EUROPA DA ODIARE - LA NOSTRA ECONOMIA VA MEGLIO DI FRANCIA E SPAGNA MA L’ITALIA RESTA LA PECORA DA SACRIFICARE

Franco Bechis per "Libero"

La Francia è fuori dai parametri deficit/Pil di quasi un punto percentuale, e ha ottenuto una moratoria di due anni per rimettere i conti in ordine. La Spagna è fuori di 3,5 punti percentuali e avrà tempo fino al 2016 (...) per tornare in equilibrio. L'Olanda è fuori di 0,6 punti e le è stato concesso un anno in più per tornare sotto il 3%.

In Gran Bretagna il rapporto deficit/Pil è al 6%, e in Belgio a fine 2012 è stato del 3,9%, quasi un punto sopra i limiti consentiti per colpa del salvataggio di Dexia. Dalla Ue non è arrivato nemmeno uno scappellotto: sarà che la comunità è ospite di Bruxelles e non è carino fare scenate al padrone di casa, ma nulla fin qui è accaduto. L'Italia - secondo le previsioni di primavera fatte dalla stessa Ue - chiuderà il 2013 con un rapporto deficit/Pil al 2,9%, che scenderà nel 2014, anche senza fare nulla, al 2,5%.

Il Paese che Enrico Letta si è trovato a guidare è dunque già nei parametri richiesti sul rapporto deficit/ Pil, e avrebbe perfino un po' di margine sia quest'anno (1,4 miliardi di euro) che per l'anno prossimo (7 miliardi di euro) per spendere senza sfondare gli obiettivi massimi, facendo meglio di gran parte dei Paesi dell'Eurozona. Eppure mentre quasi tutti sono riusciti a prendere tempo e a fare fiatare le proprie popolazioni all'apice della crisi, l'Italia e il suo governo continuano ad essere osservati speciali, impiccati a una ingiustificata e ingiustificabile procedura per deficit eccessivo.

I fondamentali dicono che il deficit eccessivo non esiste, e quindi perché mai dovremmo sospirare in attesa del verdetto europeo del prossimo 29 maggio? Eppure lì siamo fermi da mesi. Mario Monti aveva assicurato che la procedura europea si sarebbe conclusa a fine aprile con l'assoluzione. Così non è stato.

Il nuovo ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, si è detto certo del verdetto positivo per il prossimo 29 maggio, sostenendo che da lì in poi si potranno allentare i vincoli del patto di stabilità interno liberando 12 miliardi di euro per progetti di co-finanziamento dei vari fondi europei. Però non ha spiegato una virgola su quei 12 miliardi di euro: dove si trovano, come si liberano, a quali progetti possono essere indirizzati, per fare che cosa e in che tempi.

Altrimenti si parla di aria fritta: tutti gli indicatori dicono che l'Italia non riesce a spendere nemmeno la metà dei fondi europei già a disposizione, e metterne 12 miliardi in più in quel calderone farà pure titolo,ma rischia di non cambiare una virgola nella vita delle famiglie. Sempre che questo sia vero. Perché ieri davanti al Senato quella cifra non è neanche stata ipotizzata da Letta. Che ha usato altri argomenti per fare capire l'importanza secondo lui decisiva della assoluzione dell'Italia dalla procedura di infrazione.

«Uscire dalla procedura consentirà all'Italia di beneficiare di tassi di interesse più bassi sui titoli di Stato», ha sostenuto il premier, «e, quindi, di disporre di più risorse per rimettere in moto davvero l'economia e la società italiana; questo aiuterà le piccole e medie imprese ad accedere ad un mercato del credito oggi troppo spesso asfittico.

In secondo luogo, essere tra i Paesi virtuosi ci permetterà di avvantaggiarci della nuova interpretazione delle regole del Patto di stabilità e di crescita, che concede margini di azione maggiori per alimentare gli investimenti pubblici produttivi e sul capitale umano quando sono collegati a riforme strutturali o a misure che aumentano la crescita potenziale».

La citazione è lunga, ma in ogni suo passaggio è densa di errori. Primo: l'uscita dalla procedura di deficit eccessivo quasi sicuramente non avrà alcun effetto sullo spread dei titoli italiani. Questo non è mai dipeso dalle regole burocratiche della Unione europea: tanto è che l'apertura della procedura nel 2009 non fece nemmeno un baffo ai titoli pubblici italiani per quasi due anni.

Quel che conta sono i numeri veri, o la debolezza politica di un Paese, ed entrambe le cose sono indipendenti dalla decisione del prossimo 29 maggio. Se le piccole e medie imprese italiane per riprendersi dovessero attendere i dividendi dello spread dal primo giugno in poi, come ha detto Letta, possono tranquillamente attaccarsi al tram perché non vedranno un euro.

Secondo: perché la procedura cada, l'Italia deve legare l'assoluzione a testi di riforma del mercato del lavoro e delle liberalizzazioni che devono essere portate a Bruxelles prima del 29. Chi le ha scritte quelle riforme? Chi le ha viste? Quale merce avariata si venderà al commissario per gli affari economici Olli Rehn? Non solo: L'Italia deve dimostrare alla Ue (l'ha detto proprio Rehn il 3 maggio scorso) l'intenzione di proseguire con l'austerità almeno fino al 2015 «per il suo debito pubblico elevato, visto che invece di ridursi è salito al 131% del Pil».

Ecco, dopo una frase così il premier italiano invece di presentarsi lì con il capo cosparso di cenere, dovrebbe rovesciare il tavolo e fare finire gambe all'aria Rehn e compagnia bella. Perché Monti ne ha sbagliate davvero tante in un anno di governo, manonsi può certo accusarlo di essere andato in giro a fare debiti a destra e manca. Il debito pubblico italiano è cresciuto grazie a 65 miliardi di euro che l'Italia ha pagato per aiutarecome terzo paese contribuente il salvataggio di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro. Invece di essere commossi per la generosità, quell'aiuto diventa un capo di accusa contro Roma.

Quindi solo noi dovremmo avere la schiena china per ridurre il deficit che è già a posto, mentre gli altri spendono e scialano con i nostri prestiti, e in più ci tocca correre per ridurre di 45 miliardi di euro all'anno fin dal 2014 il debito pubblico.

Un suicidio a cui un governo nazionale che si possa chiamare tale non può collaborare. Invece di rinviare i problemi di 90 giorni in 90 giorni (senza fare niente, così siamo tutti a discutere di cose inutili come le incandidabilità di questo o quello che minano pure la stabilità dell'esecutivo), Letta &Co. dovrebbero fregarsene del 29 maggio: l'Italia si è svenata per salvare gli altri, e ora salva se stessa. Anche sfondando per il prossimo biennio il rapporto deficit/Pil. È la sola strada ragionevole per potere fare qualcosa.

 

ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE ENRICO LETTA E ANGELA MERKELenrico letta e francois hollande Olli Rehn Italia CracITALIA CRAC BUCO

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