COM’E’ VERDINI IL MONTE DEI PASCOLI DI SIENA! - FIRENZE NON E’ SIENA E I VERBALI DELL’INTERROGATORIO DI VIGNI ESCONO INTEGRALMENTE - L’INCHIESTA SUL CREDITO FIORENTINO DI VERDINI SI INTRECCIA CON IL MONTEPACCHI: NEL MIRINO DEI PM IL FINANZIAMENTO DA 150 MILIONI ALLE SOCIETA’ DI BARTOLOMEI E FUSI (INDEBITATE CON CCF E UNICREDIT) - IL RUOLO DI PISANESCHI, CONSIGLIERE IN QUOTA PDL - VIGNI INSISTE: “MAI CONTATTATO DA PISANESCHI..”

Giuseppe Oddo per "Il Sole 24 Ore"

«Le strutture interne l'hanno istruita e portata nel comitato crediti come da prassi». Il 24 gennaio 2011 Antonio Vigni risponde per due ore come persona informata dei fatti alle domande dei pubblici ministeri di Firenze Luca Turco e Giuseppina Mione, che indagano sul Credito cooperativo fiorentino (Ccf), la banca presieduta dal coordinatore del Pdl Denis Verdini.

In quella fase Vigni è direttore generale del Monte dei Paschi, carica che ricopre dal 2006. Le domande riguardano il finanziamento in pool da 150 milioni alla Edilinvest di Roberto Bartolomei e alla Holding Brm di Riccardo Fusi, le società controllanti dell'impresa di costruzioni Baldassini Tognozzi e Pontello (Btp), nei cui confronti sono esposte non solo le due banche toscane ma anche istituti come UniCredit.

Il finanziamento dovrebbe servire, secondo gli accordi vincolanti dell'ottobre 2008, all'acquisto della Immobiliare Ferrucci dalla Btp (e del credito vantato dalla seconda nei confronti della prima) per valorizzare gli attivi del ramo immobiliare-alberghiero del gruppo ed immettere liquidità nel ramo industriale. Il Monte e Banca Unipol hanno erogato nell'ordine 60 e 50 milioni; il resto lo hanno messo CariPrato (20 milioni), Banca Mb (10) e Ccf (10).

Dalle perquisizioni, invece, è emerso che alcune banche sono state buggerate: 87 milioni sono ritornati da dove erano venuti (Ccf ne ha avuto rimborsati 37, Banca Mb 30 e Cariprato s'è ripresa i 20 che aveva versato) e la parte rimanente sarebbe stata impiegata per turare altre falle.

Chiedono i magistrati a Vigni: «Qualcuno le ha mai parlato di questo finanziamento?». E lui: «Non ho ricordanza. Ho avuto un incontro con Fusi nel febbraio 2008...un incontro normale con un cliente che alla fine dell'anno ti parla dell'azienda, delle strategie, delle prospettive».

Dell'incontro è testimone l'allora capo della rete, il vicedirettore generale commerciale del Monte, Antonio Marino. «Si parlò del finanziamento?», lo incalzano i pm. E Vigni: «È probabile che si sia parlato delle strategie complessive di riorganizzazione del gruppo e che il gruppo avesse bisogno di un intervento ma di come tecnicamente...io non ne ho ricordanza in tutta onestà».

I due sostituti non mollano: «Pisaneschi Andrea dice, nelle conversazioni intercettate a suo carico in questo procedimento, di aver parlato con lei di questo finanziamento; è possibile, lo ricorda?».
Andrea Pisaneschi, ordinario di diritto costituzionale dell'università di Siena nonché titolare di uno studio legale a Firenze, è stato prima nel consiglio del Monte in quota a Verdini e poi alla presidenza della controllata Antonveneta.

L'accusa nei suoi riguardi è di avere esercitato indebite pressioni sulla banca per far ottenere il finanziamento a Fusi. Pisaneschi, pur essendo consigliere del Monte, avrebbe accettato un mandato fittizio da Fusi, ossia da un cliente della banca, per fargli avere al più presto i 150 milioni; avrebbe consigliato allo stesso Fusi di scegliere come interfaccia legale con la banca gli avvocati Gian Paolo e Pier Ettore Olivetti Rason e avrebbe fatto ottenere al fratello, avvocato Niccolò Pisaneschi, un incarico di consulenza per assistere la Btp. Dagli atti emerge che la parcella incassata dallo studio Olivetti Rason è stata in parte girata (260mila euro) a Denis Verdini in cambio di una fattura presumibilmente falsa, e altri 157mila euro l'esponente del Pdl li ha ricevuti dall'avvocato Marzio Agnoloni, scelto da Fusi per tenere i rapporti con CariPrato, a fronte di altre fatture a loro volta ritenute parzialmente false.

I pm vogliono sapere da Vigni se l'avvocato Andrea Pisaneschi gli abbia mai sollecitato qualche intervento a favore di Fusi, ma il testimone riferisce di non ricordare «l'operazione specifica». Le domande dei due magistrati si fanno più incalzanti: «Pisaneschi Andrea in queste conversazioni dice di essere in grado di parlare con lei, di aver parlato con lei».

Vigni ribatte che il suo rapporto con l'avvocato amico di Verdini è quello che intercorre normalmente tra il direttore generale e un qualsiasi consigliere d'amministrazione della banca. Dice di non avere sentito parlare degli avvocati Olivetti Rason, di non sapere nulla del mandato affidato da Fusi a Niccolò Pisaneschi, di non conoscere Denis Verdini.

Ammette che non sia normale che Pisaneschi lavori per il Monte e al tempo stesso si adoperi per far avere crediti ai clienti della banca. È categorico, però: «Riconfermo di non aver assoluto ricordo di essere stato contattato da Pisaneschi Andrea».

 

DENIS VERDINI Denis Verdini vigni Riccardo Fusi Siena Mps P del Campo CREDITO COOPERATIVO FIORENTINOAndrea Pisaneschi

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?