FALLITA LA SFIDA A LETTA DEL CACADUBBI RENZI: ATTRAVERSO IL PD, CHE LO DETESTA, NON RIUSCIRA’ MAI AD ARRIVARE A PALAZZO CHIGI…

Federico Geremicca per "la Stampa"

Non c'è riuscito lui - ormai semplicemente Matteo - che pure è imbattibile quando si tratta di motivare la truppa e tirare su il morale almeno un po'; ma non c'è riuscito nemmeno l'altro - già semplicemente Enrico - che pure costituiva di per sè un evento di cui esser felici, essendo il primo premier pd a parlare in un'Assemblea nazionale del pd: cioè, a casa sua. Solo che sulla porta di quella casa campeggia da un paio mesi un fiocco nero che simboleggia più lutti: non aver vinto le elezioni, non aver eletto il Presidente della Repubblica che si voleva e - perfino - esser stati costretti a fare un governo gomito a gomito con Berlusconi, il giaguaro, il Grande Corruttore, il nemico degli ultimi vent'anni.

Clima depresso, dunque: e poichè la depressione può esser contagiosa, è in quest'aria di mestizia preoccupata che Matteo Renzi ha vissuto la sua "prima volta" da oratore di fronte alla platea dell'Assemblea nazionale pd, ed Enrico Letta ha celebrato il suo esordio da Presidente del Consiglio: in carica, e non semplicemente incaricato.

Già, Enrico e Matteo, entrambi toscani, entrambi sufficientemente giovani e tutti e due ex dc (o popolari, è lo stesso): sarebbero perfetti per una diarchia, non rara in politica (da Craxi-De Mita fino a Veltroni-Prodi...) se non fosse che amano fare lo stesso lavoro (il governo, più che il partito) e che a Palazzo Chigi uno ci vuole arrivare, mentre l'altro c'è già. E ci vuol restare. Con linguaggio marinaro, si potrebbe dire che Enrico e Matteo sono in rotta di collisione: e passando al gergo politico, non è che la sostanza cambi granchè.

Eppure Renzi ci ha provato a suonare la carica, con un intervento che almeno in tutta la prima parte non si è discostato dal suo "format" tradizionale. Balotelli ed El Shaarawy per dire del diritto di cittadinanza; il ritiro di Sir Alex Ferguson per segnalare che il mondo cambia; il wrestling per avvisare di stare attenti, chè la lotta Pd-Pdl - ora che si è al governo assieme - rischia di apparire una finzione.

Platea tiepida (soprattutto nelle prime file occupate dai dirigenti) e quindi il cambio di tono. Qualche sassolino da tirar via dalle scarpe («Abbiamo cominciato a perdere quando abbiamo respinto la gente ai seggi oppure chiesto i certificati medici... Io le primarie le avrei perse comunque: ma lì, forse, ci siamo giocati le secondarie...») ed eccolo piombare sul tema del giorno: il Pd ed il governo.

Se c'è qualcuno che dovrebbe esser sgomento per l'arrivo di Letta a Palazzo Chigi, questo qualcuno - naturalmente dovrebbe esser Renzi: ed è invece proprio lui a usare i toni più netti e decisi. «Non è il nostro governo, va bene: l'ha detto anche Letta. Ma al comando c'è uno di noi, e il bivio è semplice: o lo guidiamo o lo subiamo».

È evidente cosa vorrebbe che si facesse. Così come è chiaro il modo che ha di intendere il rapporto tra il gruppo dirigente e la cosiddetta base. Quel rapporto è andato definitivamente in crisi nei giorni della scelta del Presidente della Repubblica, con i parlamentari del Pd sommersi da mail, tweet e telefonate di protesta: «Ma noi abbiamo bisogno di leader, non di followers», che detto da uno che ha fatto della modernità la propria cifra, suona sempre bene ma è un po' una sorpresa.

Del resto sono tante le sorprese in questa giornata: la giornata in cui il "fascistoide" si trasforma nell'uomo della possibile rivincita, e vanno in scena armistizi - se non una vera e propria pace - che proprio non t'aspetti. Ecco, per esempio, Anna Finocchiaro. Qualche settimana fa: «Renzi? Un miserabile». Ieri, invece: «Renzi? Ormai quasi cinguettiamo - spiega sorridendo -. È venuto a cercarmi durante l'Assemblea, ci siamo parlati, è stato molto carino». Oppure la sorpresa di ricevere un apprezzamento davvero inaspettato: «Dopo il mio intervento è venuto a farmi i complimenti Alfredo Reichlin - racconta Renzi ad uno dei deputati a lui più vicini -. Mi ha fatto piacere, inutile fingere che non sia così...».

Ma nemmeno per Renzi son solo rose e fiori. Ecco, per capirsi, un po' di commenti dopo il suo intervento. Beppe Fioroni: «Platrea tiepida. Matteo sta cercando di capire se ha ancora una partita da giocare oppure no». Roberto Cuillo, storico portavoce di Fassino: «Ha parlato come il padrone del Pd. Bene. Ma ho l'impressione che Letta si trasformerà in un problema per lui».

Enzo Amendola, tra i "saggi" che hanno costruito la segreteria Epifani: «Discorso furbo ma buono. Io condivido del tutto la parte sul governo: o lo guidiamo o lo subiamo. Uno dei nostri dirigenti ci avrebbe messo 40 minuti per dirlo: Renzi 10 secondi. Anche questa è modernità». E Paola De Micheli, lettiana al vetriolo: «Un intervento pieno di "ma anche"... Ha tentato un discorso empatico, ma l'empatia non è scattata».

E questo, insomma, è un po' di quanto accaduto nel giorno di due attese prime volte. Letta e Renzi, naturalmente, avranno modo di incrociarsi ancora. Ieri tutto bene, senza una sbavatura: ma per il futuro sono in pochi a scommettere che andrà sempre e di nuovo così. Purtroppo o per fortuna del Pd...

 

 

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