FINMECCANICA VEDE LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL. MA C’È DI TRAVERSO IL TRENINO ANSALDO BREDA, BUCO NERO DA 500 MILIONI DI PERDITE

Alberto Brambilla per "il Foglio"

Le ambizioni internazionali, i piani di sviluppo industriali, la redditività e la competitività globale di Finmeccanica sono pregiudicati dalla piccola controllata Ansaldo Breda, considerata un fardello non più sostenibile dai vertici dell'azienda. L'amministratore delegato, Alessandro Pansa, farà di questa criticità uno dei punti centrali dell'audizione informale che sosterrà giovedì di fronte alla commissione Industria del Senato (vedi box in pagina). Pansa, 51 anni, è amministratore delegato di Finmeccanica da un anno, ha rinunciato a percepire lo stipendio per quest'ultima carica e conserva l'emolumento per il ruolo di direttore generale che ricopre da due anni.

In precedenza è stato direttore finanziario. In tandem con l'ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro, ben visto a Washington, ha ricostruito la reputazione internazionale della multinazionale italiana che era stata ammaccata, nel recente passato, dagli scandali mediatico-giudiziari che hanno in varia misura coinvolto le precedenti gestioni (l'ex presidente Giuseppe Orsi è a processo con l'accusa di "corruzione internazionale" per delle commesse di elicotteri in India, mentre il suo predecessore Pier Francesco Guarguaglini è stato prosciolto dalle accuse di frode fiscale).

Gli investitori hanno premiato Finmeccanica con un rialzo del titolo del 60 per cento circa in poco più di un anno e hanno accordato fiducia al nuovo management attraverso la sottoscrizione di un'obbligazione pluriennale con una domanda superiore all'offerta. Pansa s'è posto l'obiettivo strategico di mantenere nel perimetro di Finmeccanica (controllata dal Tesoro col 30,2 per cento del capitale) esclusivamente le attività della Difesa e dell'aerospazio (costituiscono il 90 per cento dei ricavi) e dismettere, cedendoli al migliore offerente, i settori dell'energia e dei trasporti (quest'ultimo costituisce il 10 per cento dei ricavi).

La componente energetica, la Ansaldo Energia, è stata in parte venduta alla Cassa depositi e prestiti, una banca di stato, sotto il governo Letta per neutralizzare le mire della coreana Doosan. Secondo i critici è stata una partita di giro interstatale dal sapore protezionista, ma ha comunque ben impressionato gli analisti di Borsa, visti i 500 milioni di cash flow ricavati dopo una lunga attesa (la vendita era stata annunciata nel 2011 da Orsi ma non si era mai concretizzata).

Breda invece è difficile da vendere. Ci sono state manifestazioni d'interesse. Rumor sull'avvicinamento della multinazionale americana General Electric. Ma nulla di fatto. Finmeccanica vorrebbe venderla "a pacchetto" insieme alla più attraente Ansaldo Sts (all'avanguardia nei sistemi di segnalamento) per ingolosire gli eventuali acquirenti. Breda resta invece un buco nero, qualcuno la definisce addirittura un "cancro" nel corpo di Finmeccanica.

Nata a metà dell'800 a Genova, Breda produce materiale rotabile (treni ad alta velocità e metropolitane) nei quattro siti italiani (Pistoia, Napoli, Reggio Calabria, Palermo) con 2.400 dipendenti circa. Da tempo i sindacati metalmeccanici sono in subbuglio e chiedono a gran voce un incontro con il governo per avere delucidazioni sulle strategie aziendali. Breda guadagna poco più di quanto perde e perciò drena liquidità alla capogruppo ("brucia" soldi, diceva un report dell'agenzia di rating Moody's che assegna a Finmeccanica il giudizio Ba1, cioè con un certo rischio speculativo).

Una nota interna nelle mani degli analisti è ben più tranchant. Dice che Breda "non riesce a tenere il passo della concorrenza internazionale in un contesto di mercato sempre più aperto e competitivo" ed è afflitta da vari difetti strutturali: siti produttivi frammentati e distanti, eccesso di capacità di manodopera, bassa produttività se comparata al settore, eccesso di personale amministrativo e assenza di ordini stabili. Negli ultimi otto anni ha "sottratto" circa due miliardi di risorse.

Nel 2013 le perdite di Breda ammontano a 500 milioni di euro circa, stando a indiscrezioni verosimili circa il bilancio consolidato della conglomerata che verrà comunicato oggi. Un fattore che pregiudica la possibilità della capogruppo d'investire di più in innovazione, ritarda alcuni piani di sviluppo e di conseguenza frustra le chance di Finmeccanica di stringere alleanze globali solide o, comunque, ne depotenzia la capacità di contrastare i competitori esteri con cui si confronta in regime di piena concorrenza (dalla Lockeed Martin nell'aerospazio alla Boeing nell'aviazione) dal momento che il portafoglio prodotti cresce lentamente o rischia di restare incompleto.

Ciò mentre la generalizzata riduzione delle spese militari da parte degli stati assottiglia l'apporto finanziario per linee esterne e costringerà Finmeccanica a contare in misura maggiore sulla raccolta diretta sul mercato dei capitali o su mezzi propri per mantenere invariata la percentuale di ricavi (11 per cento) investiti ogni anno in ricerca e sviluppo.

In soldoni si parla di quasi due miliardi di euro mentre i ricavi nel settore elicotteristico e in quello dei sistemi elettronici cominciano a calare (del 9 per cento nel terzo trimestre 2013 rispetto allo stesso periodo dell'anno prima) e Breda perde la metà di tale ammontare: senza i "trenini" la liquidità potrebbe affluire più agevolmente ovunque - è la visione della compagnia - e alcuni progetti particolarmente sensibili rimasti in coda potrebbero avere vita più facile. Va ampliata la famiglia di elicotteri civili e militari di AgustaWestland.

Il convertiplano AW609 - aereo con pale d'elicottero che decolla in verticale - ha diversi test da superare e tempi lunghi per la commercializzazione (si parla del 2017). Ci sono gli aerei per tratte brevi del consorzio Atr cui va aumentata la capacità di trasporto - da settanta a novanta-cento posti - per incontrare i desiderata dei committenti. Nel settore militare restano invece da sviluppare, verosimilmente con dei partner, i velivoli senza pilota da ricognizione, i cosiddetti droni sui quali si gioca una buona fetta del mercato delle dotazioni militari nel prossimo futuro.

Oltre a queste partite sviluppiste e più pratiche ci sono quelle finanziarie. Resta infatti in sospeso il take over della laziale Avio Spazio da parte di Finmeccanica che ne detiene il 14 per cento e poi salire fino al 51, in caso, assieme a un partner straniero. Attorno alla multinazionale famosa per la missilistica e i propulsori per razzi orbitano interessi francesi (Thales e Alcatel), del consorzio europeo Eads.

L'interrogativo, oltre alla volontà politica, riguarda la forza finanziaria di Finmeccanica necessaria a garantire per gli eventuali partner un ruolo stabile nella partita Avio che, di certo, non sembra potersi risolvere in tempi brevi. E la zavorra Breda, appunto, non aiuta.

 

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