LA GUERRA IN COREA? È UN AFFARE TUTTO CINESE (IL RICATTO DI ATOMIC KIM HA PAGATO)

Enzo Bettiza per "La Stampa"

L' ultima minaccia lanciata ieri sera agli Stati Uniti dalla Corea del Nord apre uno scenario imprevedibile. E dopo il test atomico, esploso con successo a febbraio dai guerrafondai di Pyongyang, il 38° parallelo è diventato più incandescente che mai. La Corea del Nord, che il parallelo separa dalla Corea del Sud, sembra aver deciso di dichiarare una guerra a risvolto nucleare non solo contro i fratelli nemici meridionali, ma proprio anche contro l'America che li arma e li protegge.

Lo stravagante dittatore nordcoreano, il terzo Kim della monarchia comunista di Pyongyang, una specie di zombie in giubba maoista emerso dai bassifondi della guerra fredda, avrebbe dato addirittura ai soldati l'ordine di «non sparare il primo colpo» contro le forze sudcoreane e americane dispiegate lungo la frontiera.

Una frontiera, a prima vista, pronta all'esplosione. Su di essa preme infatti dal Nord uno dei più grandi eserciti del mondo, mentre centinaia di migliaia di militari si allineano, rafforzati da aerei e navi americane, lungo una striscia larga quattro e lunga 243 chilometri, che dal mar Giallo al mar del Giappone divide la penisola.

L'ultimo colpo è stato tirato dai generali settentrionali che ieri hanno impedito ai dipendenti sudcoreani l'ingresso alla zona industriale mista di Kaesong, a ridosso del confine rovente, dove lavorano centinaia di operai del Sud e ben 53mila operai del Nord. Tale zona era fra l'altro un simbolo indirizzato ad una possibile riunificazione del Paese, squartato in due da una guerra di oltre mezzo secolo fa, che non è mai riuscita a trovare una pace vera e definitiva.

Pyongyang ha fatto sapere che «se il gruppo di traditori di Seul continuerà a parlare della zona di Kaesong come di un fatto contrario alla nostra dignità, allora il distretto verrà irreparabilmente smantellato e chiuso».

Anche qui, una delle tante contraddizioni dell'imprevedibile regime comandato oggi da un dittatore, neppure trentenne, che sta alzando la voce per rafforzare agli occhi dei propri sudditi e generali un prestigio personale non sufficientemente consolidato: basterà dire che dalle attività e dai salari di Kaesong fluiscono ogni anno nelle casse nordcoreane milioni e milioni di dollari. Si tratta con ogni evidenza di salari quasi confiscati dal regime.

La preoccupazione per un simile comportamento provocatorio sta suscitando reazioni in ogni parte del mondo. La Russia si dice preoccupata. «Non ci tranquillizza affatto una situazione così esplosiva nelle immediate vicinanze dei nostri confini in Estremo Oriente», ha detto il viceministro degli esteri Mogulov.

Intanto il ministro della Difesa sudcoreano ha annunciato un piano speciale, che prevede un possibile ricorso alla forza per garantire la sicurezza e l'attività nel complesso industriale. La Francia addirittura non esclude che un tiranno inesperto e imprevedibile come Kim Jong-un possa ricorrere all'utilizzo di armi nucleari contro Seul.

Il ministro degli Esteri Laurent Fabius, che si prepara a raggiungere Pechino, ha già fatto sapere che Parigi ha richiesto una riunione d'emergenza del ristretto Consiglio di Sicurezza dove la Cina conta quanto l'America. Appare chiaro che gli occidentali intendono premere, soprattutto sulla Cina, come su una forza autorevole e moderatrice nei confronti della Corea settentrionale.

In una situazione così tesa, così confusa, dai rischi così incalcolabili, molti temono che l'errore umano o un banale disguido tecnico possa scatenare un'improvvisa catastrofe. Anche il segretario di Stato americano John Kerry, definendo gli atteggiamenti di Kim Jong-un «pericolosi e irresponsabili», ha lasciato intendere di contare su Pechino per il raffreddamento delle acque.

La Cina, in effetti, è l'unico alleato di peso della Corea del Nord. Ma si tratta di un'alleanza che il comportamento di Pyongyang sta mettendo a dura prova: sui siti Internet cinesi la maggior parte dei commenti all'attuale tensione restano estremamente critici, mentre il confine tra Cina e Corea settentrionale è stato rafforzato da un ulteriore spiegamento militare. Si direbbe che Pechino non escluda la possibilità di un brusco crollo del regime nordcoreano e che tema, quindi, il pericolo di un'alluvione di profughi indesiderati.

La cosa più sconcertante del quadro ci rivela l'incredibile impatto e la forza di ricatto di cui sembra disporre un regime fra i più militarizzati e, nello stesso tempo, più poveri del mondo. Carestie omicide hanno falcidiato almeno 3 milioni di persone negli ultimi anni. Ma il regime monarchico-comunista, fondato da Kim Il Sung, nonno di Kim Jong-un, appare nonostante tutto ancora solido e immutabile. Le varie organizzazioni umanitarie, gli aiuti inviati a quelle disagiate popolazioni dalle istituzioni comunitarie d'Europa, finiscono quasi sempre nelle mani dei generali, preoccupati soprattutto della sussistenza alimentare delle loro truppe.

Il ricatto finora ha pagato. E' col ricatto atomico che Pyongyang è riuscita, paradossalmente, nonostante il livello di miseria in cui versa la società schiavizzata, a mantenere in piedi un esercito gigantesco, a promuovere il rafforzamento delle strutture nucleari e a tessere, di fatto, una strategia da guerra fredda nei confronti del «grande nemico di Seul» protetto dagli Stati Uniti.

La perfezione dell'isolamento, con cui la dinastia dei Kim ha trasformato il Nord in una caserma sorda, disinformata, priva di contatti con l'esterno, ha conferito a quel sinistro regime una forza di resistenza e una durata pressoché inverosimili.

Non a caso uno dei Paesi con cui, tramite la complicità nucleare, la Corea dei Kim intrattiene ottimi rapporti è proprio l'Iran, che investe gran parte del suo Pil nella ricerca atomica.

La sacralizzazione della tirannide totalitaria dà oramai al regime di Pyongyang una fisionomia truce e senza precedenti di paragone nel mondo contemporaneo. Le sanzioni decretate dall'Onu sono servite a ben poco. Semmai, hanno contribuito a rendere ancora più profonda la povertà di una popolazione già stremata e immiserita da un regime stalinisticamente ispirato a un comunismo di guerra.

 

KIM JONG UN KIM JONG UN A CAVALLO IL POTENZIALE BELLICO DELLA COREA DEL NORD IL BOMBARDIERE STEALTH AMERICANO SORVOLA LA COREA ESERCITO COREA DEL NORD KIM JONG UN E I MISSILI COREANI

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