GHEDDAFI SI VENDICA DALL’OLTRETOMBA - L’OMICIDIO DELL’AMBASCIATORE STEVENS A BENGASI È DIVENTATO UN CETRIOLO PER LA CAMPAGNA OBAMA - HILLARY AL CENTRO DI UN’INCHIESTA PARLAMENTARE PER AVER RESPINTO LA RICHIESTA DI PIÙ FORZE DI SICUREZZA DAI FUNZIONARI IN LIBIA: “CI SENTIVAMO ABBANDONATI, COME SE I TALEBANI FOSSERO I NOSTRI CAPI” - ANCHE BIDEN SI FA FREGARE DA RYAN SULLA LIBIA…

1- LA LIBIA NEL DIBATTITO TRA I CANDIDATI VICE-PRESIDENTI
Dall'articolo di Mario Platero per www.ilsole24ore.com

(...) Paul Ryan ha anche dimostrato una sorprendente competenza in politica estera ed e' riuscito a mettere sulla difensiva il democratico sull'attacco al consolato americano di Bengasi: «Perché' l'ambasciatore americano non era protetto da una squadra di marines come capita per l'ambasciatore a Parigi? Perché avete negato che si trattava di un attacco terroristico quando era evidente che lo fosse....?».

Ryan attaccava sulla prima domanda del moderatore, la giornalista televisiva della Abc, Martha Raddatz, un inviato di guerra che ha gestito il dibattito con piglio deciso, intervenendo a sua volta con toni incisivi ora per redarguire ora per interrogare i candidati. Sulla questione libica Biden ha avuto il suo momento piu' basso: «Abbiamo fatto e detto quel che sapevamo dall'intelligence non ci siamo spinti in avanti come avete fatto voi prima di conoscere i fatti».

Poi ha detto che se la sicurezza era insufficente era perché i repubblicani, Ryan incluso aveva tagliato «300 milioni di dollari dal bilancio per proteggere le ambasciate», ma le sue argomentazioni non hanno convinto. L'amministrazione Obama aveva gestito malissimo dal punto di vista della comunicazione la vicenda di Bengasi.

Come si ricorderà anche Romney aveva attaccato subito Obama sulla vicenda libica, a sproposito, prima ancora di sapere che l'Ambasciatore Stevens era stato ucciso. Ma e' la reazione poco trasparente di Obama ad essere rimassa piu impressa nella testa nel grande pubblico. Il Presidente aveva negato all'inizio che si fosse trattato di un attacco cordinato per non apparire spiazzato, impreparato, cosa che ha pagato appunto ieri notte:
«Ci sono volute due settimane per ammettere che non sapevamo che poteva esserci un attacco in corso attorno all'anniversario dell'11 settembre?» incalzava Ryan. (...)


2- HILLARY SOTTO ACCUSA PER BENGASI "CONTRADDIZIONI E ALLARMI IGNORATI" - WASHINGTON, INCHIESTA ALLA CAMERA SULL'ATTENTATO A STEVENS
Federico Rampini per "la Repubblica"

Non bastavano i guai di Barack Obama, ora è in difficoltà anche colei che potrebbe essere la "prossima" candidata democratica alla Casa Bianca: Hillary Clinton. È il segretario di Stato il primo bersaglio nel mirino delle polemiche sull'attentato di Bengasi in cui perse la vita l'ambasciatore Usa in Libia. Il Dipartimento di Stato è al centro di un'inchiesta parlamentare, che il partito repubblicano usa apertamente in chiave elettorale. È la storia ideale per far dimenticare agli americani che questa Amministrazione ha al suo attivo l'uccisione di Osama bin Laden.

Anche i media più progressisti riconoscono che Obama e la Clinton devono delle spiegazioni all'opinione pubblica. Quelle che stanno fornendo, in ritardo e col contagocce, rendono ancora più imbarazzante la vicenda. Improvvisamente anche il terreno sul quale Obama sembrava più forte - la politica estera - si trasforma in un campo minato. E proprio la politica estera sarà al centro del secondo duello tv tra il presidente e Mitt Romney, martedì 16.

A manovrare l'indagine del Congresso, la destra ha messo uno dei suoi uomini di punta: il deputato Darrell Issa, della California. Cruciale è il fatto che l'indagine sia partita dalla Camera dove i repubblicani hanno la maggioranza. Ma per quanto li si possa accusare di strumentalizzazione, è la stessa Amministrazione Obama ad offrire a Issa un arsenale di argomenti. Mercoledì, il Dipartimento di Stato ha dovuto ammettere di avere respinto in passato ripetute richieste venute dall'ambasciata Usa in Libia, per un rafforzamento delle protezioni anti- terrorismo. In una drammatica testimonianza, un funzionario dell'ambasciata ha detto di essersi sentito abbandonato, «come se i veri Taliban fossero i nostri capi».

L'altra accusa contro l'Amministrazione è di avere distorto gli eventi di un mese fa, quando l'11 settembre scorso morirono l'ambasciatore Christopher Stevens e tre altri funzionari. La prima versione, autorevolmente diffusa dall'ambasciatrice all'Onu Susan Rice, parlava di manifestazioni di protesta davanti al consolato Usa di Bengasi per il film contro Maometto.

Ora la versione ufficiale è ben diversa: si trattò di un attacco di al Qaeda, premeditato e preparato con largo anticipo. Obama è dovuto intervenire a spiegare questa contraddizione, parlando l'altroieri alla tv Abc:«Abbiamo fornito informazioni in tempo reale, dicendo quel che sapevamo nel momento in cui lo sapevamo ».

La versione del presidente riconosce l'errore nella prima ricostruzione di quei tragici eventi, e lo descrive come un errore in perfetta buona fede. Non lo aiuta il fatto che la Casa Bianca decise di condannare il film su Maometto, che con quell'assalto non c'entrava nulla: per i repubblicani è la conferma che questo presidente "chiede scusa" al mondo islamico anziché far rispettare l'America.

Martedì sera quando il presidente si troverà di nuovo davanti a Romney, avrebbe bisogno di usare tutto il dibattito televisivo per incalzare il suo rivale e metterlo nell'angolo. Ma almeno sulla vicenda di Bengasi, è lui che dovrà dare delle spiegazioni e rischia di apparire sulla difensiva.

 

I SORRISETTI DI BIDEN DURANTE IL DIBATTITO CON RYANDIBATTITO BIDEN RYANj christopher stevens AMBASCIATORE USA IN LIBIA LA MORTE DI STEVENS BENGASI BENGASI OBAMA E HILLARY CLINTONHILLARY CLINTON E BARACK OBAMA MITT ROMNEY E PAUL RYAN

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