EURO CRAC - IL PRESIDENTE DELL'EUROGRUPPO JEAN-CLAUDE JUNCKER: “NEL CASO IN CUI LA GRECIA NON RISPETTASSE NESSUN ACCORDO L'USCITA DALL'EURO È TECNICAMENTE POSSIBILE. MA SONO CERTO CHE ADEMPIRÀ I SUOI OBBLIGHI. I MERCATI SONO INGIUSTI CON ITALIA E SPAGNA” - SE L'OLANDA SI RIBELLA AL RIGORE DI BERLINO: FRONDA ANTI-MERKEL GUIDATA DALLA SINISTRA RADICALE, IN TESTA NEI SONDAGGI IL MINISTRO DELLE FINANZE DE JAGER DIFENDE IL PATTO UE…

1- JUNCKER: «USCITA GRECIA DALL'EURO TECNICAMENTE POSSIBILE»
Corriere.it

«GREXIT» - Alla vigilia di nuovi colloqui ad Atene con le autorità greche, previsti per mercoledì, il presidente dell'Eurogruppo ha comunque rassicurato: «La Grecia non lascerà la zona euro». Il presidente dell'Eurogruppo non ha però escluso una «Grexit» nel caso in cui «la Grecia violasse tutte le regole e non rispettasse nessun accordo». «Ma siccome credo - ha continuato Juncker - che la Grecia intensificherà gli sforzi per adempiere i suoi obblighi, non ci sono ragioni per credere che sia possibile lo scenario di una sua uscita».

INCONTRO CON SAMARAS - Juncker incontrerà mercoledì ad Atene il premier greco Antonis Samaras, che poi a sua volta andrà venerdì a Berlino per incontrare Angela Merkel e l'indomani a Parigi da Francois Hollande. Il cancelliere tedesco e il presidente francese avranno un colloquio giovedì a Berlino.

NO A NUOVI AIUTI - E proprio da Berlino tuona il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble: «Non è pensabile mettere a punto un nuovo programma per la Grecia. Ci sono dei limiti agli aiuti».

SPAGNA E ITALIA - Sempre nell'intervista al quotidiano austriaco, Juncker ha difeso Spagna e Italia. «Hanno avviato misure significative di consolidamento - prosegue il premier lussemburghese - ma vengono trattati dai mercati come se non lo avessero fatto». Juncker ricorda che «i tassi di interesse al di sopra del 7% sono molto elevati. Nella situazione attuale non sono giusti. Il consolidamento, inoltre, richiede riforme strutturali orientate verso la crescita».

2- SE L'OLANDA SI RIBELLA AL RIGORE DI BERLINO
Eliana Di Caro per il Sole 24 Ore

Dopo la caduta del Governo, in aprile, sul mancato accordo per le misure di riduzione del deficit, colpo di scena estivo all'Aja: l'ascesa nei sondaggi del partito socialista, una sorta di vendoliano Sel all'olandese, schierato contro la linea intransigente del rigore, fino a chiedere un referendum sul Fiscal compact.

Non ci sarebbe da stupirsi in un Paese abituato ai capovolgimenti di fronte. Se non fosse che, questa volta, le dichiarazioni del leader socialista Emile Roemer («Dovremmo pagare una multa ridicola se il deficit superasse il 3%? Devono passare sul mio cadavere»), non solo stridono con la tradizionale politica di bilancio dell'Olanda, ma hanno anche un impatto oltreconfine. Creando un certo imbarazzo con l'alleato di ferro, l'irreprensibile - sul piano dell'austerity - Germania.

D'altro canto il partito guidato da Roemer, ex maestro elementare, è forte dei 37 seggi che gli accreditano gli ultimi sondaggi, oltre il doppio dei 15 conquistati nel 2010. Si andrà alle urne il 12 settembre, ma se si votasse oggi ci sarebbe un clamoroso testa a testa con il partito liberale del premier uscente Mark Rutte. Roemer potrebbe essere il prossimo primo ministro: sarebbe la prima volta nella storia della sinistra radicale.

La spiegazione c'è, va cercata nei numeri certo non disastrosi ma comunque negativi per gli standard cui è abituata la quinta economia dell'Eurozona, tra le poche ad aver conservato l'ormai agognata tipla A. Nonostante il lievissimo e inaspettato miglioramento della crescita (+0,2%) nel secondo trimestre di quest'anno rispetto ai primi tre mesi, la Commissione europea prevede un Pil in calo dello 0,9% per il 2012 e un modesto +0,7% per il 2013. La disoccupazione ha toccato il 6,5% a luglio. Ma soprattutto, gli olandesi sono fortemente indebitati a causa dei mutui immobiliari, con i prezzi delle case ormai in caduta libera.

Tutto questo incide fortemente su un'opinione pubblica sfiduciata, che mal digerisce il pacchetto di tagli approvato dal Governo ad interim per portare al 3% entro il 2013 il deficit stimato al 4,2 per cento. Peraltro, essendo l'Olanda uno dei Paesi più ricchi dell'Eurozona, è anche uno di quelli che maggiormente contribuisce al fondo salva-Stati (versa 40 miliardi all'Esm).

In questo contesto, la voce di Roemer ha trovato ascolto e consenso, benché sia rimasta isolata. Gli esponenti di tutti gli altri partiti, anche della sinistra moderata, l'hanno apertamente contrastata. Il leader dei laburisti, Diederick Samsom, ha definito «imprudenti» le affermazioni del suo possibile alleato di governo: «Non è saggio minacciare di porre veti».

Rassicurazioni a Berlino e a tutta l'Eurozona sono arrivate dal ministro delle Finanze uscente, il democristiano Jan Kees de Jager, che ha ribadito l'impegno dell'Olanda a ratificare il Fiscal compact: «Noi per primi abbiamo voluto queste regole. Ne abbiamo bisogno per prevenire crisi del debito come quelle che abbiamo visto negli anni passati». E poi, per fugare qualsiasi ulteriore dubbio: «Non abbiamo mai speculato su un'uscita dall'Eurozona o sul crollo dell'euro. Per noi Eurolandia e il mercato unico sono molto importanti».

 

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