SCISSIONISTI GIA’ FUORI LA PORTA - FALLITA OGNI MEDIAZIONE, SILVIO VORREBBE ANDARSENE AD ANTIGUA

Francesco Verderami per "Il Corriere della Sera"

Avessi il passaporto me ne andrei ad Antigua», ma non è per sfuggire alla condanna giudiziaria che ieri Berlusconi diceva di voler cambiare aria, bensì per evitare la tortura politica di queste ultime ore, la vera pena aggiuntiva alla quale si è sottoposto per sua responsabilità, per quell'errore del 2 ottobre, che per i lealisti risiede nell'«improvvida retromarcia sulla fiducia al Senato» e per gli innovatori sta nel «maldestro tentativo di buttar giù il governo». Comunque la si interpreti, è quella la colpa del Cavaliere, che con la sua mossa ha provocato il successivo pandemonio nel partito, senza poi essere in grado di gestirlo.

Pur di riprendersi ciò che era suo, sta già scontando un anticipo dei servizi sociali, tra le cene con i falchetti della Santanchè, i pranzi con Fitto, le nottate con Alfano, e quella montagna di comunicati degli uni contro gli altri che sta soffocando nella culla Forza Italia prima del battesimo. Perché l'attesa del Consiglio nazionale non è certo di letizia, ma sa di truculento tramestio, a un passo da una scissione che appare sempre più vicina eppure non ancora certa, siccome «il capo sono io» ripeteva per darsi vigore ieri sera Berlusconi, intenzionato ad evitare - non si sa come - quella rottura che lo presenterebbe indebolito al drammatico appuntamento con la decadenza.

Ed è vero che «il divorzio non conviene a nessuno», su questo aveva convenuto con Alfano l'altra notte, ma l'intesa verbale raggiunta con il vicepremier era fragile ben prima che venisse presentata a Fitto e a quell'area del partito già pronta a contrastare il patto con la forza dei numeri e di un altro documento, in cui non si concedeva nulla agli innovatori: né la riconvocazione dell'Ufficio di presidenza del Pdl, né i due coordinatori «a garanzia» delle due correnti, né tantomeno la prosecuzione dell'appoggio al governo che gli alfaniani definivano «di legislatura» e non «di scopo».

Angelino lo sapeva, e infatti si era congedato da Berlusconi con lo stato d'animo di chi aveva già vissuto questa scena e ne conosceva il finale: «Non glielo consentiranno. I falchi non glielo consentiranno, presidente».

Eppure per tutta la giornata si è protratto il rito della trattativa, e nessun luogo è stato risparmiato alla bisogna, nemmeno il Quirinale, se è vero che nel Salone delle feste - in attesa dell'ingresso del Papa e del capo dello Stato - i dirigenti del Pdl si scambiavano di posto per parlarsi, prima di appartarsi con il cellulare stampato all'orecchio e poi riprendere a discutere animatamente.

Finché lo staff del cerimoniale non è intervenuto per invitare gli ospiti indisciplinati a rimettersi ognuno al proprio posto. Forse lì è stato partorito il documento dei mediatori che ha fatto il giro delle sette chiese del Pdl, portato in processione da Gasparri e da Romani, corretto e cancellato non si sa quante volte, fino allo sfinimento.

Il fatto è che, mentre si tentava la mediazione, Berlusconi provava l'atto di forza con gli innovatori, un po' per verificare se i numeri di Alfano fossero veri, un po' (anzi soprattutto) per azzerarli. Così si metteva all'opera con i senatori renitenti, usando al telefono quella voce e quei ragionamenti che per due decenni gli hanno consentito di ottenere (quasi) tutto, ammaliando e promettendo un futuro roseo, un avanzamento di carriera. L'impresa però si è rivelata più difficile di quanto immaginasse, perché - giurando che lo facevano «per il suo bene, presidente» - gli hanno risposto che «no, per noi il governo deve andare avanti».

I numeri a Palazzo Madama garantiscono la sopravvivenza delle larghe intese, i numeri a Forza Italia sanciscono invece la prevalenza dei lealisti, e Fitto ha buon gioco a rivendicarlo, per ribadire che «una maggioranza non può assoggettarsi ai voleri di una minoranza», e a mettere di fatto Berlusconi dinnanzi a una scelta: o noi o loro. Ecco, è proprio la posizione assunta infine dal Cavaliere, quella di arbitro cioè tra due contendenti, a lasciare ancora aperto uno spiraglio, a tenere tutti con il fiato sospeso, a far ipotizzare un colpo di scena prima della fine.

Se non arriverà entro mezzogiorno di oggi, sarà impossibile disinnescare il timer della rottura, e il Cavaliere - ormai circondato dalla sua stessa maggioranza - dovrà decidere l'entità dello strappo: una separazione giudiziale, con tanto di guerra dichiarata ai «traditori», o una separazione consensuale con «quegli amici» che saranno compagni di strada del futuro centrodestra. In fondo questo voleva dire Alfano quando - parlando del battesimo di Forza Italia - ha spiegato che «o sarà la festa di tutti o eviteremo di rovinare la festa al nostro presidente». In verità la festa è già finita. E se sarà scissione avranno perso tutti.

 

Silvio berlu silvio berlu occhiali DANIELA SANTANCHE SILVIO BERLUSCONI MELANIA RIZZOLI E MICHELA BIANCOFIORE gasp79 santanche bacio berlusconiBERLUSCONI E ALFANO AL QUIRINALE FOTO LAPRESSEalfano berlusconi adn x Raffaele Fitto BERLU pascale

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - MA "LA STAMPA"

DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI (POI SBARCHERA' FLAVIO CATTANEO?)

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?