CHE FARE? - IL PLENUM DEL CSM PRESIEDUTO DA BELLA NAPOLI DOVRA’ PRESTO ESAMINARE LA PROPOSTA DI PROMOZIONE DI FRANCESCO MESSINEO A PROCURATORE GENERALE DI PALERMO - E’ IL MAGISTRATO CHE SPALLEGGIA INTERCEPTOR INGROIA SULLE CHIACCHIERE “ILLEGALI” NAPOLITANO-MANCINO - ‘STA PROMOZIONE E’ L’UNICA FACCENDA CHE INTERESSA VERAMENTE CSM E ANM (SILENZIOSISSIMA, STRANO?)…

COINCIDENZE ALLA SICILIANA: IL CSM PRESIEDUTO DA NAPOLITANO ESAMINA LA PROMOZIONE PER MESSINEO...

Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

Un mese fa la commissione incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura fece la sua proposta: Francesco Messineo, attuale capo della Procura di Palermo, dev'essere nominato procuratore generale in quello stesso palazzo di giustizia. Un avanzamento di grado e di funzioni, per un magistrato che, a 66 anni d'età, si avvia a chiudere la sua carriera.

La decisione non fu presa all'unanimità bensì a maggioranza: tre voti per lui (i rappresentanti di Unità per la costituzione, la sua corrente, e di Magistratura indipendente, più il «laico» del Pdl Bartolomeo Romano) e due per Roberto Scarpinato, oggi procuratore generale a Caltanissetta, già sostenitore dell'accusa nel processo palermitano a Giulio Andreotti. Per Scarpinato votarono i due consiglieri di Area, il cartello che riunisce le correnti di sinistra delle toghe, mentre il «laico» del Pd Giostra si astenne.

Se venissero rispettati questi schieramenti, la nomina di Messineo da parte del plenum del Csm sarebbe scontata: con il sostegno di Unicost, Mi e «laici» di centrodestra arriverebbe a 14 voti, cioè la maggioranza assoluta. La pratica sarebbe dovuta arrivare all'esame dell'assemblea plenaria prima delle ferie, ma da un paio di giorni qualcosa è cambiato e l'esito non sembra più così scontato. L'iniziativa del capo dello Stato che si è rivolto alla Corte costituzionale accusando la Procura guidata da Messineo di aver invaso il suo campo e «menomato» le proprie prerogative potrebbe mettere in imbarazzo i consiglieri del Csm, di cui Napolitano è presidente.

Anche a non voler considerare Messineo il principale protagonista dell'indagine sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia al tempo delle stragi, così come della decisione di conservare le telefonate intercettate casualmente tra Napolitano e l'ex ministro Nicola Mancino, la responsabilità della scelta contestata dal presidente della Repubblica è sua.

E lui infatti ha replicato, l'altro ieri, alla clamorosa iniziativa del Quirinale, difendendo l'operato del suo ufficio. Potrà il Csm promuoverlo a un più importante incarico, come si apprestava a fare, dopo la dura censura contenuta nell'atto sottoscritto dal capo dello Stato? D'altra parte, se lo bocciasse otterrebbe il paradossale effetto di lasciarlo al vertice della Procura nonostante il più alto e severo rimprovero che potesse ricevere.

Al Csm questa settimana è «bianca», non sono previste riunioni di plenum e commissioni, ma tra i pochi presenti si discute di una scelta che sembrava tranquilla (al di là della possibile spaccatura nel voto finale, che però è fisiologica) e invece rischia di diventare una «grana». Doveva arrivare entro la fine di luglio, prima della sospensione estiva, e invece già si parla di un rinvio a settembre. Sperando in un allentamento della tensione, e per provare a separare la questione dalla mossa del capo dello Stato.

Magari nel tentativo di non farla pesare più di tanto. Anche perché al Csm non tutti sono convinti che nella disputa avviata davanti alla Consulta Napolitano abbia ragione. C'è pure chi sostiene che Messineo, il procuratore aggiunto Ingroia e i suoi sostituti abbiano rispettato la legge, e di fronte alle casuali registrazioni della voce del capo dello Stato non potessero comportarsi diversamente da come hanno fatto. Anche il procuratore nazionale antimafia Grasso, in attesa del giudizio della Corte costituzionale, ha sostenuto che quanto meno hanno «agito in buona fede», cioè secondo l'interpretazione delle norme che a loro pareva più corretta e legittima.

La questione sollevata dal presidente, insomma, pare discutibile. E dunque viene discussa, anche all'interno del Csm. Così come è discutibile l'interpretazione dei fatti che ha portato la Procura di Palermo a ipotizzare il reato di «violenza o minaccia a un Corpo politico dello Stato» per la cosiddetta trattativa tra boss e uomini delle istituzioni, tra il '92 e il '94 (non Mancino, indagato solo per falsa testimonianza).

Su quella vicenda giudiziaria Messineo dovrà prendere una decisione che potrebbe influire sul voto del Csm. Firmerà o meno la richiesta di rinvio a giudizio che i suoi colleghi stanno predisponendo? L'atto di conclusione delle indagini non lo aveva sottoscritto, perché in disaccordo su alcune valutazioni degli altri pm; in particolare, proprio quella sulla posizione di Mancino. Un'anomalia, per il capo di un'ufficio importante in un'indagine così importante. Ora è atteso dalla scelta finale, che potrebbe anch'essa incidere su quello che farà in futuro.

 

 

FRANCESCO MESSINEO CAPO DELLA PROCURA DI PALERMOGiorgio NapolitanoNICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO ANTONINO INGROIA E FRANCESCO MESSINEO IL GIP ROBERTO SCARPINATO

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...