GIALLO RENZI! – CHE PENSA MATTEUCCIO DEL BANANA SBUCCIATO IN CASSAZIONE? PER “LA STAMPA” E’ IN “PESANTE SILENZIO”, PER “IL GIORNALE” FA IL TIFO PER L'ASSOLUZIONE

1. IL PESANTE SILENZIO DI RENZI
Federico Geremicca per "La Stampa
"

Magari è solo l'ennesimo effetto collaterale di un dibattito interno oltremodo avvelenato: ma nella ridda di polemiche e commenti intorno alla posizione che il Pd dovrebbe tenere in caso di conferma della condanna di Silvio Berlusconi, c'è un silenzio che colpisce.
È quello di Matteo Renzi, oggi il leader più popolare - e domani forse il segretario - del Partito democratico. Che pensa della vicenda? Cosa crede che il suo partito debba fare? E anzi: cosa farebbe lui nei panni di Guglielmo Epifani?

Dall'interno del Pd si sono levate, in questi giorni, diverse voci: quella di chi ritiene che non si possa restare alleati di governo con un leader definitivamente condannato, quella di chi replica che la situazione giudiziaria del Cavaliere era nota e quindi è ipocrita fingere di cadere dalle nuvole, quella - infine - di chi sostiene che l'atteggiamento dei democratici debba dipendere ed esser proporzionato alla «qualità» della reazione del Pdl. Già, ma che pensa - e perché non parla - il leader che tra quattro o cinque mesi potrebbe essere alla guida del partito e deciderne tattica e strategia?

Da un paio di settimane - come è noto - Matteo Renzi è in silenzio stampa, e ancora ieri ha argomentato questa scelta con qualcuno dei suoi che lo sollecitava a riprendere la battaglia: «Vivo questo momento con grande distacco... Mi hanno accusato di pugnalare alle spalle Letta, proprio io che ho detto sempre lealmente le cose in faccia. Se mai decideranno di fare il Congresso, fissandone regole e data, dirò quel che penso su tutto: dal governo a Berlusconi. Ma fino a quel momento, tolgo loro l'alibi per attaccarmi: sto zitto e lavoro per Firenze».

È una scelta, una linea: discutibile, naturalmente. Perché - è chiaro - una cosa è una moratoria alle dichiarazioni intorno agli F35 e alla legge elettorale, oppure sul finanziamento ai partiti o le regole per le primarie, mentre altro - tutt'altro - sono la curiosità e perfino il diritto degli iscritti e degli elettori democratici a sapere che linea avrebbe assunto - in un tornante politico così delicato - un Pd a «trazione renziana». Avrebbe chiesto a Letta di interrompere la sua esperienza di governo, in caso di condanna confermata a Berlusconi? Oppure avrebbe tirato dritto per la strada decisa in aprile?

Impossibile saperlo. E al di là del momentaneo vantaggio che Renzi potrebbe trarre dal tacere (non alimentare polemiche e non farsi nuovi nemici, né a destra né a sinistra...) il suo silenzio sottrae al dibattito un importante elemento di conoscenza e orientamento: pur se è vero che su Berlusconi e i suoi guai il pensiero del sindaco di Firenze è sufficientemente noto.

Infatti, ha più volte spiegato che avrebbe votato contro l'ineleggibilità del Cavaliere, perché le leggi non si possono applicare a intermittenza o secondo la convenienza. E più in generale, ben prima dell'inizio del suo polemico silenzio stampa, spiegava: «Io ho sempre sognato di battere Berlusconi alle elezioni, e ho sempre detto di volerlo mandare in pensione non in galera».

Si può, allineando queste dichiarazioni, immaginare in che trincea Renzi-segretario calerebbe il «suo» Pd, in caso di condanna confermata per il Cavaliere? Molto probabilmente non aprirebbe la crisi di governo, ma voterebbe per la sua decadenza da senatore. Oppure no, tutto il contrario: via dal patto col «Caimano» e di corsa verso altre soluzioni o, forse, addirittura verso nuove elezioni... Difficile dire. E così, l'iscritto-elettore democratico resta col dubbio, azzarda ipotesi, propone scommesse. Noi diremmo: assurdo, ci vuole chiarezza. E invece, magari, il silenzio e l'attenzione che quel «mutismo» oggi determina, sono un altro piccolo colpo di un leader che si conferma imbattibile sul terreno della comunicazione...

2. PURE RENZI FA IL TIFO PER L'ASSOLUZIONE: "BERLUSCONI VA SCONFITTO PER VIA POLITICA, NON COI PROCESSI"
Laura Cesaretti per Il Giornale

«Se la vicenda di Berlusconi dovesse vedere il suo finale sulla base di una sentenza, sarebbe un'occasione perduta innanzitutto per chi lo ha contrastato e ha creduto nella possibilità di sconfiggerlo politicamente».

Matteo Renzi non cambia idea, alla vigilia di una pronuncia della Cassazione che potrebbe aprire la strada non solo all'estromissione del Cavaliere dalla vita politica, ma anche ad un terremoto che investirebbe in pieno il governo Letta.

E a chi pensa che lui - sotto sotto - stia facendo il tifo per una condanna del leader Pdl, come grimaldello per accelerare la propria discesa in campo, il sindaco di Firenze manda un messaggio controcorrente: «Non mi auguro affatto una sentenza negativa per Berlusconi, non me la auguro innanzitutto per l'Italia».

Un messaggio che, confidano i suoi, Renzi ha fatto avere direttamente anche al Cavaliere. E che lui articola così: «Innanzitutto, la condanna, la privazione della libertà e l'interdizione dai pubblici uffici di chi per vent'anni è stato capo del governo o leader indiscusso dell'opposizione, sarebbe un'umiliazione per tutto il Paese. Una botta all'immagine dell'Italia: pensate solo ai titoli dei giornali internazionali».

Ma anche per il Pd la soluzione giudiziaria al problema Berlusconi sarebbe una sconfitta, ragiona il sindaco: «Io faccio politica, e il terreno su cui mi piacerebbe sconfiggere Berlusconi è quello della politica e non quello dei processi». Una conferma dell'interdizione dai pubblici uffici porterebbe ad un voto parlamentare per sancire la decadenza da senatore di Berlusconi, e riaprirebbe la questione dell'ineleggibilità, su cui Renzi ha spesso criticato il proprio partito e le uscite di alcuni suoi dirigenti, che tradiscono l'ansia del centrosinistra di «squalificare dalla gara, attraverso giochini sottobanco, chi da vent'anni viene eletto, anziché sconfiggerlo sul piano delle idee».

D'altronde, ripete Renzi, «sono gli stessi che alle ultime elezioni gli hanno consentito di rinascere, altro che smacchiarlo».

Infine, c'è la preoccupazione per il Pd stesso, che «difficilmente reggerebbe» la pressione scatenata da un Berlusconi condannato. Dario Nardella, braccio destro renziano in Parlamento, lo spiega così: «In caso di condanna è normale aspettarsi una tensione fortissima con reazioni imprevedibili. E questo vale anche per il governo. Tutto sta al livello di responsabilità che si daranno Pd e Pdl rispetto alla tenuta del governo. Direi che il Pdl dovrebbe resistere alla tentazione di fare di Berlusconi un martire. E il Pd dovrebbe resistere per reggere l'impatto delle tensioni che sicuramente arriveranno dalla base e dagli elettori». Di una cosa Nardella è certo: «Sarà una prova durissima».

Se Renzi argomenta a viso aperto i danni che un verdetto negativo per Berlusconi provocherebbe a sinistra, nel resto del Pd c'è un tifo scatenato ma silenzioso pro-assoluzione. Per motivi molto diversi. «Se Berlusconi ne esce bene, noi andiamo avanti con il governo fino al 2018», sussurra Nico Stumpo. E un Letta blindato a Palazzo Chigi col Pdl per il resto della legislatura, è questo che sta veramente a cuore al variegato «patto degli oligarchi» del Pd, significa un Renzi fuori dai giochi. Non avendo i numeri per imporre regole capestro, gli anti-Renzi sono passati all'ostruzionismo, sperando di logorarlo attraverso i continui rinvii di congresso e primarie. E tra i renziani diversi invitano il sindaco a fare uno strappo. Lui frena: «Aspettiamo di vedere cosa succede dopo la sentenza».

 

 

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