLAIR CI METTE IL CARICO: “È MISOGINO E ANTISEMITA. MA NON GLI DARÒ LA SODDISFAZIONE DI FARE CAUSA: LE PORCHERIE NON LE ATTACCO, LE VOMITO” 3. COME PREVISTO, I PROTAGONISTI NON HANNO APPREZZATO IL FILM SUI FESTINI E LE SCOPATE DELL’EX CAPO DEL FONDO MONETARIO, PROIETTATO A CANNES MA FUORI DAL FESTIVAL 4. DEPARDIEU: “DSK È UN PERSONAGGIO SHAKESPEARIANO, LA GENTE CHE PRATICA LA LUSSURIA E HA PIACERE DI MOSTRARLO ESISTE, HO PIETÀ PER CHI NE SOFFRE. IL FILM NON E’ STATO AMMESSO ALLA GARA A CANNES? FORSE HANNO SUBITO DELLE PRESSIONI” 5. DA VENERDÌ È DISPONIBILE PER 7 EURO IN VERSIONE DIGITALE: SARÀ DIFFICILE BLOCCARLO

1. CANNES, STRAUSS-KAHN QUERELA ABEL FERRARA
Da www.repubblica.it

L'ex direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, farà una denuncia per diffamazione tra pochi giorni contro il film di Abel Ferrara "Welcome to New York", ispirato allo scandalo che provocò la fine della sua carriera, tre anni fa. Contemporaneamente Anne Sinclair, ex moglie dell'ex direttore del FMI, giornalista e direttrice dell'Huffington Post francese, ha espresso tutto il suo "disgusto" nei confronti del film.

I personaggi del film di Abel Ferrara non portano i nomi di Dominique Strauss-Kahn e Anne Sinclair, ma la trama del film ricalca precisamente lo scandalo del Sofitel di tre anni fa, quando l'uomo politico francese venne arrestato dalla polizia americana con l'accusa di aver violentato una cameriera d'albergo.

Nel suo editoriale, la giornalista "vomita" il suo disgusto tanto per l'antisemitismo quanto per la misoginia di cui la pellicola sarebbe intrisa. Sinclair però ha escluso esplicitamente di volere "concedere a Ferrara e Maraval il piacere di attaccarli davanti alla giustizia. (...) Non attacco le porcheria, le vomito".

Secondo l'avvocato di DSK, Jean Veil, la denuncia partirà invece dal diretto interessato e per annunciarlo usa toni forti: il film è "una merda, sterco di cane" e che contiene anche "una parte di antisemitismo". Dominique Strauss-Kahn è stato costretto alle dimissioni dal vertice dalla più potente delle organizzazioni finanziarie internazionali dopo essere stato accusato di aver aggredito sessualmente una cameriera della Guinea, Nafissatou Diallo, nella sua suite del Sofitel di New York. La vicenda giudiziaria si era chiusa alla fine del 2012 con un accordo finanziario confidenziale.


2. ACCUSE DI ANTISEMITISMO AL FILM SU STRAUSS-KAHN
Daniele Abbiati per "il Giornale"

Welcome un corno (pardon!). Il film di Abel Ferrara con Gérard Depardieu nei panni (e anche senza i panni) di un riconoscibilissimo Dominique Strauss-Kahan è tutt'altro che il benvenuto, a Cannes.

Welcome to New York, peraltro assente dalla selezione ufficiale, a giudicare dalle reazioni suscitate più che un'opera cinematografica è un concorso di colpe. Del regista e dell'interprete principale, oltre che del «biografato», ça va sans dire. Niente satira, soltanto un satiro tratteggiato in un contesto che strizza l'occhio all'«antisémitisme nauséabond», scrivono Le Figaro e Le Monde.

Anne Sinclair, moglie di DSK ai tempi del noto misfatto con conseguente scandalo planetario che fece fare bancarotta morale al Fondo monetario internazionale, non nasconde, sull'Huffington Post, il proprio «disgusto» per il tono con cui è stata trattata la vicenda. I dialoghi sono «pietosi e grotteschi», ed è «disgustoso» il modo in cui Ferrara «rappresenta le donne».

La Sinclair parla di «antisemitismo», e aggiunge: «non farò ai signori Ferrara e Maraval (il produttore, ndr) il favore di citarli il giudizio». Nel film lei è Simone (Jacqueline Bisset), nipote di un collezionista d'arte arricchitosi con i soldi degli ebrei durante la seconda guerra mondiale e pronta a pagare la cauzione per far uscire il consorte dal carcere e tutelare gli interessi di bottega, mentre il suo ex consorte si chiama Devereaux, potente e arrogante uomo d'affari.

Ma i nomi e la caratterizzazione dei personaggi sono dettagli trascurabilissimi, lascia intendere Le Monde: quel che importava era la collocazione della crema chantilly sulle tette delle escort, contraltare trash al miele delle Meraviglie della Rohrwacher, e il muso infoiato del loro cliente. In fondo (non quello monetario, quello della morale della favola nera) le signorine sono sì donne, però non ebree e dunque attaccate al soldo senza esagerare.

«Fin da Shakespeare - ha detto Depardieu - i grandi temi della tragedia sono sesso, potere, denaro. Io detesto i politici, non amo questo personaggio ma mi sono molto divertito a ricrearne la follia autodistruttiva e a lavorare con un grande autore anche perché a tutti e due piacciono le cose fatte in fretta.

Infatti ci abbiamo messo solo 18 giorni a girarlo. In altre cose vado meno di fretta. Sei minuti mi sembrano davvero troppo pochi eppure in quell'albergo furono solo sei». Sette, invece, gli euro da spendere per comperare il film su internet. A occhio e croce, troppi.


3. DEPARDIEU: IL FILM NON È STATO AMMESSO A CANNES? AVRANNO SUBITO DELLE PRESSIONI
Fulvia Caprara per ‘La Stampa'

Fluviale, entusiasta, incontenibile. Sono pochi i divi che, passata da tempo la mezzanotte, al termine di un incontro con la stampa fitto di domande e curiosità, preferiscono fermarsi a parlare con ammiratori e giornalisti piuttosto che scivolare via scortati dalle guardie del corpo. Bisogna avere un dono, e Gerard Depardieu ce l'ha, attraente nonostante l'immensa stazza, simpatico nonostante le polemiche fiscali, sincero nonostante le mille trappole contenute in un ruolo spinoso come quello che ha accettato di interpretare in Welcome to New York di Abel Ferrara, l'altra sera in anteprima a Festival.

Con il cognome di Devereux, l'attore porta sullo schermo la vicenda di Dominique Strauss Kahn, ex- direttore del Fondo monetario arrestato con l'accusa di violenza nei confronti di una donna delle pulizie impiegata presso l'hotel Sofitel di New York: «Il film - annuncia un cartello iniziale, concepito in modo da evitare grane legali - s'ispira a un affare giudiziario le cui fasi pubbliche sono state filmate, ritrasmesse e commentate dai media del mondo intero. I personaggi, però, insieme alle sequenze che li descrivono nella loro vita privata, sono frutto di finzione».

Lontano mille miglia dagli equilibrismi di avvocati e produttori, Depardieu ha una visione affascinante del personaggio che ha dato spessore a un film discontinuo, ma valido, e non privo di intensità, soprattutto nei momenti in cui, sulla scena, si fronteggiano moglie e marito, la Simone di Jacqueline Bisset e il Devereux del mattatore francese.

In che modo ha interpretato la vicenda del protagonista?
«L'ho vista come un soggetto tipicamente shakespeariano, basato su sesso, potere e denaro, la materia prima di tutte le grandi pieces teatrali. La gente che pratica la lussuria e ha piacere di mostrarlo esiste, ho pietà per chi ne soffre».

Quanto ha pensato a Dominique Strauss Kahn, mentre recitava nei panni di Devereux?
«Non ci ho pensato molto, la sceneggiatura ha la stessa energia di quella storia, ma non mi sono identificato nel protagonista, anche se, naturalmente, Strauss Khan era nella mia testa».

Qual è la sua opinione sui fatti che lo riguardano?
«Di norma non amo i politici e non ripongo in loro alcuna fiducia, ma recitare è anche un modo per comprendere meglio le cose che succedono, per entrarci dentro, e non limitarsi a giudicarle dall'esterno come si fa in genere.

Facendo Devereux, ho pensato che tutti abbiamo delle pulsioni di cui possiamo essere vittime, e che queste sono spesso frutto della solitudine. Mi sono chiesto che come mi sarei comportato se mi fossi trovato al suo posto, ho riflettuto sul fatto che certe volte succede di sapere di essere malati, ma di non voler andare da un dottore a farsi curare».

Il film non è stato inserito nel programma del Festival. Secondo lei perchè?
«Non so perchè il film non è stato ammesso alla competizione, ma ricordo bene che spesso i vincitori delle Palme d'oro sono stati fischiati. A voler pensare male si potrebbe immaginare che il direttore del Festival possa aver subito delle pressioni. Se è così, direi che capisco le sue ragioni, così come lui ha capito le ragioni della famiglia Grimaldi che ha protestato contro il film su Grace di Monaco».

Come è stato lavorare con Abel Ferrara?
«Un grande piacere. Ferrara non è un regista che dirige gli interpreti, e io sono d'accordo con lui. La direzione degli attori è buona per gli attori, per gente come me non esiste...».

Lei non si considera attore?
«No, io mi considero un essere vivente».

 

 

 

 

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