trump putin hillary clinton

HILLARY CLINTON HA CAPITO CHE L’ASSE PUTIN-TRUMP PUO’ COSTARLE LA CASA BIANCA E AFFONDA IL COLPO: “SONO STATI I SERVIZI DI MOSCA, SOTTO IL CONTROLLO DI PUTIN, AD AVER HACKERATO I SISTEMI INFORMATICI DEL PARTITO DEMOCRATICO. CI SONO GRAVI QUESTIONI LEGATE ALLE INTERFERENZE RUSSE NELLE ELEZIONI E NELLA NOSTRA DEMOCRAZIA”

donald trump  donald trump

1 - HILLARY ACCUSA I SERVIZI DI MOSCA “RESPONSABILI DEI CYBERATTACCHI PERICOLOSO IL SOSTEGNO DI TRUMP”

Arturo Zampaglione per “la Repubblica”

 

Hillary Clinton esce allo scoperto sulla spy- story che infiamma la politica elettorale americana e, senza remore, punta il dito sugli 007 russi. «Sappiamo — dice l’ex segretario di Stato candidata alle presidenziali in una intervista domenicale alla Fox — che sono stati i servizi di intelligence di Mosca, alle dipendenze del governo e sotto il diretto controllo da Vladimir Putin, ad aver hackerato i sistemi informatici del partito democratico. Sappiamo che sono loro ad aver disseminato migliaia di mail riservate (attraverso WikiLeaks, ndr) e sappiamo anche che Donald Trump mostra un’inquietante propensione ad appoggiare Putin».

putin sulla copertina di timeputin sulla copertina di time

 

L’accusa è molto precisa. La Clinton non si espone sull’ipotesi, condivisa da molti osservatori, che Putin stia cercando di favorire la vittoria di Trump a novembre; parla invece di «gravi questioni legate all’interferenza russa nelle elezioni americane e nella nostra democrazia: un atteggiamento che gli Stati Uniti non possono tollerare, tanto meno da un paese ostile». Poi attacca frontalmente il suo avversario: «Le parole di incoraggiamento e apprezzamento di Trump nei confronti di Putin sollevano questioni di sicurezza nazionale».

 

donald  trump faccedonald trump facce

Nelle ultime settimane ci sono stati tre cyberattacchi ai danni dei democratici: tutti con lo stesso obiettivo — acquisire mail, messaggi vocali e documenti compromettenti — e con la stessa matrice riconducibile a Mosca, secondo quanto assicurano gli esperti informatici. Julian Assange, fondatore di WikiLeaks e nemico di Hillary, minaccia di pubblicare altri documenti esplosivi frutto dell’hackeraggio: e magari lo farà a ottobre, puntando all’effetto sorpresa proprio alla vigilia del voto.

 

Finora la Casa Bianca non ha denunciato apertamente il ruolo dei pirati informatici di Mosca, in parte per non scoprire le sue fonti. D’altra parte la vicenda è molto delicata, come sottolinea il direttore della Cia John Brennan: mentre spiare gli uni sugli altri è considerato fair game, cioè accettabile, rendere pubblici i dati rubati per influenzare le elezioni è ben altra cosa.

 

magliette con il volto di putinmagliette con il volto di putin

C’è anche il rischio che gli hackers possano penetrare nei computer elettorali per modificarne i risultati la sera del voto. Di qui l’ipotesi di una ritorsione, sotto forma di un contro-cyberattacco americano ai danni di Mosca. Una mossa impegnativa, questa, e molto rischiosa, che i collaboratori di Obama stanno valutando tenendo conto delle possibili ripercussioni in altri campi di cooperazione russo-americana, a cominciare dalla Siria.

 

Intanto il tycoon newyorchese continua a elogiare il leader del Cremlino, parla di “obsolescenza” della Nato, non esclude di riconoscere l’annessione russo della Crimea e non è pronto a difendere gli Stati baltici, che sono membri della Nato, da un eventuale attacco di Mosca. Tutto questo piace a Putin, trasformandolo in un protagonista dietro alle quinte delle presidenziali. Ma fa anche inorridire l’establishment del partito repubblicano.

hillary clinton hillary clinton

 

2 - L’ERA DELLE SPIE DA TASTIERA LA NUOVA “GUERRA FREDDA” PER ELEGGERE IL PRESIDENTE USA

Vittorio Zucconi per “la Repubblica”

 

Dal mondo immaginario degli 007 alla nuova realtà degli 0 e 1 — il linguaggio binario dei computer — la guerra di spie perde ogni glamour, ripone le armi e i Martini, rinuncia ai vecchi arnesi del sesso, dei soldi, dell’ideologia, ma avvelena la democrazia americana più del polonio radioattivo nel tè o del cianuro sul puntale degli ombrelli. Nel silenzio sincopato soltanto dal ticchettio delle tastiere, la guerra arriva dove mai prima d’ora aveva sognato di arrivare: a manipolare e pilotare a distanza le elezioni nella più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti. A fare quello che neppure il vecchio, e mai morto, Kgb del colonnello Putin aveva mai sognato: eleggere un presidente americano.

bill e hillary clinton bill e hillary clinton

 

L’accusa che ora Hillary Clinton e il campo democratico lanciano ai russi, senza ancora esplicitamente fare il nome di Vladimir Putin, non ha riscontri nel passato delle Mata Hari, dei Sorge, dei le Carrè, dei Fleming, dove l’elemento umano, il coraggio, le debolezze, i classici del sesso, soldi e ideologia, erano sempre il perno di ogni operazione.

 

Nella penetrazione dei “server” dei computer usati dalla direzione del Partito Democratico americano, dal Comitato che raccoglie finanziamenti e organizza strategie elettorali per Hillary e sciaguratamente da lei stessa per la corrispondenza elettronica privata e di lavoro, c’è soltanto il lavorìo silenzioso di codici alfanumerici, di “vermi”, di “malware”, che si muovono come tarli nel mobilio altrui.

 

BARACK OBAMA john brennanBARACK OBAMA john brennan

Naturalmente, la storia dei tentativi d’interferenza e di manipolazione dall’esterno della vita di civili e delle istituzioni di Paesi alleati o nemici non è cominciata il maggio scorso, quando una presunta talpa solitaria, che usa lo pseudonimo di Guccifer 2.0, rivendicò la massiccia incursione nei server dei Democratici.

 

Le indagini, prima condotte da due aziende private di sicurezza informatica arruolate dal Team Clinton e ora dallo Fbi e dal Pentagono, ne individuarono due, e non talpe, ma orsi, con i nickname di “Cozy Bear” e di “Fancy Bear”, “l’orsetto coccolino” e “l’orsetto capriccioso”. Poiché ogni hacker ha un proprio modo di comporre i codici per scassinare le casseforti altrui, e lascia, come un ladro, le proprie impronte cibernetiche, il controspionaggio non ha più dubbi sul Dna russo dell’Operazione Clinton. E sulla loro affiliazione con il Gru, acronimo di Glavnoye Razvedyvatel’noye Upravleniye, lo spionaggio militare russo rimasto sostanzialmente intatto dopo la fine dell’Unione Sovietica.

HACKER 2HACKER 2

 

La lunga, e spesso visibilissima mano delle potenze straniere nella vita politica altrui aveva avuto, soltanto nel XX Secolo celebri precedenti, nella maliarda Mata Hari, nel trasporto segreto di Lenin verso la Russia zarista alla deriva, nei finanziamenti a partiti, sindacati, organizzazioni, pubblicazioni, personalità amiche che i due massimi partecipanti al Grande Gioco, la Cia e il Kgb, di Putin distribuivano generosamente.

 

La presenza di danaro, aiuti, consigli, assistenza nella rivoluzione Polacca di Walesa e poi nel rivolgimenti ucraini anti russi sono stati i casi recenti più celebri ed efficaci. Nel Grande Gioco dello spionaggio barano tutti.

 

HACKER 1HACKER 1

Ma la spudoratezza dell’intervento indiretto, sotto pseudonimi di “Orsi” e con l’uso di Assange e di Wikileaks per favorire un candidato alla Casa Bianca danneggiando l’avversario è un first, un inedito, che l’incoraggiamento di Trump ha reso stupefacente e scandaloso. E ha fatto venire alla luce i precedenti di una relazione a distanza, una bromance come si dice nello slang del momento, un rapporto affettuoso ma non sessuale fra due uomini, fra Trump e l’oligarchia putiniana. Banche russe sono state finanziatrici delle sue speculazioni, dopo che la banche americane e anche la sua amata Deutsche Bank, bruciate da quattro fallimenti, si erano ritirate.

 

fbi chiede ad apple di hackerare se stessafbi chiede ad apple di hackerare se stessa

Venti milioni di dollari erano stati pagati per portare a Mosca l’edizione 2013 di Miss Universo, della quale Trump è proprietario, quattro milioni dei quali pare finiti direttamente nella tasche dell’ex colonnello keghebista.

 

Trump, che prima ha negato di avere conosciuto Putin poi ha ammesso di avergli parlato al telefono ricevendo grandi complimenti, da anni preme per costruire un grattacielo dei pressi della Piazza Rossa con il proprio nome a lettere d’oro. Il suo braccio destro, Paul Manafort, ha ricevuto milioni da Mosca per organizzare la vittoria elettorale di Viktor Yanukovich, poi cacciato da sommosse popolari finanziate a loro volta da servizi dell’Ovest, e almeno altri due collaboratori di Donald siedono in consigli, direzioni, manifestazioni accanto a oligarchi putiniani e uomini della onnipotente Gazprom.

hillary guantanamohillary guantanamo

 

La “Russia Connection” di Trump è ben visibile e manifestata in programmi politici — dall’abbandono della Nato all’indifferenza per la riannessione di parti dell’Ucraina — quanto lo è l’ostilità di Hillary per l’ultimo Zar, che lei tentò di denunciare come vincitore di elezioni fasulle nel 2011, quando era segretaria di Stato. Un conto aperto che ora gli “Orsi” cercano di saldare.

 

Ma di fronte a questa irruzione nel campo elettorale americano, all’ansia che i clintoniani provano al pensiero delle decine di migliaia di file che potrebbero riversarsi come la bollente sulla campagna elettorale Usa in qualsiasi momento via Assange, non c’è nulla che Obama, il Partito o il controspionaggio cibernetico possano fare. Possono sperare che l’incauta signora non abbia lasciato nei suoi account troppo tracce di imbarazzanti relazioni finanziarie sue e del marito Bill con nazione arabe, come il regno Saudita e poi, in mancanza d’altro, ricorrere al grido dei politici disperati: al “fango”.

bill clinton hillary e donald trumpbill clinton hillary e donald trump

 

Le “sporche guerre” dello spionaggio sono sporche perché nessuno dei combattenti è mai davvero pulito. E Trump, colui che promette di rifare grande l’America potrebbe essere il primo Presidente piccolo piccolo eletto con l’appoggio dei Russi. Non il “Manchurian Candidate” telepilotato dei romanzi di fantapolitica, ma il “Siberian Candidate”, eletto dagli orsi di Putin.

 

3 - IN AMERICA NON HANNO MESSO LE PASSWORD?

Fabrizio Dragosei per il “Corriere della Sera”

 

Che hacker russi abbiano la capacità di mettere le mani su documenti riservati presenti in vari server americani nessuno ha dubbi: l' hanno fatto in passato, in Estonia nel 2007 e in Germania nel 2015, tanto per citare i casi più recenti. «Un coinvolgimento russo è possibile e anche plausibile», sostiene lo studioso di affari internazionali Vladimir Frolov. Anche se gli uomini di Vladimir Putin hanno negato ogni cosa e il suo consigliere per l' internet German Klimenko se l' è cavata con una battuta: «Forse qualcuno in America aveva semplicemente dimenticato di mettere una password per l' accesso».

 

TRUMP HILLARYTRUMP HILLARY

I tecnici del settore come Andrej Mosolovich dicono che gli hacker non sono ufficialmente legati ai servizi segreti ma «lavorano per loro nell'ombra». E prima di partire con i loro attacchi «preparano una leggenda per far sì che i sospetti ricadano su altri Paesi». Tutto dunque per favorire il candidato Trump, come sostengono i democratici? A Mosca si pensa che la cosa sia un pochino più complicata. «E' il vecchio gioco sovietico: un punto in meno per loro è un punto in più per noi», spiega l' analista politico Dmitrij Oreshkin. «Non si punta necessariamente a favorire un candidato, quanto piuttosto a creare caos e imbarazzo nel campo avverso».

 

hillaryhillary

D'altra parte, le azioni di Wikileaks e di Julian Assange hanno sempre avuto questo scopo. E Assange ha legami diretti con il Cremlino, tanto che ha avuto anche un suo show sulla tv per la propaganda di Stato RT. Anche Frolov sembra concordare con questa tesi: «I democratici sono un obiettivo secondario», dice.

 

«Anche se la Russia non riusciva a trovare qualcosa per colpire direttamente la Clinton, hanno visto una buona arma e l'hanno usata al momento opportuno». Con il successo di Trump, «è stata individuata una finestra di opportunità, anche se poi l'establishment a Mosca ha sentimenti di apprensione per la sua inesperienza e la sua imprevedibilità».

 

assangeassange

Trump, dunque, candidato del Cremlino? A questa ipotesi si dà poco credito. Tra l' altro, i legami dell'immobiliarista e dei suoi collaboratori con la Russia sono in realtà poca cosa. E' vero che il suo collaboratore Paul Manafort fece da assistente al presidente filorusso dell' Ucraina, «ma Mosca lo vedeva come uno strumento di ingerenza americana e fece pressioni su Yanukovich perché se ne liberasse».

assange in the riskassange in the risk

 

Maria Lipman, analista politica indipendente, arriva a teorizzare che il tutto sia addirittura frutto di una «montatura» americana. «È lo specchio dell' abitudine del Cremlino di addossare a una fonte esterna i propri problemi». E Vasilij Gatov, esperto di media aggiunge: «Qui si incolpa Obama di tutto e i giornali americani hanno deciso di addossare a Putin l'ascesa di Trump».

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