I TRUCCHI DEI CRUCCHI - COME I SURPLUS NELLE ESPORTAZIONI TEDESCHE AFFOSSANO LE ALTRE ECONOMIE (TRA CUI QUELLA ITALIANA)

L'EUROPA PROCESSA LA GERMANIA: SURPLUS COMMERCIALE TROPPO ALTO
Ivo Caizzi per "Il Corriere della Sera"

La Commissione europea ha aperto una indagine sulla Germania per gli squilibri macroeconomici provocati dagli eccessivi surplus delle esportazioni. Esaminando 16 Paesi membri, ha rilanciato anche molte criticità dell'Italia, tra cui l'alto debito pubblico, l'impoverimento di ampie fasce della popolazione, la minore competitività dell'export, l'aumento della disoccupazione e l'alta tassazione sul lavoro.

Specifiche valutazioni di Bruxelles sulla legge di bilancio italiana sono attese per domani. Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, che da oggi partecipa alla due giorni dell'Eurogruppo/Ecofin a Bruxelles, ha anticipato l'arrivo per incontrare il vicepresidente della Commissione, il finlandese Olli Rehn, preoccupato per l'eccesso di emendamenti alla legge di Stabilità, rassicurandolo sul rispetto dei saldi previsti.

Il presidente della Commissione europea, il portoghese Josè Manuel Barroso, e Rehn hanno cercato di attenuare la clamorosa rilevanza politica del richiamo alla Germania, che è in linea con recenti critiche arrivate dall'interno dell'Ue e dagli Stati Uniti. Dal 2007 l'export tedesco ha un avanzo delle partite correnti del 6% rispetto al Pil.

Nel settembre scorso è diventato il primo al mondo superando quello della Cina. A Bruxelles e a Washington molti ritengono che questo squilibrio macroeconomico della Germania vada corretto ridimensionando il peso dell'export nell'economia nazionale e aumentando i consumi dei tedeschi. Secondo il Tesoro Usa, l'eccessivo surplus determina «una propensione alla deflazione nell'eurozona e nell'economia globale».

«Un elevato surplus non significa necessariamente che c'è uno squilibrio - ha prudentemente precisato Barroso -. Dobbiamo esaminare bene la questione e capire se l'elevato avanzo tedesco danneggi il funzionamento dell'economia europea». Significativo appare anche il richiamo della Commissione sulla necessità di «ulteriori misure» per consolidare il sistema bancario tedesco, nonostante gli enormi aiuti di Stato finora impiegati. Il risultato della verifica di Bruxelles è atteso il prossimo anno.

Da un punto di vista politico chiarirà la disponibilità di Berlino a tenere conto di richiami Ue in genere usati per fare pressione sui Paesi del Sud e per tutelare lo sviluppo dell'economia tedesca. Al momento la Germania sostiene di aver già notevolmente ridotto il suo surplus con la zona euro. Gli squilibri macroeconomici contestati dalla Commissione all'Italia restano sostanzialmente gli stessi delle ultime valutazioni.

L'alto debito pubblico continua a salire. Gli ultimi due governi italiani hanno seguito le raccomandazioni di Bruxelles, che si sono però rivelate recessive. L'indebitamento «rimane una significativa fragilità per il Paese, date anche le prospettive di crescita debole». Viene considerato «cruciale» mantenere un buon avanzo primario. La Commissione ammette con preoccupazione che in Italia «la povertà e l'esclusione sociale, in particolare l'indigenza materiale estrema, hanno registrato un forte incremento».

La disoccupazione si è aggravata oltre il 12% nell'agosto scorso (dall'11% del 2012) con livelli ancora più allarmanti tra i giovani. L'andamento delle esportazioni è peggiore «rispetto alle altre economie avanzate». La Commissione invita all'attenzione sulla riduzione della tassazione sugli immobili non accompagnata dall'aggiornamento dei valori catastali. Barroso ha aggiunto i rischi da «instabilità politica».

BERLINO IN COLLERA: "NOI TROPPO BRAVI, UE INCOMPRENSIBILE"
Paolo Lepri per "Il Corriere della Sera"

Una Germania «in collera» ascolta i rimproveri europei. Josè Manuel Barroso e Olli Rehn si affannano a spiegare che la decisione della Commissione di mettere sotto osservazione, dalla stazione di Bruxelles, la locomotiva tedesca, non deve essere interpretata «politicamente». Sarà così, forse, ma è anche vero che quando il maestro viene allontanato dalla cattedra, sia pure provvisoriamente, niente può essere più come prima.

L'impressione è che i tedeschi si fossero abituati da tempo a pensare che le regole potessero non essere uguali per tutti. Anzi, in un documento preparato dai collaboratori del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble - convinto già per conto suo che le preoccupazioni sullo squilibrio commerciale tedesco fossero «incomprensibili» - si sosteneva che il governo Merkel andava elogiato, e non biasimato, per aver fatto camminare con le sue esportazioni le economie della zona euro. L'osservazione principale degli esperti del fortino di Wilhelmstrasse, come ricorda «Der Spiegel», riguarda il dimezzamento del surplus tedesco nei confronti dei partner dell'eurozona tra il 2007 e il 2012.

È aumentato invece quello con gli Stati Uniti e le altre aree mondiali, come del resto ha riconosciuto ieri anche lo stesso Barroso. In ogni caso, non si può impedire a nessuno di comprare le merci «made in Germany», dicono i collaboratori del vecchio leone cristiano-democratico. «La forza dell'export è un pilastro del nostro benessere», ha avvertito uno dei vari politici che hanno respinto ieri le critiche dell'Ue, il segretario generale della Cdu Hermann Gröhe.

Certo, anche a Berlino si sa bene che i tedeschi vendono ma non consumano. Solo in settembre le esportazioni hanno superato le importazioni di oltre venti miliardi di euro. Queste sono cifre sulle quali è difficile obiettare. La domanda interna non viene alimentata. Pochi comprano, molti risparmiano.

Come ha detto Peter Bofinger, una voce meno conservatrice tra i cinque «saggi» che hanno presentato proprio ieri il loro rapporto annuale, l'eccedenza delle esportazioni provoca «alti accumuli di capitali che non vengono investiti a sufficienza nel sistema economico». Ma gli avvocati della difesa hanno numerose argomentazioni, a parte quelle ovvie sulle «regole imposte dal mercato» e sul fatto che i molti altri iscritti al club europeo, come Italia e Spagna, non sono mai riusciti ad essere sufficientemente competitivi.

Una tesi molto utilizzata è quella che anche i Paesi in difficoltà beneficiano del successo dei prodotti tedeschi perché contribuiscono in parte alla loro realizzazione. E l'industria vincente della Repubblica federale, si aggiunge, crea posti di lavoro anche al di fuori del territorio nazionale. Ma tutto questo sicuramente non basta, in un'Europa che vede come una necessità imprescindibile, al di là di qualsiasi logica di scontro, che Berlino pensi veramente anche agli altri. Angela Merkel ama ripetere che «se l'Europa va bene, la Germania va bene».

Non sempre alle parole hanno corrisposto i fatti. Forse il teorema della donna più potente del mondo andrebbe rovesciato, dicendo, come ha fatto a Malta nei giorni scorsi il presidente del consiglio Enrico Letta, che «se la crescita o la stabilità ci sono in un solo paese, mentre il resto d'Europa è in una condizione di declassamento, alla fine questa cosa fa male anche alla Germania».

Potrebbe però essere un fatto positivo che l'apertura dell'«indagine» a Bruxelles arrivi in un momento di oggettiva debolezza politica. La Germania si trova sul banco degli imputati proprio mentre entra nelle fasi finali la trattativa programmatica per una grande coalizione vissuta un po' da tutti come una scelta obbligata.

Il trionfo di settembre della cancelliera è stato in parte già dimenticato. La mancanza di una maggioranza omogenea uscita dalle elezioni è un dato che non può essere sottovalutato. Il richiamo della Commissione, mentre i «saggi» invitano a non abbandonare la strada del rigore, può essere un elemento di stimolo in una situazione apparsa fino a qu esto bloccata. E dare un'arma in più a chi propone misure che possono contribuire ad un aumento della domanda interna. Senza contrapposizioni.

 

 

letta barroso PANAGIOTIS PIKRAMMENOS CON BARROSO A BRUXELLES Olli Rehn OBAMA E ANGELA MERKEL FOTO LAPRESSE BRINDISI OBAMA MERKEL FOTO LAPRESSE Draghi e SchaeubleMARIO DRAGHI E ANGELA MERKEL Draghi, Merkel e Monti

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