O TEMPORA, O MORI! - FERRARA FA IL CONTROPELO AI “PATACCARI” DI TRAVAGLIO (SANTORO, LERNER, DI PIETRO, ISABELLA FERRARI, ETC.) INCANTATI DALLE CIANCE DI CIANCIMINO

Tommaso Montesano per "Libero"

Cinquantasette. Tanti sono i nomi che Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, ha inserito nella sua personale lista di proscrizione per aver «tradito l'opinione pubblica e il diritto» sul processo a Mario Mori, architrave su cui prima della sentenza di assoluzione del generale dei Carabinieri si reggeva l'intero procedimento sulla presunta trattativa tra Stato e mafia.

Magistrati come Antonio Ingroia, giornalisti come Marco Travaglio, «televisionisti» come Michele Santoro e Gad Lerner. Naturalmente politici come Leoluca Orlando e Antonio Di Pietro, perfino attrici (Isabella Ferrari), cantanti (Fiorella Mannoia) e sindacalisti (Maurizio Landini). «Ma basta avere la pazienza di mettersi a cercare che saltano fuori tantissimi altri nomi», dice Ferrara. Che infatti sul Foglio ha messo le mani avanti: l'elenco di chi ha «alimentato l'industria politica della disinformazione e della turlupinatura dell'opinione pubblica» è incompleto.

Potrebbe essere allargato agli animatori del movimento delle "Agende rosse"?
«Com'era la storia? Alla fine hanno scoperto che nel video tanto strombazzato da Repubblica non c'era l'agenda rossa di Paolo Borsellino, ma un parasole per automobili. Nell'interno procedimento è pieno di queste robe qui. Ma l'elemento scandaloso è che non se ne prenda atto».

Come ci si sente il giorno dopo la vittoria su quelli che lei ha definito i «pataccari»?
«Sono scandalizzato. Anzi, sono esterrefatto».

Da cosa?
«Dalla facilità con la quale gli stessi personaggi e i giornali che per anni hanno sostenuto questa specie di "romanzo criminale di Stato", più grave ancora di quello sulla strage di piazza Fontana del 1969, di fronte al fatto che ora quel romanzo si è sgonfiato per una sentenza killer che uccide il processo sulla "trattativa", registrano la cosa come se fosse un fatto periferico: titoletto in prima pagina e notizia in cronaca».

Deluso dal silenzio dei proscritti?
«La loro scrollata di spalle depone a favore dell'idea che questo sia effettivamente il Paese della grande menzogna. In nessun Paese del mondo quello che è accaduto in Italia potrebbe succedere. Kazakistan compreso. È vergognoso e scandaloso che si possano raccontare simili balle tradendo la credulità dell'opinione pubblica».

Riavvolgiamo il nastro: cosa è accaduto?
«Sulla base del romanzo sullo Stato che avrebbe contratto un patto scellerato con la mafia per difendersi dopo la strage di Capaci, è stata costruita una lunga indagine, è stata costruita una candidatura alle elezioni, quella di Antonio Ingroia, è stato condotto un attacco furibondo al Quirinale e messi in discussione ufficiali dei Carabinieri che hanno arrestato Totò Riina e uomini politici come Giovanni Conso e Nicola Mancino. Tutto questo con la sentenza Mori crolla».

Ma resta il processo principale, quello a carico dei protagonisti della presunta trattativa.

«Quel procedimento non ha più alcun senso. Perché dal punto di vista fattuale è quasi tutto nato nel processo Mori. Alla base di questa truffa in atto pubblico messa in piedi dai pm di Palermo e dai giornalisti loro reggicoda e dal partito della destabilizzazione politica e civile dell'Italia che mirava fino al Quirinale, c'è Massimo Ciancimino.

È lui, elevato a icona dell'antimafia, il teste fondamentale. Ma nel processo Mori il generale ha dimostrato che alcune delle carte che Ciancimino adduceva a prova, amplificate dal Michele Santoro di turno come la verità rivelata, erano in realtà falsificate. E Ciancimino è stato arrestato e processato per calunnia. Incredibile».

Cosa avrebbero dovuto fare i proscritti?
«Ad esempio doveva esserci quantomeno un grande articolo di Eugenio Scalfari che, sentenza alla mano, invitava alla riflessione la sinistra e i cultori dello Stato di diritto. Invece non c'è stato».

Si farà sentire Marco Travaglio.
«Magari per ora è sbalordito. Lo conosco: lui è un furbo. Aspetta i commenti e farà il controcanto ai commenti. Ma il fatto in sé non è in grado di commentarlo, è evidente. Ha riparato in Kazakistan».

Gioco, partita, incontro?
«Una volta feci a Travaglio una domanda provocatoria con la quale lo ammutolii».

Che domanda?
«Questa: se lo Stato dopo la strage di Capaci ha praticamente sconfitto Cosa Nostra catturando tutti i più grandi latitanti tranne uno, Matteo Messina Denaro, infliggendo colpi decisivi alle cosche, come puoi raccontare che è complice della mafia?».

 

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