GUBITOSI, CORE ’NGRATO - LA POLEMICA SUL CONFRONTO TV SQUARCIA IL VELO: IL DG DELLA RAI HA SCARICATO MONTI PER TENERSI BUONO IL VINCITOR BERSANI - SI SPIEGA COSI’ LA RESISTENZA DI GUBITOSI ALLE RICHIESTE DEL BOCCONIANO, PER NON PARLARE DELL’OSTILITA’ TOTALE DEL PDL DOPO IL “CASO SANREMO” - GUBITOSI PENSA A MANTENERE LA POLTRONA ANCHE COL FUTURO GOVERNO…

Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

«L'unica cosa inaccettabile è un confronto tv con una sedia vuota. Questo non si può fare». A sei giorni dal voto, Luigi Gubitosi sperimenta le pressioni dei partiti sulla Rai e cerca di regolarsi sugli equilibri politici del futuro. Futuro vicinissimo ormai: lunedì saranno noti i risultati delle elezioni. Viale Mazzini è sotto assedio. Monti chiede il match televisivo a tutti i costi, Berlusconi minaccia i vertici e pretende di fissare un appuntamento, Bersani rimane fermo: o tutti i candidati o nessuno.

Il direttore generale si difende "parandosi" a sinistra, l'area che ha più chance di aggiudicarsi la tornata elettorale. Dunque, a Monti, ossia al premier che lo ha nominato, e al Cavaliere risponde picche: la sedia vuota del segretario del Pd sarebbe forse uno spettacolo efficace per l'auditel, ma non per la democrazia. Senza contare che in gioco ci sono gli assetti della tv di Stato, messi alla prova del voto.

L'attacco di Paolo Bonaiuti non ha preso alla sprovvista il manager che da sette mesi guida la Rai. Berlusconi è fuori di sé contro i vertici dell'azienda pubblica. E non da ieri. Non ha digerito la conferma di Sanremo: «Mi avete tolto una settimana in una campagna elettorale che è già brevissima», è il messaggio inviato dall'ex premier a Gubitosi. «Adesso mi dovete concedere almeno il confronto televisivo. Chiamate i tre leader delle coalizioni, anche Monti, come ha stabilito la commissione di Vigilanza. E se Bersani rifiuta, peggio per lui». Ma può il dg della televisione di Stato mettersi contro il probabile premier? No, non può. Soprattutto se i segnali che arrivano dalla sinistra per il dopo-voto non sono affatto rassicuranti.

Bersani ricorda a tutti gli interlocutori che i poteri rafforzati concessi dal Partito democratico a Gubitosi e al presidente Anna Maria Tarantola si giustificavano grazie alla fonte di nomina: un governo tecnico sganciato dalla politica. «Ma se il capo di quel governo diventa un politico, il quadro cambia», ripete il candidato del centrosinistra. Niente di personale contro Gubitosi, ma anche lui, come Monti, non può più essere considerato superpartes.

Al Pd seguono con grande apprensione i movimenti sotterranei degli ultimi giorni che attraversano la Vigilanza parlamentare, i vertici Rai e il ministero di Corrado Passera. L'intenzione dello Sviluppo economico è varare il nuovo contratto di servizio durante l'interregno, vale a dire in queste ore. «Sarebbe una forzatura gravissima. Non c'è il Papa, non c'è un Parlamento, il presidente della Repubblica è in scadenza, il governo pure e l'unica cosa che si fa in Italia è il contratto di servizio? Passera e Gubitosi si fermino», avverte Matteo Orfini, responsabile informazione del Pd.

Il contratto regola la concessione dello Stato al servizio pubblico, ne delinea gli indirizzi, può regolare l'atteggiamento dell'azienda verso il mercato. Cambiarlo in corsa, senza un quadro politico definito, verrebbe considerato un "golpe" a Largo del Nazareno.

Tutto questo non significa che un Bersani al governo si prepari a cambiare i vertici della Rai in poche settimane. Semmai, l'obiettivo è mettere subito in cantiere, accanto al conflitto d'interessi, la riforma della governance.

È la chiave che consentirebbe di rivoluzionare sia il cda sia il management. Con tempi lunghi (l'iter legislativo finirebbe in autunno, forse anche più in là), ma con la certezza di poter orientare la Rai senza la brutta figura di nuove lottizzazioni. Nella legge che ha in testa Bersani un dato su tutti gli altri è certo: niente privatizzazione.

I movimenti e le mosse di Gubitosi sono analizzati nel dettaglio a Palazzo Grazioli, quartiere generale del Pdl. Dopo anni del dominio assoluto a Viale Mazzini, sfociati nell'odiosa pratica di Raiset, con palinsesti decisi a metà strada tra Roma e Cologno Monzese, Berlusconi non si rassegna a mollare la presa sulla tv di Stato. La minaccia di ieri è quindi il riflesso di una sconfitta annunciata, unito alla corsa affannosa dell'ultimo miglio. «Berlusconi ha poco da lamentarsi in questa campagna - dice Gubitosi - . Basta vedere i dati dell'Osservatorio di Pavia».

E Monti non può pretendere uno sgarbo al Pd. L'impressione, al settimo piano, è che né Bersani né Berlusconi si strapperanno i capelli per un confronto che non si farà mai, non ci saranno conseguenze immediate per l'azienda. Mercoledì è fissato un consiglio di amministrazione per la nomina dei vicedirettori di rete, che il dg conferma. Ma da lunedì il tema diventa chi comanda in Rai, qualcosa di più grande di una vicedirezione.

 

LUIGI GUBITOSI DORMIENTE pier luigi bersani SILVIO BERLUSCONI L ARRIVO DI PAOLO BONAIUTI Tarantola AnnaMaria

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