UN GOVERNO AL CAPOLINEA - SU 429 PROVVEDIMENTI DI SCENDI-LETTA E I SUOI MINISTRI, SOLO 45 SONO STATI ATTUATI - SU “ITALICUM” E SALVA-ROMA IL GOVERNINO RISCHIA DI CADERE

1. GOVERNO FATTA LA LEGGE MANCATO IL DECRETO - SU 429 PROVVEDIMENTI APPROVATI, SOLO 45 HANNO POI AVUTO ATTUAZIONE
Carlo Tecce per "il Fatto Quotidiano"

Enrico Letta l'ha giurato: "Io non voglio galleggiare". E il governo non galleggia, no, non va né sopra né sotto perché resta immobile. I decreti ci sono, tanti, ampi e pure con l'etichetta per entusiasmare: "Fare Italia", "destinazione Italia". Le intenzioni ci sono e, magia, in pratica non esistono. Perché i ministeri non producono le norme attuative necessarie per applicare le leggi: su 429 provvedimenti previsti soltanto 45 sono in vigore e 58 sono già scaduti, cioè sono carta straccia.

La tradizionale scusa, ormai un ritornello, è sempre valida: la burocrazia. Il buco nero con protagonisti più o meno anonimi, fra capi di dipartimento, dirigenti e funzionari, che inghiotte le riforme, i ritocchi e annulla l'efficacia di Palazzo Chigi. Da Mario Monti a Enrico Letta, come ha osservato il Sole 24 Ore di ieri, riportando lo studio sul programma di governo, la situazione è peggiorata. Questa è la conseguenza di una ribellione silenziosa dei vecchi apparati e di un controllo insufficiente dei ministri.

A maggio, poi a giugno e ancora a luglio, Letta ha annunciato le imperdibili occasioni per i giovani. Per smuovere un po' lo stagno, dove non è salutare galleggiare, l'esecutivo ha pensato di stanziare un capitale, piccole indennità, per la partecipazione ai tirocini formativi e di orientamento. Il Tesoro ha inviato i documenti all'ufficio di competenza, la Ragioneria di Stato, ma il 27 agosto era già scaduto. Com'è scaduto, il 22 di ottobre, lo stanziamento per "mille giovani per la cultura".

Quante volte s'è proclamata l'emergenza per le piccole e medie imprese? Ma il ministero per lo Sviluppo economico e il Tesoro non sono riusciti a creare il fondo di garanzia. E ancora non sanno, sempre al ministero di Fabrizio Saccomanni, come utilizzare i 20 miliardi per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Nonostante l'ex direttore generale di Bankitalia abbia smantellato e reinstallato i vertici, la macchina non funziona: su 76 provvedimenti ne hanno emanati 16.

Il ministro Maria Chiara Carrozza ha litigato con Saccomanni e impedito che gli insegnanti dovessero restituire dei soldi in busta paga, però non s'intravede il piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato. Non una cosina secondaria. E non facile. Anche perché l'Istruzione e la Cultura non ce le fanno neanche a calcolare i mancati introiti per consentire, come promesso, ai docenti l'ingresso gratuito nei musei. Il colmo per la burocrazia, ovvio, è non fare nulla per alleggerire la pesantezza della burocrazia. Sta ancora in un cassetto, dunque, il piano nazionale per le zone a burocrazia zero. Un pasticcio.

Il ministero di Flavio Zanonato, lo Sviluppo economico, ha risposto che "la norma è complicata da applicare perché sono previste aree esclusivamente non soggette a vincolo paesaggistico, storico e artistico". Ma rassicurano: è in fase istruttoria. Come la pianta organica per l'esaurimento dei giudici ausiliari. Gli esempi da fare sono 384 come le norme ancora non attuate e le leggi tenute in sospeso o, semplicemente, decadute. La tabella accanto dimostra che l'intero sistema è paralizzato.

E ci sono dei ministeri capaci di non emanare neanche una norma. Coesione Territoriale: 0 su 5. Affari Esteri: 0 su 7. Pubblica Amministrazione: 0 su 8. Giustizia: 0 su 10. Salute: 0 su 16. Beni Culturali: 0 su 25. Non male, per chi non vuole galleggiare. Perfetto, per chi vuole affondare.


2. IMBOSCATE E KAMIKAZE LETTA NIPOTE RISCHIA IL COLLO
Sara Nicoli per "il Fatto Quotidiano"

È una partita che si complica di ora in ora. E che rischia di far diventare un vero calvario il percorso del governo in questi dodici giorni che separano dalla verifica interna al Pd del prossimo 20 febbraio. Matteo Renzi ha chiarito anche ieri di non aver alcuna intenzione di arrivare a Palazzo Chigi al posto di Letta in stile D'Alema, ossia senza passare per le elezioni, ma qualcosa potrebbe mandare all'aria i suoi piani e anche quelli di resistenza di Letta stesso. I franchi tiratori sono in agguato, c'è un nutrito partito trasversale che non vuole le riforme e che prepara, nell'ombra, l'incidente di percorso, quello che fa saltare il governo e spiana la strada alle consultazioni.

Un incidente che può avvenire su uno dei sei decreti che sono in scadenza a fine febbraio (il più scivoloso il Salva Roma), ma anche sul punto di snodo principale di questo momento politico: il voto sulla nuova legge elettorale, l'Italicum, che arriva in aula alla Camera lunedì. E, in particolare, l'emendamento Lauricella, che lega l'entrata in vigore della legge all'abolizione del Senato.

Il sospetto è che al momento della conta i franchi tiratori possano essere più dei 30 che si sono manifestati durante il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità della stessa legge. Che, insomma, il numero possa addirittura sfiorare i 50. Il patto Renzi-Berlusconi andrebbe in briciole, certo, ma anche il governo, non starebbe più in piedi. E c'è chi giura che sarebbe lo stesso Napolitano, a quel punto, a pregare Renzi di mettersi alla testa di un esecutivo "per le riforme" per evitare le elezioni anticipate.

Troppo anticipate. C'è persino una parte del Pd, quella costituita da bersaniani, cuperliani e dalemiani che dicono stia lavorando in questa direzione, con l'intenzione di bruciare il segretario costringendolo a buttare alle ortiche la sua agenda e, forse, le sue stesse riforme benedette da Berlusconi.

Un'operazione di fatto suicida, capace di spaccare il Pd in due come una mela, in nome di una "chiarezza interna" che, in realtà, nasconde il gioco in cui al Nazareno sono maestri: decapitare il segretario e farsi male da soli. Ma sono in pochi, in queste ore, ad avere lucidità di pensiero e di obiettivi dentro la sinistra Pd: "Letta - ha detto Cuperlo - indichi gli obiettivi e noi lo seguiremo. C'è un'alternativa? Discutiamone apertamente. Quello che non possiamo permetterci è un governo con i nostri ministri, ma che non sosteniamo in maniera convinta".

Insomma, se non potrà essere un Letta bis, dovrà per forza essere un Renzi 1, ma il sindaco non ne vuole sentir parlare neppure per scherzo. "La proposta di mandare Renzi al governo la fanno i suoi nemici per bruciarlo, ci sono grandi manovre contro di lui", analizza e riassume Achille Occhetto. Manovre che in apparenza non sembrano spaventare il segretario, il cui timing parla di otto mesi ancora di governo Letta (anche un Letta bis, a patto di non dover spendere renziani di rango sulle macerie delle larghe intese, a parte Delrio all'Interno) per fare le riforme, passando attraverso una buona affermazione alle Europee che lo consolidi con l'elettorato in vista delle Politiche. Prima di allora, nessun coinvolgimento diretto nel governo.

Solo una cosa può mettere in crisi questo schema, ovvero l'estrema fragilità di Letta. Il governo, oggi, non ha più neppure il sostegno delle parti sociali, Confindustria, sindacati, piccole imprese e artigiani di Rete Italia che il 18 scenderanno in piazza perché gli sono avversi. Mentre mezzo Pd, Nuovo centrodestra e Scelta civica chiedono un nuovo esecutivo e una ripartenza.

Qualcuno ha ipotizzato ieri che questa situazione possa deflagrare anche prima del 20 febbraio, che insomma Letta sia costretto a salire al Colle, per colpa di un incidente, casomai proprio sulla legge elettorale, prima della verifica interna nel Pd. A quel punto tutto sarebbe nelle mani di Napolitano che senz'altro chiederebbe al segretario del Pd un sostegno concreto nel nuovo esecutivo, di sporcarsi le mani. Esattamente quello che Renzi non vuol fare.

 

 

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