LA GRECIA? PROVINCIA TEDESCA! - BOOM DI PARTENZE (+18) DI TURISTI DALLA GERMANIA VERSO LE ISOLE GRECHE, LA LORO NUOVA COLONIA ESTIVA - ANCHE I PADRONI PIANGONO? A BERLINO RISTORANTI PIENI MA SUPERSCONTI PER LE AUTO MADE IN GERMANY - MENO LABOR, PIU’ LIBOR: PER LA PRIMA VOLTA UN ESPONENTE DEL GOVERNO CHIEDE A DEUTSCHE BANK DI “CHIARIRE IL SUO EVENTUALE RUOLO NELLO SCANDALO DEI TASSI” - FORTE CALO DEI TRIMESTRALI IN VISTA…

Giovanni Stringa per il "Corriere della Sera"

Non esiste l'antidoto contro la crisi, la medicina per restare immuni in mezzo a tanti malati. E la Germania ne è la prova. Anche il Paese più grande, solido e inaffondabile d'Europa ha qualche crepa: nulla, se paragonato alla situazione di molti compagni di continente, ma pur sempre qualcosa. Il gigante d'acciaio mostra qualche scricchiolio. Forse provvisorio, forse no.

Non si tratta solo della mossa di Moody's - mettere sotto osservazione, in vista di possibili ribassi, il giudizio sul debito pubblico tedesco - che ha infranto il mito della tripla A «forever»; ma di tanti segnali che si vedono per strada o nelle statistiche di un Paese con oltre 80 milioni di abitanti.

Se passate davanti a un ristorante di Berlino, probabilmente lo vedrete pieno. Ma se fate qualche passo più in là e vi dirigete verso un concessionario d'automobili, la cosa che vi stupirà è un'altra: gli sconti. Dieci, venti, anche trenta per cento per auto «made in Germany». Numeri record, in alcuni casi, che svelano una possibile prossima recessione in un mercato chiave e, in Germania, finora in gran forma. Ma non ci sono solo le quattro ruote a non correre più come una volta.

A luglio l'indice Markit delle attività manifatturiere è sceso per il terzo mese consecutivo - a 43,3 punti - raggiungendo il valore più basso da tre anni. E ancora: secondo l'istituto di ricerca Iw, il potere d'acquisto dei tedeschi è esattamente lo stesso di oltre 20 anni fa. Tradotto «in soldoni»: per comprare una bottiglia di birra ci vogliono, oggi come nel 1991, tre minuti di lavoro. È invece ai massimi degli ultimi 20 anni, secondo altre statistiche, la pressione fiscale sul Pil.

E anche i mini rendimenti dei titoli di Stato tedeschi - quelli che permettono a Berlino di risparmiare miliardi sotto forma di minori interessi - hanno il loro spiacevole effetto collaterale: ne sanno qualcosa i milioni e milioni di lavoratori con un fondo pensione integrativo, che investe una parte degli attivi in debito pubblico nazionale. Il potenziale risultato? Minimi costi per lo Stato, minimi rendimenti per i futuri pensionati.

Perfino Deutsche Bank, la più grande banca del Paese, ha dovuto «piegarsi» alla crisi dell'euro, pronosticando ieri un forte calo negli utili trimestrali anche per la debolezza della moneta unica. Solo poche ore prima, sulle colonne dello Handelsblatt, per la prima volta un esponente del governo (il ministro per la tutela dei consumatori Ilse Aigner) ha chiesto alla banca di chiarire il suo eventuale ruolo nello scandalo dei tassi Libor.

E adesso? La mossa di Moody's ha lasciato piuttosto freddo il mercato: la Borsa di Francoforte ha chiuso ieri in lieve ribasso - comunque la migliore tra i grandi listini europei - e il rendimento dei Bund a 10 anni, pur in lieve salita, è rimasto a un passo dai minimi storici. Perfino la politica sembra relativamente tranquilla. La cancelliera Angela Merkel è in vacanza, il portavoce del governo parla di «nessun dramma» e per il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble la Germania resta «l'ancora della stabilità dell'Eurozona».

Ma il «Paese profondo» - quello che riempie le fabbriche e gli uffici di giorno e le birrerie la sera - inizia a scalpitare. Ne è una prova il suo specchio, il quotidiano Bild con i suoi diversi milioni di lettori: «Basta con nuovi aiuti alla Grecia!», si legge in un titolo. La stessa cancelliera, secondo indiscrezioni, sarebbe intenzionata a non chiedere altri pacchetti pro-Atene a un Parlamento che, a sua volta, potrebbe non approvarli.

E mentre nella maggioranza di centro-destra aumentano le voci a favore di un'uscita di Atene dall'euro, l'influente Frankfurter Allgemeine Zeitung scrive che «la mossa di Moody's fa capire alla Germania una cosa: quando cerchiamo di salvare gli altri Stati dell'euro, facciamo il passo più lungo della gamba». E la Zeit tira fuori uno studio di un docente dell'università svizzera di San Gallo, per cui le agenzie di rating con le loro decisioni avrebbero inasprito la crisi del debito.

Chi invece sembra non preoccuparsi più di tanto dell'economia che scricchiola e dei tanti miliardi concessi ad Atene, sono i molti turisti che in questi giorni decollano dagli aeroporti tedeschi verso le isole greche: +18% la scorsa settimana rispetto a un anno prima. E il rialzo, pare, prosegue.

 

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