ERA IL “SALVA ROMA” È DIVENTATO IL “SALVA TUTTI” (PER AMMAZZARE I CONTI PUBBLICI) - DAL DECRETONE DI NATALE PARTONO MILIONI A PIOGGIA

Sergio Rizzo per ‘Il Corriere della Sera'

«Nelle lanterne semaforiche, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, le lampade ad incandescenza, quando necessitino di sostituzione, devono essere sostituite con lampade a basso consumo energetico, ivi comprese le lampade realizzate con tecnologia a Led».

Con una prosa piuttosto incerta e supremo sprezzo del ridicolo, nel passaggio in Senato del decreto cosiddetto salva Roma hanno infilato anche questo. Certo è arduo immaginare che in un Paese normale serva una legge approvata dal Parlamento per cambiare le lampadine fulminate dei semafori. Ma questa è la prova che di normalità, quando qui si fanno le leggi, è davvero difficile parlare.

Prendiamo il decreto di cui sopra. Il governo l'aveva fatto per risolvere la rogna degli 864 milioni di debiti spuntati nei conti di Roma Capitale, ma già sapendo di far partire una diligenza destinata all'assalto generalizzato. E a palazzo Madama ci è stato caricato di tutto. Venti milioni per tappare i buchi del trasporto pubblico calabrese. Ventitré per i treni valdostani. Mezzo milione per il Comune di Pietrelcina, paese di Padre Pio. Uno per le scuole di Marsciano, in Umbria.

Un altro per il restauro del palazzo municipale di Sciacca. Ancora mezzo per la torre anticorsara di Porto Palo. Un milione a Frosinone, tre a Pescara, 25 addirittura a Brindisi. Quindi norme per il Teatro San Carlo di Napoli e la Fenice di Venezia, una minisanatoria per i chioschi sulle spiagge, disposizioni sulle slot machine, sulle isole minori, sulla Croce Rossa, sul terremoto dell'Emilia-Romagna, sui beni sequestrati alla criminalità organizzata. E perfino l'istituzione di una sezione operativa della Direzione investigativa antimafia all'aeroporto di Milano Malpensa per prevenire le infiltrazioni mafiose nell'Expo 2015.

Per non parlare di alcune perle, nel solco della tradizione di estrema trasparenza delle leggi made in Italy. Esempio: «All'articolo 1 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, il comma 4-bis è abrogato».

Abrogato al pari del «terzo comma dell'articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 10 aprile 1948, n. 421, ratificato, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 1957, n. 104». Chi ci capisce qualcosa? Alla faccia di quella norma approvata dal Parlamento quattro anni fa, che imporrebbe di scrivere le leggi in modo chiaro e comprensibile a tutti, senza costringere i cittadini a scavare nei codici e nelle Gazzette ufficiali di cinquant'anni prima per capire di che si tratta.

Ma tant'è. Quella norma, voluta dall'ex ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, non è mai, e sottolineiamo mai, stata applicata. Né hanno avuto seguito i reiterati richiami dei presidenti della Repubblica, prima Carlo Azeglio Ciampi e poi Giorgio Napolitano, a evitare di produrre grovigli sterminati di norme incomprensibili che si sovrappongono ad altre norme incomprensibili, con rimandi a decreti ministeriali che espropriano il Parlamento del potere legislativo e talvolta non vengono neppure emanati. Non è servita di lezione nemmeno la vicenda incredibile della finanziaria 2007, costituita da un unico articolo di 1364 commi.

La sera prima dell'approvazione si seppe che nella confusione generale una manina aveva inserito una norma per tagliare le unghie alla Corte dei conti. Il premier Romano Prodi andò su tutte le furie e impose di eliminarla. Gli esperti degli uffici legislativi la cercarono nel testo tutta la notte senza però riuscire a trovarla.

La finanziaria fu così approvata con il comma incriminato (il numero 1346) che fu eliminato il giorno dopo, una volta finalmente rintracciato, con un altro decreto legge. L'autore del misterioso geroglifico era un senatore della maggioranza, Pietro Fuda: presidente della commissione parlamentare per la Semplificazione della legislazione. Nientemeno.

Ma c'è ben poco da fare. Senza eliminare il bicameralismo perfetto, che esaspera i passaggi parlamentari in un ping pong infinito fra Camera e Senato, sarà impossibile uscirne. Anche se, a giudicare da quello che capita nelle Regioni dove quel problema non esiste, qualche grossa responsabilità ce l'hanno di sicuro le persone.

Il bilancio della Regione Lazio che si discute in queste ore, per esempio. Sul testo della giunta si è riversata una massa di 5.300 emendamenti capaci di far dilatare il fascicolo d'aula a 8.172 pagine. Denuncia nel suo sito la consigliera regionale Teresa Petrangolini che i 653.760 fogli necessari a stampare le 80 copie di quel fascicolo saranno abbattuti 8,28 pini alti quindici metri.

Non c'è governo che negli ultimi anni non abbia dovuto mettere in campo maxiemendamenti con relativi voti di fiducia per far passare finanziarie, decreti omnibus, leggi milleproroghe... Un delirio legislativo al quale nessuno è riuscito a sottrarsi. Ci aveva provato Giulio Tremonti, trasformando la legge finanziaria in «legge di Stabilità». Doveva essere una semplice tabellina di numeri sul modello della legge britannica: prendere o lasciare.

Aveva faticato non poco, il superministro delle stagioni berlusconiane. Di «legge di stabilità» ne aveva parlato per primo Giuliano Amato, in quel terribile 1992. Poi Tremonti aveva rilanciato il concetto nel 2002, riuscendo però a imporla solo nel 2009. Ma a poco a poco il Parlamento e le lobby se la sono mangiata, cosicché di «stabilità» rimane solo il titolo. Siamo dunque tornati alla vecchia finanziaria, l'ultimo treno che passa e sicuramente arriva in stazione: perciò i vagoni devono essere capienti e ospitali.

Esattamente come quelli degli altri provvedimenti che necessariamente vanno approvati, tipo il decreto salva Roma o la legge milleproroghe, ormai un classico dell'orrore cui già si sta pensando di rifilare le cose non partite con i convogli precedenti.

La frenesia è tale che i vagoni vanno pericolosamente a sbattere gli uni contro gli altri, manovrati da interessi contrapposti. E la confusione, niente affatto casuale, è tale da permettere ogni colpo basso.

Dice tutto il caso degli affitti d'oro. Nella «manovrina» approvata dal Senato il 13 dicembre spunta una norma grillina che dà allo Stato diritto di recesso con soli trenta giorni di preavviso dai contratti d'affitto stipulati con privati. Se un locale non serve più, la pubblica amministrazione lo può lasciare senza essere costretta a pagare l'affitto fino alla scadenza del contratto. Il minimo sindacale, insomma. L'obiettivo?

I lucrosi contratti della Milano 90 srl di Sergio Scarpellini con la Camera per gli uffici dei deputati. Ma il 19 dicembre, sempre al Senato, ecco un emendamento del Pd, catapultato in un altro decreto, che la cancella.

La cosa finisce sui giornali e scoppia un putiferio: il 21 dicembre la norma viene ripristinata alla Camera in un terzo decreto ancora, quel salva Roma di cui parlavamo. Senza però sapere che nel frattempo si era già provveduto, prima della guerra degli emendamenti, ad aprire un paracadute nella legge di Stabilità. In che modo?

Escludendo dal diritto di recesso non solo i palazzi dei ricchi fondi immobiliari, ma anche quelli di proprietà di chi ha investito negli stessi fondi. Si mormora che l'inciso possa rappresentare un assist a Scarpellini. Sarà vero? Viene in mente la celebre battuta di Giulio Andreotti: «A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca...»

 

LETTA E SACCOMANNI images LETTA, ALFANO, SACCOMANNIignazio marino con i peperoncini all opera di roma per la prima di ernani diretto da riccardo muti Ignazio Marino e Anna Falchi debito pubblico NewsExtra DEBITO PUBBLICO

Ultimi Dagoreport

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”

romana liuzzo

DAGOREPORT! UN MOTO DI COMPRENSIONE PER I TELESPETTATORI DI CANALE5 CHE HANNO AVUTO LA SFORTUNA DI INTERCETTARE LA MESSA IN ONDA DELLO SPOT AUTO-CELEBRATIVO (EUFEMISMO) DEL PREMIO “GUIDO CARLI” - CONFUSI, SPIAZZATI, INCREDULI SI SARANNO CHIESTI: MA CHE CAZZO È ‘STA ROBA? - AGGHINDATA CON UN PEPLO IN STILE “VESTALE, OGNI SCHERZO VALE”, PIAZZATA IN UN REGNO BOTANICO DI CARTONE PRESSATO, IL “COMMENDATORE”  ROMANA LIUZZO REGALA 20 SECONDI DI SURREAL-KITSCH MAI VISTO DALL'OCCHIO UMANO: “LA FONDAZIONE GUIDO CARLI VI SARÀ SEMPRE ACCANTO PER COSTRUIRE INSIEME UN MONDO MIGLIORE”. MA CHI È, LA CARITAS? EMERGENCY? L'ESERCITO DELLA SALVEZZA? - VIDEO!

friedrich merz - elezioni in germania- foto lapresse -

DAGOREPORT – LA BOCCIATURA AL PRIMO VOTO DI FIDUCIA PER FRIEDRICH MERZ È UN SEGNALE CHE ARRIVA DAI SUOI "COLLEGHI" DI PARTITO: I 18 VOTI CHE SONO MANCATI ERANO DI UN GRUPPETTO DI PARLAMENTARI DELLA CDU. HANNO VOLUTO MANDARE UN “MESSAGGIO” AL CANCELLIERE DECISIONISTA, CHE HA STILATO UNA LISTA DI MINISTRI SENZA CONCORDARLA CON NESSUNO. ERA UN MODO PER RIDIMENSIONARE L’AMBIZIOSO LEADER. COME A DIRE: SENZA DI NOI NON VAI DA NESSUNA PARTE – DOMANI MERZ VOLA A PARIGI PER RIDARE SLANCIO ALL’ALLEANZA CON MACRON – IL POSSIBILE ANNUNCIO DI TRUMP SULLA CRISI RUSSO-UCRAINA

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…