CHI INCASSERÀ IL TESORO DI AN? - I 65 MLN € DI PATRIMONIO DELLA VECCHIA “FIAMMA” SONO INDISPENSABILI PER QUALUNQUE PROGETTO NEO-MISSINO - MA LE CHIAVI DELLA CASSA CE L’HANNO MATTEOLI E IL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE AN FRANCO MUGNAI CHE VOGLIONO SEGUIRE IL BANANA - I TIPINI FINI SONO IN GUERRA CONTRO I COLONNELLI: CHIEDONO CHE TUTTE LE PROPRIETÀ TORNINO AL PARTITO E NON RESTINO IN CAPO ALLA FONDAZIONE…

Marco Lillo per il "Fatto quotidiano"

C'è un convitato di pietra nella partita che si sta giocando nel centrodestra: il patrimonio della ex Alleanza nazionale. Quei 65 milioni di euro in contanti provenienti dai rimborsi elettorali depositati sui conti di An più le decine di immobili provenienti dai lasciti dei militanti del vecchio Msi (valutati intorno ai 35 milioni molto prudenzialmente da una perizia) potrebbero rappresentare una potenza di fuoco formidabile per qualsiasi progetto futuro degli ex camerati.

Il presidente della Fondazione che gestisce gran parte del tesoretto, il senatore Franco Mugnai, vicino a Matteoli, ha svolto finora un ruolo di garanzia. Ma Matteoli è molto vicino a Berlusconi e, se dovesse nascere davvero la "Nuova Forza Italia" vagheggiata dal Cavaliere, Matteoli e Mugnai potrebbero seguirlo.

Le chiavi del tesoro di An resterebbero, per la seconda volta, nelle mani della componente di AN più cara al Cavaliere. "Matteoli - ribatte Mugnai - ha affermato di voler fare tutto il possibile perché il Pdl resti come lo conosciamo ora. E la Fondazione - prosegue Mugnai - è un soggetto metapolitico che non risentirà delle scelte dei suoi componenti. Gran parte delle decisioni sono state prese finora con l'accordo di tutti".

Sulla destinazione delle somme in realtà l'accordo non c'è. I finiani in libera uscita come Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Antonio Buonfiglio ritengono addirittura che il patrimonio debba tornare al partito e sostengono persino la nullità delle deliberazioni assunte nel marzo del 2009 per sciogliere AN e far confluire i suoi beni nella Fondazione AN.

L'avvocato-onorevole, Antonio Buonfiglio è in prima linea in questa battaglia. L'ex sottosegretario all'agricoltura, a capo di un gruppo di sei ex finiani, ha presentato un ricorso contro la gestione dei beni di AN, ottenendo a febbraio la nomina dei liquidatori Giuseppe Tepedino e Marco Lacchini da parte del presidente del Tribunale di Roma.

I liquidatori hanno bloccato i trasferimenti alla Fondazione ma ormai i buoi erano fuggiti e l'unica cosa che hanno ottenuto è stata una transazione per obbligare la fondazione a pagare i debiti del partito. Poi i due liquidatori sono stati rimossi il 26 ottobre scorso dal nuovo presidente Mario Bresciano che ha nominato Andrea D'Ovidio e Davide Franco, sostenendo la tesi della legittimità della Fondazione e segnando un punto per i colonnelli di An contro Fini e compagni.

Nella contesa davanti ai giudici tra i liquidatori e la Fondazione di AN (dove Larussa e soci sono in maggioranza) ieri quest'ultima ha segnato un secondo punto: "non si pone alcun problema", scrive nell'ordinanza depositata ieri il giudice Guido Romano, "circa la possibilità della Fondazione di AN a vedersi - come è effettivamente avvenuto - destinataria dei beni già facenti capo all'Associazione".

È solo una decisione cautelare, ma legittima una situazione un po' grottesca: la Fondazione, gestita dai colonnelli Gasparri, Matteoli, Alemanno e Larussa, con gli uomini di Gianfranco Fini in minoranza, si è attribuita cassa e immobili lasciando alla scatola vuota del partito, gestita dal Tribunale, i dipendenti e i debiti. Il partito è diventato una "bad company" ingombrante mentre i soldi e gli immobili sono rimasti nella Fondazione presieduta da Mugnai.

Ai politici di An, il patrimonio ideale del partito interessa meno di quello reale della fondazione. Tra i 17 dipendenti abbandonati c'è anche Ione Abbatangelo, figlia dell'ex parlamentare Massimo, già processato e assolto in appello per la strage di Natale del treno 904, realizzata dalla mafia nel 1984, ma condannato per detenzione di esplosivo.

Alla moglie, come lei stessa raccontò a Francesco Merlo, il partito passava due milioni al mese quando il marito era in galera. La figlia Ione è una dipendente del partito e ha rivestito un incarico nel Pdl di Napoli. Storie come la sua non interessano più agli ex camerati. Come quella di Barbara Zicchieri, sorella di Mario, ucciso nel 1975 da un fucile a pompa dei rossi, dipendente anche lei del partito ma scampata al naufragio nella scialuppa del Pdl. O come quella di Guido Tabanella, storico sindaco di Mentana, tuttora dipendente del partito.

Mentre i politici creavano la fondazione con i soldi e le case, i 17 dipendenti di AN venivano licenziati. E quelli del Secolo d'Italia per mesi non ricevevano lo stipendio. Solo una decina di giorni fa il giornale è stato ceduto alla Fondazione. Mentre il sindacato di destra Ugl non ha fatto barricate a difesa dei dipendenti nella vertenza con il partito. Si è arrivati così al paradosso del 24 settembre scorso.

Di fronte ai liquidatori di AN che avevano avviato il licenziamento collettivo per i 17 dipendenti a maggio, all'incontro di fronte all'assessorato al lavoro della Regione Lazio, alla presenza dei rappresentanti di Ugl e Cgil, i lavoratori di AN hanno scelto di farsi rappresentare dal sindacato rosso. E hanno ottenuto una cassa integrazione doppiamente straordinaria. L'istituto concepito per le crisi temporanee di un'impresa viva è stato applicato a un partito morto.

 

IGNAZIO LA RUSSA Gianfranco Fini MATTEOLIFRANCO MUGNAIMAURIZIO GASPARRI ronchi foto mezzelani gmt Mario D urso

Ultimi Dagoreport

matteo salvini luca zaia giorgia meloni

DAGOREPORT – COSA SI SONO DETTI GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA NELL'INCONTRO A PALAZZO CHIGI, TRE SETTIMANE FA? - TOLTA SUBITO DI MEZZO L'IDEA (DI SALVINI) DI UN POSTO DI MINISTRO, LA DUCETTA HA PROVATO A CONVINCERE IL “DOGE” A PRESENTARE UNA SUA LISTA ALLE REGIONALI IN VENETO MA APPOGGIANDO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA (ANCORA DA INDIVIDUARE) - MA TRA UNA CHIACCHIERA E L'ALTRA, MELONI HA FATTO CAPIRE CHE CONSIDERA ZAIA IL MIGLIOR LEADER POSSIBILE DELLA LEGA, AL POSTO DI UN SALVINI OSTAGGIO DELLE MATTANE DI VANNACCI – UN CAMBIO DI VERTICE NEL CARROCCIO EVOCATO NELLA SPERANZA CHE IL GOVERNATORE ABBOCCHI ALL’AMO...

elly schlein giorgia meloni beppe sala ignazio la russa maurizio lupi marcello viola

DAGOREPORT - NESSUNO VUOLE LE DIMISSIONI DI BEPPE SALA: DA SINISTRA A DESTRA, NESSUN PARTITO HA PRONTO UN CANDIDATO E TRA POCHI MESI A MILANO COMINCIANO LE OLIMPIADI MILANO-CORTINA – MA SALA VUOLE MANIFESTARE ALL'OPINIONE PUBBLICA UNO SCATTO DI DIGNITÀ, UN GRIDO DI ONESTÀ, UNA REAZIONE D'ORGOGLIO CHE NON LO FACCIA SEMBRARE  ''LU CIUCCIO 'MIEZZO A LI SUONI'' - L’UNICO A CHIEDERE IL PASSO INDIETRO DEL SINDACO È IGNAZIO LA RUSSA, CHE INVECE UN CANDIDATO CE L’HA ECCOME: MAURIZIO LUPI. METTENDO SOTTO LA SUA ALA IL PARTITO DI LUPI, "NOI MODERATI", ‘GNAZIO SOGNA IL FILOTTO: CONQUISTARE SUBITO IL COMUNE DI MILANO E NEL 2028 LA REGIONE LOMBARDIA – MOLTO DELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA DIPENDERÀ DALLA DECISIONE DEL GIP, PREVISTA PER MERCOLEDI': SE IL GIUDICE NON ACCOGLIERÀ LE RICHIESTE DEI PM (CARCERE O DOMICILIARI PER GLI INDAGATI), LA BUFERA PERDERÀ FORZA. VICEVERSA…

ravello greta garbo humphrey bogart truman capote

DAGOREPORT: RAVELLO NIGHTS! LE TROMBATE ETERO DI GRETA GARBO, LE VACANZE LESBO DI VIRGINIA WOOLF, RICHARD WAGNER CHE S'INVENTA IL “PARSIFAL'', D.H. LAWRENCE CHE BUTTA GIU’ L'INCANDESCENTE “L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’’, I BAGORDI DI GORE VIDAL, JACKIE KENNEDY E GIANNI AGNELLI - UN DELIRIO ASSOLUTO CHE TOCCO’ IL CLIMAX NEL 1953 DURANTE LE RIPRESE DE “IL TESORO D’AFRICA” DI JOHN HUSTON, SCENEGGIATO DA TRUMAN CAPOTE, CON GINA LOLLOBRIGIDA E HUMPHREY BOGART (CHE IN UN CRASH D’AUTO PERSE I DENTI E VENNE DOPPIATO DA PETER SELLERS). SE ROBERT CAPA (SCORTATO DA INGRID BERGMAN) SCATTAVA LE FOTO SUL SET, A FARE CIAK CI PENSAVA STEPHEN SONDHEIM, FUTURO RE DI BROADWAY – L’EFFEMMINATO CAPOTE CHE SI RIVELÒ UN BULLDOG BATTENDO A BRACCIO DI FERRO IL “DURO” BOGART - HUSTON E BOGEY, SBRONZI DI GIORNO E UBRIACHI FRADICI LA NOTTE, SALVATI DAL CIUCCIO-TAXI DEL RISTORANTE ‘’CUMPÀ COSIMO’’ - QUANDO CAPOTE BECCÒ IL RE D’EGITTO FARUK CHE BALLAVA ALLE 6 DEL MATTINO L’HULA-HULA NELLA CAMERA DA LETTO DI BOGART… - VIDEO + FILM

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER?