renzi marchese grillo

È DURATO IL TEMPO DI UN RUTTO LA PROMESSA DI RENZI DI PASSARE DALL'"IO" AL "NOI" - LA DISPUTA SUI PRONOMI NASCONDE UNA QUESTIONE POLITICA DECISIVA: È STATO O NO UN ERRORE IL VOLER FARE TUTTO DA SOLO, IL NON ASCOLTARE NESSUNO O SEMPRE I SOLITI,

1 - LA SVOLTA DALL'«IO» AL «NOI» DURA SOLO UN GIORNO

Francesco Bei per “la Stampa”

 

renzi al lingottorenzi al lingotto

È durata una manciata di ore la promessa di Renzi di passare dall' autoreferenziale "io" al "noi". Liquidata con fastidio come una fissazione di qualche editorialista, la disputa sui pronomi nascondeva in realtà una questione politica decisiva: è stato oppure no un errore il voler fare tutto da solo, il non ascoltare nessuno o pochi intimi (sempre i soliti, quelli con la C aspirata), l'aver rottamato, oltre ai vecchi dirigenti, anche il partito?

 

renzi gentiloni martinarenzi gentiloni martina

Sembrava che l'ex segretario avesse compreso, ieri tuttavia ha tenuto il punto: «Diciamocelo senza giri di parole: si deve dire "io" per poter dire "noi". Senza "io" non si va da nessuna parte». Tradotto: senza di me non andate da nessuna parte. Che sarà anche vero, ma sa tanto di Marchese del Grillo: io so' io e voi...

 

2 - RENZI PROVA A RIPRENDERSI IL PD "NESSUNO PUÒ DISTRUGGERLO LA VERA PARTITA INIZIA ADESSO"

Fabio Martini per “la Stampa”

 

renzi al lingotto con i suoi piccoli fanrenzi al lingotto con i suoi piccoli fan

È ripartito. Verso dove, Matteo Renzi non lo ha dettagliato, ma intanto si è rimesso in movimento. Dopo i cento giorni peggiori della sua vita politica - prima la batosta del referendum e poi le traversie del babbo - l'ex presidente del Consiglio aveva bisogno di far capire al mondo che la sua stagione non è finita e che le primarie del Pd le vincerà lui: per lanciare questo messaggio, ha voluto chiudere la tre giorni al Lingotto con un discorso arrembante, un comizio "tric-trac", tutto curvato sull’attualità, un genere che di solito gli riesce bene.

 

renzi al lingotto renzi al lingotto

E infatti i passaggi più applauditi dai cinquemila in platea (quasi tutti over 50) sono stati quelli nei quali Renzi è andato all'attacco. Anzitutto di un nemico apparentemente senza nome: «Nelle scorse settimane qualcuno ha cercato di distruggere il Pd perché c'è stato un momento di debolezza innanzitutto mia. Ma si mettano il cuore in pace, la partita inizia ora». E in un passaggio successivo ha fatto (in parte) capire con chi ce l'avesse: «Le sentenze le fanno i tribunali, non i commentatori dei giornali!».

 

renzi al lingotto  renzi al lingotto

Renzi non parla di complotto e neppure di «circuito mediatico-giudiziario», l'espressione a suo tempo coniata da Bettino Craxi, ma è proprio a quel binomio che allude. Grandi applausi anche per le battute contro gli scissionisti: «Essere di sinistra non è rincorrere totem del passato, salire su un palco, alzare il pugno chiuso, e cantare bandiera rossa. Immagini da macchietta non di politica».

 

L'applauso più forte Renzi lo ha incassato soprattutto quando ha attaccato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris: «Quando un sindaco si schiera con chi sfascia la città, per non far parlare qualcuno, quella non è una cosa da Pd. Noi Salvini lo vogliamo sconfiggere alle elezioni, ma deve parlare».

renzi al lingotto.   renzi al lingotto.

 

Chi si aspettava che Renzi spiegasse cosa intendesse con la sua recente promessa di «guardare al futuro», è rimasto deluso: l'ex premier non ha spiegato quale sia la sua idea di Italia e neppure le sue idee sui dossier strategici. Quel che contava nei tre giorni del Lingotto, per lui, era riuscire a rimuovere del tutto la questione-Consip (missione riuscita) e lanciare messaggi a breve: Renzi c'è, il Pd è un partito di sinistra (quindi competitivo con gli scissionisti) e nel futuro sarà guidato da una classe dirigente e non più da un uomo solo al comando.

 

maria elena boschi al lingottomaria elena boschi al lingotto

Su questo tema i titoli dei giornali hanno dato credito al racconto renziano del «noi», dimenticando che Renzi ha aperto e chiuso i lavori, parlando per due ore. E lui stesso ha irriso a quella lettura collettivista: «Potrei insistere a dire "noi" per far contenti i giornali che così hanno un titolo, ma guardiamoci negli occhi e diciamocelo: senza "io" non si va da nessuna parte».

 

Con l'aggiunta di un paradosso: due dei più importanti notabili del partito hanno incitato Renzi a credere nella sua leadership. Il ministro dell'Interno Marco Minniti, autore dell'intervento più forte della tre giorni: «Non c' è leader senza partito e non c' è partito senza leader. Il leader è quello che sogna ad occhi aperti». Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, testualmente: «Renzi è l'interprete del nostro sogno, la leadership è indispensabile.

maurizio martina e renzi al lingottomaurizio martina e renzi al lingotto

 

Quando giocava il Napoli nessuno si preoccupava che Maradona giocava troppo». Come si fa crescita? Per Renzi «il fatto che ci siano degli stabilimenti Fiat in Italia non significa la vittoria del capitalismo, ma che ci sono donne e degli uomini che sono tornati in fabbrica». I Cinque Stelle? «Rinunciate all' immunità e prendetevi le querele e vediamo in tribunale chi ha ragione».

RENZI lingottoRENZI lingotto

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...