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GRILLO IS BACK! “NON SONO ANDATO VIA. COME HO CREATO IL M5S? IO SCHERZAVO! ANCORA OGGI CI PRENDONO PER PAZZI” - L’AUTOCRITICA SU EXPO: “PENSAVO FOSSE UN CASINO, INVECE COMINCIA A DARE UN PO’ D’IMPULSO”- LE BATTUTE RUBATE A PIPPO FRANCO...

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Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”

 

Rieccolo qui Beppe Grillo, impegnato nella sfida più difficile: quella contro Beppe Grillo, perché «sono stato binario per cinque anni, il comico non deve dare certezze, il politico sì. Mi devo purgare di questa dicotomia, mi dovete aiutare...». La prima del suo nuovo show (“GrillovsGrillo”) per poco non registra il tutto esaurito, al Linear Ciak del Corvetto restano vuote una trentina di poltroncine.

 

Il pubblico pagante non sembra quello militante che riempiva le piazze del Grillo politico. Non si vede una bandiera o una spilletta dei Cinque Stelle e per entrare tocca passare dal metal detector. Gianroberto Casaleggio si siede in ventesima fila, non proferisce parola: con il comico genovese si conobbero proprio dopo uno show, a Livorno, nel 2004. Il delfino designato Luigi Di Maio invece è con la fidanzata due file dietro ancora, si concede qualche selfie ma senza perdere l’aplomb: «Grillo resta garante, ma è vero che il movimento cammina sempre più con le proprie gambe», dice.

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Crociata contro le auto che inquinano e la finanza: “Abbiamo svenduto tutto”. Il nuovo spettacolo del comico nonché politico parte con la nostalgia e la malinconia. L’infanzia in un quartiere popolare di Genova, le prime canzoni e gli spettacoli. Poi la folgorazione ambientalista, pensando a «una nuova economia per riprogettare il mondo».

 

E dopo l’altra folgorazione ancora, per i computer che fino a poco tempo prima spaccava con la mazza durante gli spettacoli: “Incontrai questa persona, Casaleggio. Mi disse “apri un blog, costa 250 milioni”, io lì per lì salutai. Poi mi spiegò il concetto di feedback e cominciai a vedere che c’era qualcuno dall’altra parte, arrivavano i commenti uno dietro l’altro...».

 

La nuova crociata del comico (o politico?), in realtà un evergreen della sua carriera, è contro le automobili. Che inquinano, che rubano spazio, che sono pericolose, eppure «passiamo tre mesi l’anno della nostra vita a lavorare, pensare, leggere riguardo alle nostre macchine». Riconversione e riqualificazione delle città e dell’industria: «È venti anni che parlo di energia».

 

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E poi il lavoro: «È finito quello salariato, i robot sostituiscono gli umani. Cosa succederà adesso, avete qualche idea? Serve un reddito universale incondizionato. Chiunque nasce deve averlo». Qui riecco il politico, in versione più anticapitalista che mai: «Serve liberare le nostre vite dai mercati. Come si finanzia un reddito per tutti? In Corea e in Brasile già si fa...». Passaggi contro le banche, contro “le direttive che arrivano da lontano e che hanno sostituito i diritti”, contro la perdita di sovranità, contro “i fondi esteri che si comprano qualsiasi cosa in Italia, abbiamo svenduto qualsiasi cosa”.

 

Su Expo fa autocritica: «Pensavo fosse un casino, invece comincia a dare un po’ d’impulso». Sul M5S dice: «Come sono riuscito a fare questo movimento che forse è il primo movimento italiano? Io scherzavo!». E poi aggiunge: “Cominceremo una fase nuova, non sono andato via, sono tra voi, dobbiamo cambiarlo questo Paese».

 

La dicotomia di Grillo, quella di cui diceva di volersi liberare, alla fine sembra essere la miglior malattia possibile che potesse capitare a Grillo. Che può permettersi di fare il visionario e sferzare le storture della tecnologia senza dover per forza rendere conto del difficile fare politica, giorno per giorno, del suo movimento.

 

«È un’arca di Noè, costruita prima che cominciasse a piovere. E ancora oggi ci prendono per pazzi», chiosa il comico. La platea ride molto, ma a tratti le denunce di Grillo inquietano e cala il silenzio. È la dicotomia dello spettatore.

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2. TRA POLITICO E COMICO L’ALTALENA INFINITA CHE TORMENTA BEPPE

Sebastiano Messina per “la Repubblica”

 

Quando era un comico in crisi si trasformò in un politico, adesso che è un politico in crisi Beppe Grillo vorrebbe tornare a essere un comico, e dopo aver tramutato le risate in voti prova a fare il miracolo al contrario. Rivela di essere prigioniero «da cinque, sei, otto anni, di questo sdoppiamento della personalità, vivo un dualismo aberrante, sono diventato binario come un computer».

 

Grillo confessa sorridendo di sentirsi depresso, «solo che i depressi di solito vanno da un estraneo e lo pagano, io invece ho preferito far venire qualche migliaio di estranei da me, e farmi dare pure qualcosina». Vorrebbe scendere dal podio e risalire sul palcoscenico, il comico che volle farsi leader, ma anche se si somigliano, il teatro e la politica non sono vasi comunicanti, piani intercambiabili dove basta uno schioccar di dita a convertire i followers in spettatori paganti e i “mi piace” in applausi.

 

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Per lo spettacolo che ieri sera è stato battezzato in un teatro alla periferia di Milano il titolo giusto sarebbe stato “Beppe Grillo is back”, se lui non se lo fosse giocato per il tour del 2011, quando ancora la gente andava a vederlo perché faceva ridere. “Grillo vs. Grillo”, Beppe contro Beppe rende però alla perfezione il combattimento del comico diventato politico per lo sdoppiamento della sua identità e la separazione consensuale del comico dal politico.

 

Operazione diametralmente opposta a quella che gli riuscì magnificamente tre anni fa, quando il suo “Tsunami tour” riempiva le piazze di italiani che andavano a sentire il Grillo comico e tornavano a casa pronti a votare per il Grillo politico, uno spettacolare esempio di comunicazione politica che ebbe la sua apoteosi in piazza San Giovanni, dove lui contò 800 mila spettatori, il pubblico più numeroso (non pagante, purtroppo) che avesse mai avuto.

 

Poi però, quando l’anno dopo tentò di fare il bis con “Te la do io l’Europa”, il miracolo non si ripetè, e anzi il flop nelle urne fu anticipato da quello nei teatri (la prima nazionale, annunciata per settimane da maxiposter al PalaCatania (5000 posti), fu rapidissimamente dirottata al Metropolitan (1780 poltrone) quando arrivarono le prime cifre dello sbigliettamento).

 

Grillo, che non aveva ancora subìto il bruciante sorpasso di Renzi, coltivava il sogno di unire i due mestieri, e orgogliosamente chiedeva 30 euro per un “comizio a pagamento”, lui che aveva sdegnosamente rifiutato i milioni dello Stato.

DI MAIODI MAIO

 

E credeva davvero che gli elettori pentastellati non vedessero l’ora di trasformarsi in spettatori paganti, perciò il comico popolava i suoi racconti satirici con i personaggi favolistici che s’era inventato il politico - “Gargamella”, “l’ebetino di Firenze”, “Rigor Montis” e “il nano” - e sostituiva le battute con i grafici e le tabelle che documentavano inconfutabilmente “i successi dei nostri ragazzi”.

 

Ora, sarà stato per i 30 euro del biglietto, sarà stato perché non si rideva più come una volta, ma molte poltrone rimasero vuote, e a lui scapparono - involontariamente - battute rivelatrici. «Signori - disse nella tappa di Verona che bei ricordi che ho qui.

 

Quando facevo gli spettacoli dentro l’Arena, a pagamento, che meraviglia! ». Quelle due paroline, «a pagamento », devono essere rimbalzate a lungo nei suoi pensieri, se ora riprova a staccare biglietti, scrutando la platea per capire quella differenza che ancora oggi Berlusconi non ha capito: quella tra elettori votanti e spettatori paganti.

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Lo sforzo è palese, sin dal racconto dei suoi esordi, «quando rubavo le battute a Pippo Franco», cerca in sala «quelli del Pd, perché non ne posso piú di questi grillini» (scherza), ma gira e rigira torna sul reddito di cittadinanza e sull’aliquota Iva al 50 per cento. «Vi divertite?», domanda al pubblico, colto anche lui dal dubbio che non sia poi così facile, resuscitare il comico divorato dal politico.

 

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