IL BANANA HA SEMPRE UNA GAG-ATA NELLA MANICA - ENTRATO NELL’UFFICIO DI RENZI, BERLUSCONI S’È SEDUTO SOTTO LA FOTO DI BOB KENNEDY: “BEH, MEGLIO LUI DI UN COMUNISTA”

Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"

La luce dei neon è giallognola, opaca. C'è odore di chiuso. Il Cavaliere adora un genere d'arredamento sfarzoso, di gusto barocco; le stanze di Palazzo Grazioli hanno velluti ricamati e candelabri d'argento, i lampadari luccicanti, certi putti di porcellana e le anfore etrusche. La sede del Pd gli appare subito esattamente come l'aveva immaginata. Dalla porta dell'ascensore alla porta della stanza di Matteo Renzi ci saranno venti passi. Un corridoio disadorno, che fornisce un colpo d'occhio - oggettivamente - malinconico. I tre camminano in silenzio, nel silenzio.

Gli uffici, come ogni sabato, sono deserti. Avanti Lorenzo Guerini, il portavoce della segreteria; dietro, Gianni Letta e Silvio Berlusconi, che ha lo sguardo basso e corrucciato, forse solo concentrato, comunque livido nonostante il cerone; indossa un completo blu, la giacca è il solito doppiopetto. Renzi sbuca fuori all'improvviso, quasi con un piccolo balzo - racconterà dopo uno degli uomini della sicurezza, che era lì, dietro l'angolo. Renzi apre un sorriso dei suoi, largo e accogliente, va incontro al terzetto e subito tende la mano a Berlusconi. «Benvenuto, presidente...». «Ciao, Matteo». Formali. Entrano nella stanza.

La stanza è rimasta così come l'aveva lasciata Pier Luigi Bersani. Sul bordo della scrivania ci sono ancora le bruciature dei suoi sigari. Oltre alla scrivania, una libreria, e poi un televisore e due divani di pelle.

Il nuovo segretario ha avuto solo il tempo di attaccare quattro quadri: in uno c'è Dedé Auzzi, un dirigente dei Ds scomparso prematuramente a cui Renzi era particolarmente legato; poi ci sono una foto di Bob Kennedy, una fotina di Giorgio La Pira e una foto grande, in bianco e nero, di cui si è molto parlato: uno scatto di Alberto Korda con dentro Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara, che - in divisa militare - gioca a golf. Renzi va a sedersi proprio sotto questa foto, sotto Il Che. Berlusconi, sorridendo, si accomoda sotto Bob Kennedy. «Beh, meglio Kennedy di un comunista...».

Ciascun leader ha, accanto, il proprio uomo. Lorenzo Guerini e Gianni Letta. Gli unici testimoni ammessi a questo storico incontro. Entrambi paiono perfettamente a loro agio, nel ruolo che gli è stato assegnato. E, se è possibile azzardare un paragone del loro tratto psicologico e politico, i due si somigliano pure.

Si sa che Letta parla poco, pochissimo, e sempre in maniera inversamente proporzionale all'importanza del suo lavoro di consigliere speciale, e probabilmente unico, del Cavaliere. Una volta Giuliano Ferrara scrisse che intorno a Letta, «perno d'acciaio del sistema di potere di Berlusconi» nel tempo è stata «costruita una leggenda meramente aneddotica, sottilmente apologetica o maliziosamente detrattrice, ma sempre con attenzione a dire quel che non si deve dire».

Un uomo potente di solito abituato a stare dietro le quinte, a lasciare il palcoscenico quando e come e a chi ritiene sia opportuno per la gloria del «dottore». Adesso siede di fronte a Lorenzo Guerini, un altro uomo concreto, riservato, saggio, che con i suoi 47 anni è il più anziano membro della nuova e giovane segreteria voluta da Renzi. È anche l'unico, nella cerchia dei fedelissimi (Bonifazi, Lotti, Boschi) a non essere toscano: è nato a Lodi (dove è stato amato sindaco e presidente della Provincia e dove risiedono la moglie e i suoi tre figli) ed è lì, a Lodi, che Guerini ha cominciato la sua attività politica e proprio nella Democrazia cristiana, come accadde, molti anni prima, a Gianni Letta, che da direttore del quotidiano Il Tempo fu assai vicino alla mite e moderata Dc plasmata a Roma, con tratti curiali, da Giulio Andreotti.

Quando è di buon umore, il che accade meno di quanto si possa sospettare, Renzi ha l'abitudine di chiamare Guerini con il soprannome di «Arnaldo», in omaggio alle capacità diplomatiche di Arnaldo Forlani. Che, effettivamente, si sono in quest'incontro rivelate già piuttosto utili almeno in una circostanza. È accaduto poco fa, giù, quando la porta carraia si è chiusa e Guerini si è accorto che sul lunotto posteriore dell'Audi blu a bordo della quale erano giunti i due ospiti, colava un uovo marcio disintegrato.

Un gruppetto di contestatori, appostato all'imbocco di via del Nazareno, aveva teso l'agguato. Guerini però non si è perso d'animo e, ignorando anche i cori che ancora giungevano da fuori - «Vergogna! Vergogna! Vergogna!», «Pre-giu-di-ca-to! Pre-giu-di-ca-to!» -, ha accolto Berlusconi e Letta come fossero stati salutati da applausi e grida di evviva. La contestazione si placa con il trascorrere dei minuti.

C'è ancora qualche cartello tenuto alto, ogni tanto un fischio, niente di più. Renzi e Berlusconi stanno parlando ormai da oltre un'ora. I giovanotti della vigilanza, eredi del leggendario servizio d'ordine del Pci, fumano in silenzio nell'androne. Uno guarda l'orologio, un altro scuote la testa con una smorfia che è un miscuglio di fastidio e stupore. «Io nun ce posso ancora crede che quello cià avuto er core de venì qui, a casa nostra».

 

LANCIO DI UOVA PER BERLUSCONI AL NAZARENOPROTESTE PER BERLUSCONI AL NAZARENOMario D Urso e Gianni Letta Legion d Onore Boniver LORENZO GUERINILORENZO GUERINI

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