ERDOGAN CONTRO TWITTER! - PER TENERE BUONI GLI INTEGRALISTI ISLAMICI VA A PUTTANE IL “MODELLO TURCO” DI LAICITÀ E DEMOCRAZIA

1-TURCHIA, PIAZZE ANCORA IN RIVOLTA: 1.700 ARRESTI - ERDOGAN: «TWITTER PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA»
Repubblica.it

Terzo giorno di proteste in Turchia: ad Istanbul i manifestanti si sono riversati ancora in Piazza Taksim, ma per ora la situazione è sotto controllo, mentre nella capitale Ankara, ci sono stati diversi scontri. E il ministro dell'Interno Muammer Guler ha comunicato che sono stati effettuati 1.700 arresti tra i dimostranti, anche se molti di loro sono già stati rilasciati.

ERDOGAN CONTRO TWITTER - E il premier Recep Tayyip Erdogan ha attaccato i social media, Facebook e Twitter, da cui sono state convocati con un tam-tam incessante i cortei di questi giorni. Il primo ministro ha definito le reti sociali «una minaccia per la società- Oggi abbiamo una minaccia che si chiama twitter» ha affermato in una intervista tv.

I manifestanti anti-Erdogan accusano le tv turche di minimizzare la rivolta, sotto pressione del governo. E il premier in precedenza, a chi lo accusava di essere autoritario, aveva detto: «Se chiamano chi ha servito il popolo dittatore, non hanno capito niente» e «la dittatura non scorre nelle mie vene e non è nel mio carattere. Sono il servo del popolo».

CINQUE PERSONE IN PERICOLO DI VITA- Secondo Amnesty International ci sono cinque persone in pericolo di vita, mentre non è confermata la notizia che sabato ci sarebbero stati «almeno due morti» negli scontri a Istanbul fra polizia e manifestanti anti-governativi, dove si sono registrati «almeno mille feriti». La repressione della manifestazione è stata molto violenta. Il bilancio ufficiale degli scontri,sempre secondo Guler, è invece di 79 feriti, 53 civili e 26 agenti.

IL PRESIDIO - Dunque per il terzo giorno centinaia di persone si sono riservate ancora in piazza Taksim, anche se la situazione è per ora sotto controllo. Il centralissimo snodo è stato il luogo della prima manifestazione di venerdì che ha poi contagiato il resto del Paese dopo che la polizia è intervenuta con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro il sit-in pacifico.

L'agenzia stampa Dogan ha riportayo che nella notte i dimostranti nella piazza di Istanbul, di cui contestano il progetto di abbattere centinaia di alberi per far posto a caserme e a un centro commerciale, hanno acceso fuochi e scandito slogan antigovernativi. Il numero dei presenti si è ridotto quando ha iniziato a piovere.

LA RIVOLTA DELLA BIRRA - Diversal'atmosfera nella capitale Ankara, dove la polizia ha caricato più volte i manifestanti. Nella notte il «popolo laico» della capitale turca Ankara si era riversato nelle strade della città per contestare il governo del premier islamico, Recep Tayyip Erdogan. Lungo la centrale arteria commerciale di Tunali una folla variopinta, molti con la bandiera turca rossa con la mezza luna bianca o con stendardi rossi con le sigle del fondatore della Turchia moderna, Moustafah Kemal Ataturk, sulle spalle, ha sfilato cantando «Tayyp vattene».

Moltissimi con in mano bottiglie di birra, simbolo della resistenza contro il partito islamico Akp del capo del governo, che la settimana scorsa ha imposto un duro giro di vite sul consumo di bevande alcoliche. Su un marciapiede di Tunali i manifestanti hanno depositato una dietro l'altra una cinquantina di bottiglie, alcune decorate con lumicini accesi. Lungo la via c'erano anche diverse coppie che, sempre per contestare le autorità islamiche, si baciavano sulla bocca.

La settimana scorsa la polizia di Ankara aveva tentato di impedire una «protesta del bacio» in una stazione del centro della capitale, convocata dopo che le autorità locali avevano invitato i passeggeri della metropolitana ad un «comportamento morale». Le telecamere a circuito chiuso avevano infatti ripreso alcuni giovani che si erano baciati sulla bocca.

OPPOSIZIONE - Il capo dell'opposizione, il socialdemocratico Kemal Kilicdaroglu, ha chiesto ad Erdogan di «scusarsi» con il popolo turco per la brutale repressione delle manifestazioni antigovernative. «Erdogan deve scusarsi con il popolo turco. Attendo che lo faccia, ma non so se ne sarà capace. Uno non può governare contro il popolo, che è la più grande forza del paese», ha affermato Kilicdaroglu, citato da Hurriyet online. Il leader dell'opposizione si è anche detto d'accordo con i manifestanti, che accusano i media turchi, sotto pressione del governo, di minimizzare la protesta. «Non è colpa dei giornalisti - ha detto - ma dei proprietari dei media».

2. LA PRIMAVERA ARABA ORA INDOSSA IL VELO
Francesca Paci per La Stampa


Il mondo arabo guarda ad Ankara, si diceva nel 2011 leggendo nelle rivolte popolari contro i regimi egiziano, tunisino, libico, yemenita, siriano, l'aspirazione a un modello autoctono di democrazia capace di conciliare Maometto e Montesquieu. Ma dove guarda davvero Ankara?

A distanza di due anni la domanda rimbalza da una sponda all'altra del Mediterraneo in un gioco di specchi, con piazza Taksim che accusa il premier Erdogan di usare la crescita economica per imporre le sue ambizioni autoritarie (e religiosamente conservatrici) e la pioniera Tahrir che spera di neutralizzare l'islamizzazione dei costumi avviata dai Fratelli Musulmani con la necessaria apertura dell'Egitto al mercato globale.

Il fine è politico. Ma in Turchia come nel mondo arabo i simboli contano, e allungare la gonna delle hostess in volo con i colori nazionali riconduce da un lato i sogni volteriani dei liberal alla realtà della società musulmana ammansendo dall'altro le moschee più estremiste con l'estetica della devozione.

Così, in attesa che sbocci la democrazia, i primi frutti della primavera araba sono donne velate in tv e negli atenei, poliziotti barbuti, negozi di alcolici costretti a togliere le bottiglie dalle vetrine, locali notturni assaltati da moralizzatori armati (dieci giorni fa un gruppo islamista ha attaccato un bordello di Baghdad uccidendo 12 persone). Perfino l'«occidentale» Rania di Giordania ha fiutato l'aria e oltre a essere passata dall'inglese all'arabo nei suoi tweet indossa sempre più spesso lunghe tuniche tradizionali corredate di foulard sul capo.

Eppure chi resta ottimista sull'esito finale delle primavere arabe vi trova qualcosa in comune con il binomio rivoluzione e trasgressione dei nostri anni '60. Il mondo arabo si sta abbuffando di quella fede esteriore vietata per decenni dai regimi. Anche nella Turchia laicizzata da Ataturk, Erdogan spaccia per emancipazione la riscoperta della religione. Certo, le minoranze cristiane hanno parecchio e legittimamente da obiettare circa la concezione islamica di libertà come negazione di quella altrui.

Un concetto espresso perfettamente dallo scrittore saudita Mohamed alDawood che rivendicando il diritto di protestare contro la «piaga» delle donne lavoratrici ha invitato via Twitter i connazionali a «molestare sessualmente le cassiere dei supermercati» per dissuaderle. Loro però, signore e signorine di Riad, sanno usare i simboli e di una debolezza fanno una forza: fazzoletto in testa, gonna sotto il ginocchio e via, all'università, in ufficio, al volante.

3-«TROPPI DIVIETI NEGLI STILI DI VITA LA GENTE NON NE PUÒ PIÙ»
La Stampa

Una protesta che dilaga e sfugge di mano; Erdogan che ha sbagliato a calcolarne le conseguenze, peccando di eccessiva sicurezza. Ekrem Guzeldere, analista politico esperto di Turchia dell'European Stability Iniziative, un think-tank che si occupa di Europa sudorientale, spiega i motivi della rivolta e quali conseguenze la rabbia dei giovani in piazza Taksim potrebbe avere sul futuro del Paese».

Ekrem Guzeldere, migliaia di persona in piazza contro il governo in pochi giorni. Come se lo spiega?
«Ci sono più fattori che hanno portato a questa rivolta. Sicuramente una è la legge sulla restrizione di vendita di alcol, che è stata approvata la settimana scorsa e che è stata percepita come una limitazione allo stile di vita.

Ve ne sono altre?
"Ce ne è una seconda: ovvero alcune grandi opere promosse dal premier, come il terzo aeroporto o il terzo ponte sul Bosforo. Entrambe mettono a rischio l'ambiente ed entrambe sono state viste più come progetti faraonici, deleteri per l'ambiente e la speculazione edilizia che altro».

Perché la gente è in piazza?
«La gente è chiaramente in piazza contro un modo di governare il Paese, non solo per l'ambiente. Abbiamo un premier che ha preso il 50% dei consensi e che per questo ormai si sente onnipotente, può contare sui media e su un sistema economico pronto a sostenerlo».

Come mai il premier Erdogan non ha fatto nulla per evitare che la situazione degenerasse?
«Perché ormai ha acquisito una sicurezza eccessiva, che rischia seriamente di diventare un problema per lui. Si vede da come sta governando. Ormai va avanti da solo, non fa nemmeno più il gesto di ascoltare le opposizioni. Una volta non era così».

Come vede la Turchia, adesso?
«Mi pare che questo terzo governo Erdogan, che avrebbe dovuto rappresentare il nuovo corso per la politica nazionale, sia nelle sue manifestazioni molto vicino come impostazione a quelli della vecchia Turchia che lo hanno preceduto. La differenza è che una volta c'erano alcuni tabù, come la questione curda, ora ne sono subentrati altri, che riguardano soprattutto gli stili di vita».

 

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