IL “DOTTOR SOTTILE” NON VA TANTO PER IL SOTTILE – AMATO PORTA “IL FATTO” IN TRIBUNALE E CHIEDE 500 MILA EURO PER SEDICI ARTICOLI CONSIDERATI DIFFAMATORI PUBBLICATI DOPO LA SUA NOMINA A GIUDICE COSTITUZIONALE

Giorgio Meletti per ‘Il Fatto Quotidiano'

La premeditazione è documentata da una delle sterminate interviste senza domande riservategli dal Corriere della Sera, dall'evocativo titolo "La mia storia calpestata". L'onorevole professore Giuliano Amato - reduce dalla doppia delusione nella corsa al Quirinale prima e a Palazzo Chigi poi - manifesta il proposito di sfruttare l'impopolarità anche per risollevare le sorti professionali di sua figlia Elisa dando la caccia ai "diffamatori di professione":

"Non voglio fare nomi, perché tanto ci pensa mia figlia, che fa l'avvocato di suo padre, a fare i nomi. L'unica ragione per cui sono contento della loro esistenza è che, in un periodo di magra professionale, il reddito di mia figlia già ha cominciato a trarre profitto da questi incorreggibili propalatori di falsi. (...) Mia figlia si lamenta, dice che sono diventato un lavoro pesante per lei, ma è soddisfatta, perché le vince tutte".

Qualche giorno fa, sulle ali dell'entusiasmo, l'avvocato Elisa Amato ha pensato bene di chiedere al Fatto Quotidiano 500 mila euro di danni per sedici-articoli-sedici, successivi, si badi bene, a quell'intervista e alla designazione del padre quale giudice costituzionale.

Una richiesta che, ove accolta, si configurerebbe come aggressione giudiziaria, la stessa già censurata dalla Corte di Strasburgo quando ha avvertito gli Stati europei che sanzioni pecuniarie sproporzionate e, quindi, anche risarcimenti ingenti possono avere un effetto deterrente sulla libertà di stampa e perciò comportano una pressoché automatica condanna da parte di Strasburgo. Un processo omnibus, quello voluto da Amato, per quella che definisce "una inspiegabile campagna diffamatoria condotta a decorrere dal settembre 2013 con il pretesto della nomina a giudice della Corte costituzionale".

Questa frase illumina la concezione amatiana della libertà di stampa e del diritto di critica. La nomina a una delle cariche di maggior potere dell'ordinamento repubblicano comporta per la libera stampa degna di questo nome non il diritto ma l'obbligo di passare al setaccio storia e personalità del prescelto, e di sottoporle a un vaglio tanto più severo quanto è più delicata la funzione pubblica ricoperta.

Tutto ciò risulta inspiegabile alla concezione personale che Amato ha dell'informazione, in ciò aiutato dall'esperienza che lo induce evidentemente a ritenere obbligatorio per tutti salutare la sua ennesima nomina con gli stessi toni da servile encomio usati dalla grande stampa amica.

Perciò accusa incredulo Il Fatto di aver voluto "lo smantellamento, pezzo per pezzo, del prestigio e del rispetto che quest'ultimo si era costruito e guadagnato nel corso degli anni" e "la preordinata ed artificiosa costruzione, al contrario, di un personaggio sordido, pienamente addentro alla parte corrotta e prepotente del mondo politico, prima asservito a Craxi e poi incline ad abusare della propria posizione di potere per assicurarsi incarichi di ogni genere e vantaggi economici esagerati".

Nominandosi giudice di se stesso, Amato pretenderebbe di vietare al Fatto di ricordare i suoi trascorsi economici, politici e non solo; la sua pensione d'oro e il vitalizio da parlamentare; la telefonata in cui insiste con il presidente del Monte dei Paschi Giuseppe Mussari perché continui a finanziare il torneo del circolo tennistico di Orbetello a lui caro ("mi vergogno a chiedertelo"); la telefonata alla vedova del defunto sottosegretario socialista Paolo Barsacchi, chiamata come teste, per consigliarle di tacere i nomi nel processo per tangenti dove alcuni esponenti del Psi, di cui è all'epoca vicesegretario, avrebbero voluto dare la colpa al marito morto.

Come si permette un giornale di mettere in dubbio la natura angelicata del potente di turno? Una particolare severità del giudice è invocata proprio per "il prestigio sino ad oggi riconosciuto alla figura del Prof. Amato per le proprie doti professionali".

Insomma, da una parte si chiedono 500 mila euro al Fatto perché i suoi articoli, piacendo e diffondendosi, creano danno alla reputazione di Amato; dall'altra , si mette in conto al Fatto - per farne risaltare l'indisciplina - l'ampia e consolidata benevolenza di altri media. Non solo: si chiede al giudice di mettere in conto al Fatto , nel valutare il danno, anche la "notorietà del soggetto leso", come se non fosse proprio quella notorietà a imporre alla stampa di occuparsi di lui.

Amato ha un'idea di sé molto alta, come dimostra il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 20 del 1974 che circoscrive la libertà di espressione nei limiti imposti dalla tutela di altri beni "costituzionalmente rilevanti". Evidentemente ritiene di far parte dell'elenco dei tesori tutelati, Giustissimo, solo che quella sentenza cita "il prestigio del Governo, dell'Ordine giudiziario e delle Forze Armate", e non quello degli ex bracci destri di Bettino Craxi.

E neppure dei giudici costituzionali, in quanto tali. Ai quali potrebbe capitare di occuparsi persino della causa che riguarda uno di loro, che non avrebbe neppure l'obbligo di astenersi : se il giudice civile chiamato a occuparsi della causa dovesse sollevare una questione di costituzionalità, si potrebbe davvero confidare in un giudizio sereno e super partes?

 

Lucia Annunziata Giuliano Amato Franco Bassanini e Giuliano Amato Antonio Padellaro Padellaro saluta Busi innocenzi travaglio vauro santoro

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”