IL G20 DIVENTA LA VIA CRUCIS DI OBAMA – LO ZAR PUTIN ESIBISCE L’ASSE CON LA CINA SULLA SIRIA MENTRE IL PRESIDENTE USA, SEMPRE PIÙ ISOLATO, STRAPPA SOLO UN APPOGGIO MINIMO DAGLI ALLEATI ITALIA E GIAPPONE!

Federico Rampini per "La Repubblica"

Usano parole quasi eguali, Enrico Letta e Shinzo Abe al G20: le stragi con armi chimiche «non possono rimanere senza risposta» e, se l'America interverrà militarmente, «avrà la comprensione» delle nazioni amiche. È quanto basta per la diplomazia americana costretta a mettere l'asticella molto in basso. Deve accontentarsi di questo per segnalare l'uscita dall'isolamento, e giocarsela sul piano interno dove il sì del Congresso rimane molto incerto: nell'entourage di Obama ormai si discute apertamente lo scenario di uno "split Congress": un voto diviso, sì al Senato e no alla Camera sull'intervento contro Assad.

È un G20 tutto in salita per Obama, il sole radioso di San Pietroburgo non basta a dissipare un'atmosfera gelida. Obama e Putin si attaccano per interposta persona. Il presidente russo insulta il segretario di Stato John Kerry («bugiardo, mente sapendo di mentire») reo di non riconoscere il peso crescente di Al Qaeda tra i ribelli siriani. Dal Palazzo di Vetro di New York ribatte Samantha Power, ambasciatrice Usa all'Onu: «Putin tiene in ostaggio il Consiglio di sicurezza» (col veto all'intervento militare). Meno di tre mesi fa, al loro ultimo incontro nel G8 di Lough Erne, Putin era isolato e Obama lo aveva descritto come «il discolo annoiato che sbadiglia in fondo alla classe» boicottando la lezione.

A San Pietroburgo il discolo è diventato il capoclasse. Padrone di casa, Putin ha il controllo dell'agenda dei lavori, proibisce la discussione sulla Siria nella prima seduta, la rinvia alla cena, riceve (in quanto presidente di turno) il messaggio del papa. Si permette una beffa: proprio mentre è in corso il G20, a Washington il presidente della Camera John Boehner (repubblicano) rivela di essere stato avvicinato da lobbisti del governo russo che volevano influenzare il voto sulla Siria.

Il G20, consesso allargato ai big emergenti, consente a Putin di esibire un asse Russia-Cina in sintonia sulla Siria: i cinesi denunciano «l'impatto negativo che un'azione militare avrebbe sull'economia globale, attraverso il rincaro del petrolio». Obama incassa il malumore della presidente brasiliana Dilma Rousseff, indignata per essere stata spiata dalla National Security Agency (rivelazioni di Edward Snowden... l'ospite di Putin). La Rousseff con le sue rimostranze lo trattiene e lo fa arrivare con mezz'ora di ritardo alla cena.

La giornata russa di Obama è inframmezzata da pause "domestiche" defatiganti. Per cinque volte, rivela il suo consigliere strategico Ben Rhodes, il presidente telefona a Washington per intrattenersi con senatori dei due partiti.

A 8mila chilometri di distanza e otto ore di fuso, si svolge una partita che lo tiene sulle spine. I conteggi delle intenzioni di voto costringono a immaginare scenari complicati. Ammesso che passi la risoluzione al Senato dove i democratici sono maggioranza, un "no" della Camera (controllata dalla destra) potrebbe essere imputato da Obama a faziosità di parte. Il potere presidenziale non rende vincolante il voto del Congresso, l'azione militare potrebbe scattare lo stesso.

La Casa Bianca però ha bisogno del G20 per portare a casa un vago consenso internazionale. Glielo chiedono in molti nel suo campo, come la senatrice democratica Barbara Mikulski (commissione sui servizi segreti): «Se la Siria è un'emergenza mondiale, dove sono i nostri alleati? Cosa faranno in caso di intervento? Si comporteranno come gli scolaretti vigliacchi che di fronte al bullo nel cortile dicono alla vittima: dagli un pugno che noi ti reggiamo la giacca?» Non aiuta Obama lo scoop del New York Times, nel giorno stesso del G20, sulle violenze commesse dai ribelli siriani.

Agli alleati Obama spiega la vera posta in gioco. Un Assad impunito e quindi rafforzato, sconvolgerebbe gli equilibri in Medio Oriente in favore di Iran, Hezbollah. Col rischio che i paesi più minacciati, Turchia e Israele, finiscano per fare la guerra da soli, e con minori cautele dell'America. Ma il presidente americano si trova di fronte un'Europa in ordine sparso. La débâcle di David Cameron in Parlamento, la solitudine filoamericana di Hollande, gli configurano davanti agli occhi un disastro della politica estera europea quasi paragonabile all'abortito intervento franco-inglese a Suez nel 1956.

Il presidente Ue Herman Van Rompuy ne è la prova. A San Pietroburgo Van Rompuy definisce la strage chimica «un crimine contro l'umanità», sposa la linea americana aggiungendo che «solo il regime possiede armi chimiche in quantità e mezzi per lanciarle a distanza», fa accenno alle prove dell'intelligence francese, ma infine conclude che la «soluzione va trovata attraverso l'Onu »... allineandosi su Putin e Xi Jinping. La Merkel conclude: «Non credo che il G20 possa trovare una posizione comune». Per l'ambasciatrice Power «non esiste soluzione Onu». Gli europei cercano di salvarsi in corner sponsorizzando una «soluzione politica» alla guerra siriana. È l'unica cosa su cui sono d'accordo sia Obama che Putin: infatti non vuol dire niente.

 

OBAMA AL PARTY G AL PALAZZO COSTANTINO DI SAN PIETROBURGO OBAMA AL PARTY G AL PALAZZO COSTANTINO DI SAN PIETROBURGO PARTY G AL PALAZZO COSTANTINO DI SAN PIETROBURGO CAMERON HOLLANDE MERKEL E VAN ROMPUY AL PARTY G AL PALAZZO COSTANTINO DI SAN PIETROBURGO DAVID CAMERON E VLADIMIR PUTIN AL G VENTI JOHN KERRY E LA MOGLIE TERESA HEINZ A CENA CON BASHAR AL ASSAD Lula e Dilma Rousseff al passaggio delle consegne CAMERON HOLLANDE MERKEL E VAN ROMPUY AL PARTY G AL PALAZZO COSTANTINO DI SAN PIETROBURGO Van Rompuy

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”