emmanuel macron christian jacob

“NON ABBIAMO INTENZIONE DI DIVENTARE LA RUOTA DI SCORTA DI MACRON” – IL PRESIDENTE DEI “REPUBLICAINS”, CRISTIAN JACOB, GELA IL TOYBOY DELL’ELISEO: MA FA SUL SERIO O QUELLA DEI GOLLISTI È SOLO UNA STRATEGIA PER ALZARE IL PREZZO DELLA TRATTATIVA? DI SICURO “MOUNSIER ARROGANCE” È NEI GUAI – L’ANALISI DEL VOTO LEGISLATIVO: I VINCITORI SONO LE PEN, MELENCHON E SOPRATTUTTO L’ASTENSIONE…

1 - FRANCIA:RÉPUBLICAINS, NON SAREMO RUOTA DI SCORTA DI MACRON

CHRISTIAN JACOB

(ANSA) - Il presidente dei Républicains (LR), Christian Jacob, rifiuta ogni ipotesi di patto di governo con la maggioranza di Emmanuel Macron, assicurando che i repubblicani non saranno la "ruota di scorta" della maggioranza.

 

"Che Macron metta delle proposte sul tavolo"; ha continuato Jacob ai microfoni di radio France Inter, poco prima delle consultazioni con il presidente all'Eliseo. Ha poi ricordato la posizione di LR: "Siamo nell'opposizione e "ci restiamo". "Non abbiamo intenzione di diventare la stampella o la ruota di scorta" della maggioranza. "La risposta - ha puntualizzato - non sarà negli intrallazzi o negli inciuci"

 

MEME SULLA SCONFITTA ELETTORALE DI MACRON

Dopo le elezioni legislative di domenica, Macron si ritrova senza una maggioranza assoluta all'Assemblea Nazionale, un fatto raro nel sistema semi-presidenziale alla francese - la cosiddetta Quinta Repubblica - dove la cultura dei compromessi con altre forze politiche in parlamento è meno sviluppata rispetto a democrazie parlamentari come I'talia o la Germania, fatta eccezione per i periodi di cosiddetta 'coabitazione'.

 

emmanuel macron ballottaggio elezioni legislative

In questo passaggio complesso per la maggioranza presidenziale, Macron sta conducendo in queste ore "consultazioni politiche necessarie (...) per identificare possibili soluzioni costruttive al servizio dei francesi", ha riferito l'Eliseo. Intanto, la premier Borne, le cui dimissioni sono state respinte questa mattina dal presidente, riunirà l'insieme del governo a Parigi a inizio pomeriggio.

 

2 - PATTO COI GOLLISTI O CACCIA AI VOTI IL BIVIO (DA INCUBO) DI MACRON

Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”

 

marine le pen ballottaggio elezioni legislative

[…] Macron perde la maggioranza assoluta all'Assemblea nazionale, Jean-Luc Mélenchon è forte ma non abbastanza per ambire alla nomina a primo ministro, Marine Le Pen è protagonista di un exploit mai visto - da 8 a 89 deputati - ma lontanissima dalla soglia dei 289 seggi che servono per governare.

 

Così i francesi riscoprono le delizie delle manovre parlamentari. Un mondo che hanno ben conosciuto durante la IV Repubblica (1946-1958), ma che il generale De Gaulle aveva fatto dimenticare traghettandoli nella V Repubblica dello strapotere esecutivo.

jean luc melenchon ballottaggio elezioni legislative

 

Cercare una maggioranza in Parlamento a elezioni fatte, con una nuova alleanza o caso per caso, a seconda dei provvedimenti, un po' come viene: una pratica appartenente al passato, oppure legata alla politica italiana, che qui in Francia appare affascinante, esotica e incomprensibile.

 

Eppure è a questo che sono chiamati gli attoniti politici francesi, con un capovolgimento assoluto dello scenario del primo mandato Macron.

 

[…]

 

poster di emmanuel macron

Lo scenario apparentemente più semplice sarebbe stringere un patto di governo con la destra gollista dei Républicains, che nonostante il pessimo risultato alle presidenziali della loro candidata Valérie Pécresse e l'avanzata dei lepenisti, hanno conquistato 64 seggi molto preziosi.

 

Una delle figure storiche del partito di Nicolas Sarkozy, Jean-François Copé, lo ha suggerito a urne appena chiuse: «Un patto di governo tra Macron e noi Républicains è vitale per lottare contro l'avanzata degli estremismi, che incarnano violenza e settarismo».

Ma ieri il segretario Christian Jacob, dopo una riunione con gli altri dirigenti, ha frenato, anzi inchiodato: «Ci siamo presentati alle urne come un partito di opposizione, e resteremo all'opposizione».

 

Forse una manovra tattica per alzare il prezzo della collaborazione di cui Macron ha disperatamente bisogno; o forse una scelta strategica per rivitalizzare il partito e allontanarlo una volta per tutte dall'orbita del presidente.

mario draghi olaf scholz emmanuel macron 2

 

Maggioranze variabili

È la strada più lontana dalla tradizione della V Repubblica, che ha finito per sacrificare la rappresentatività democratica sull'altare del bene supremo, la governabilità. Ma oggi la Francia è entrata in un altro mondo dove l'Assemblea nazionale torna centrale e un ruolo decisivo potrebbe toccare al ministro per i Rapporti con il Parlamento, l'ex ministro della Sanità Olivier Veran, il quale potrebbe cercare i 44 voti mancanti una volta presso i socialisti e gli ecologisti - che ieri hanno rifiutato la proposta di Mélenchon di costituire un gruppo unico - e un'altra presso la destra.

emmanuel macron ballottaggio elezioni legislative

 

Dissoluzione

Possibile in teoria (anche se per alcuni costituzionalisti bisognerebbe aspettare un anno), quasi impraticabile nella realtà: se Macron decidesse di sciogliere un Parlamento appena eletto perché non gli piace, le accuse di attentato anti-democratico sono già pronte a partire.

 

3 - L'ASTENSIONE DIETRO IL TRIONFO DI LE PEN MA MÉLENCHON RUBA I VOTI ALLA DESTRA

Estratto dell’articolo di Giovanni Diamanti per “il Messaggero”

Marine Le Pen Jordan Bardella

 

[…] La grande vincitrice è sicuramente Marine Le Pen, che ottiene un risultato storico e inatteso, dopo la sconfitta alle Presidenziali che sembrava annunciare segnali di tramonto della sua leadership: i seggi del Rassemblement National, erede del Front National, sono più che decuplicati, i suoi deputati passano da 8 a 89, un record storico per l'estrema destra francese, da sempre penalizzata dal sistema elettorale. In quest' occasione, invece, l'astensione ha giocato a favore di Marine Le Pen: il Rassemblement ha mobilitato al meglio i suoi elettori, trovando di fronte a sé, per la prima volta, delle crepe nel muro dello sbarramento repubblicano, il fronte democratico che, dall'estrema sinistra fino alla destra gollista, si era sempre riunito nei ballottaggi per impedire l'elezione dei candidati lepenisti.

brigitte emmanuel macron ballottaggio elezioni legislative

 

LA SINISTRA

Sull'altro fronte, Mélénchon festeggia l'avanzata della coalizione di centrosinistra, la Nupes, che con 142 seggi e quasi il 32% dei voti acquisisce un grande peso parlamentare e torna, dopo anni, ad avere un ruolo centrale nella politica francese.

A rafforzare il risultato del centrosinistra ci sono, a sorpresa, anche elettori del Rassemblement: nei ballottaggi tra Nupes e Ensemble!, secondo Ipsos, il 30% degli elettori dell'estrema destra ha scelto la coalizione di sinistra, contro un 18% che ha dato fiducia ai candidati macronisti, mentre il 52% è rimasto a casa.

 

Jordan Bardella e Marine Le Pen

La strada dell'unità del centrosinistra è stata premiata dagli elettori: i primi obiettivi erano ottenere una crescita nei numeri parlamentari e impedire a Macron di ottenere la maggioranza, ma non c'è stato il trionfo in cui alcuni speravano. Il leader della France Insoumise non sarà, quindi, primo ministro, ma ha il merito di aver riunito una coalizione estremamente divisa e conflittuale, con i principali partiti che hanno motivo di essere soddisfatti: Mélénchon conferma la propria leadership, i socialisti possono mantenere il proprio gruppo parlamentare, i Verdi dovrebbero formare il più grande gruppo della loro storia. Il risultato del Rassemblement National ha rovinato i festeggiamenti della gauche, ma non ne cancella l'esito politico: la sinistra unita può tornare a giocare un ruolo nella politica francese.

volodymyr zelensky emmanuel macron 2

 

[…] Come spesso accade, però, il vero vincitore delle elezioni è il cosiddetto partito dell'astensione. Più di un francese su due non ha votato, l'affluenza ha toccato il 47,5%. Una ricerca Ipsos evidenzia il traino dei più anziani sul numero dei votanti: tra gli elettori oltre i 70 anni, due su tre sono andati a votare, il 66%; così come ha votato il 58% degli elettori tra i 60 e i 69 anni. Il dato più preoccupante riguarda i giovani: il 71% dei giovani tra i 18 e i 24 anni si è rifugiato nell'astensione, orientamento confermato, anche se con numeri leggermente meno radicali, dagli elettori tra i 25 e i 35 anni, tra i quali ha votato poco più di un elettore su tre, il 34%.

jean luc melenchon comizio ballottaggio elezioni legislative

 

L'affluenza cala al diminuire dell'età: un segnale preoccupante di sfiducia verso la politica francese. Affluenza in calo, crescita della destra, parlamento senza maggioranza con grandi rischi di ingovernabilità: sembra un'elezione italiana. Al contrario, parliamo della Francia di Macron, che avrà di fronte a sé sfide sempre più difficili. La prima sarà trovare una maggioranza parlamentare.

volodymyr zelensky emmanuel macron 1jean luc melenchon dopo il voto per le elezioni legislativejean luc melenchon emmanuel macron

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?