INGROIA CI FA O C’E’? CON QUELLO CHE HA COMBINATO A BELLA NAPOLI SI SORPRENDE DI RICEVERE CALCI IN CULO?

Francesco La Licata per "La Stampa"

Dice, Antonio Ingroia, di non riuscire a trovare - nei suoi comportamenti recenti e passati - un solo motivo che giustifichi tanta aggressività manifestata nei suoi confronti. Ma non specifica, Ingroia, se è pentito o no di aver intrapreso la strada della politica. Già, perché è proprio questa la domanda alla quale il magistrato dovrebbe trovare risposta, tenendo conto di un bilancio che ormai dovrebbe poter calcolare con qualche facilità.

È stata la scelta giusta, quella di imbarcarsi in una competizione politica arroventata dal particolare momento di difficoltà, decidendo di vestire addirittura i panni di leader, di capo di un movimento che pretendeva di competere con la disinvolta aggressività del popolo dei grillini? È stata saggia la decisione di entrare in partita senza un gesto netto di separazione dalla sua precedente attività professionale? Chissà se rifarebbe le stesse cose, il «pubblico ministero per antonomasia».

È fatto così, Antonio Ingroia. Diciamo che gli accadimenti siciliani lo hanno sempre messo in condizione di trovarsi al centro dell'attenzione mediatica, alimentando un tantino la sua naturale attitudine all'egocentrismo. E alla conseguente «consapevolezza» di avere qualcosa in più rispetto alla norma.

Chi ha frequentato il Palazzo di giustizia di Palermo - per eccellenza sede di veleni di ogni tipo - ha avuto modo di ascoltare sfoghi, più o meno interessati, di magistrati impegnati nel lavoro sulla bassa manovalanza mafiosa, a differenza di Ingroia che si occupava soltanto dell'alta mafia, quella politica soprattutto. Era considerato il «pupillo» di Giancarlo Caselli, dopo essere entrato al «Palazzaccio» come il giudice ragazzino tanto amato da Paolo Borsellino.

Eppure sarebbe ingeneroso liquidare il lavoro di quella «squadra» in modo sbrigativo. Senza quel cambiamento la lotta alla mafia sarebbe ancora all'anno zero e il preziosissimo contributo di Falcone e Borsellino forse sarebbe andato irrimediabilmente disperso.

Ma era la toga da pubblico ministero la corazza che rendeva Ingroia una sorta di simbolo della resistenza alla mafia e al malaffare. Una difesa che poggiava anche sul cosiddetto «consenso popolare» verso un gruppo di magistrati sempre in prima fila. Ma anche sempre in prima pagina. E ogni giorno sempre più politicizzato dalla naturale spinta prodotta dall'eccesso mediatico.

Così il giudice si è trasformato lentamente nel politico. Ma ciò che può essere consentito all'eroe con la toga non è detto sia «perdonato» al neo-rappresentante della casta che aveva combattuto fino a qualche settimana prima con le armi delle inchieste.

Forse si è fatto male i conti, Ingroia. Ha ecceduto nella sopravvalutazione di se stesso, probabilmente tratto in inganno anche dalla corte di amici e fan che gli han fatto credere di poter contare su forze maggiori di quelle che erano in realtà. Ed oggi si trova in palese difficoltà. Costretto a parlare di nuovo come magistrato, dopo la pausa elettorale, dove lo si è visto persino scherzare con Berlusconi e Dell'Utri, i protagonisti di uno dei suoi processi.

Troppa commistione dei ruoli, forse, non aiuta nella comprensione l'elettorato. Non l'hanno aiutato neppure gli attacchi ai colleghi candidati in altri partiti, come se la demonizzazione dell'avversario potesse aprire la strada alla vittoria.

Ma quello di demolire «tutti gli altri» sembra essere un vizio antico dell'Antimafia: nelle polemiche siciliane non esiste chi la pensa in un modo e chi in un altro, esistono i buoni e i cattivi, gli eroi e gli amici del giaguaro. Persino chi ha avuto la fortuna di rimanere vivo, prima o poi, si trova nella posizione di dover giustificarsi per non essere stato ucciso.

In un certo senso, Ingroia perpetua un antico vizio: quello di poter fare ciò che ad altri non è consentito perché «se lo faccio io è sicuramente per il bene di tutti». Cosa ha risposto al Csm? «Preferiscono mandarmi ad Aosta a riscaldar la sedia, piuttosto che concedermi di svolgere un ruolo importantissimo nelle esattorie siciliane».

Non si capisce perché amministrare giustizia ad Aosta dovrebbe essere una «diminutio» per Ingroia (ma questo glielo faranno notare i colleghi valdostani), e un lavoro «alla sua altezza» fare l'esattore in Sicilia. A meno che non si voglia affermare la necessità, esclusivamente mediatica, di affidare all'antimafia quello che è stato gestito prima dai mafiosi Ignazio e Nino Salvo. Ma ciò sarebbe solo propaganda.

 

Antonio Ingroia Antonio Ingroia ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA Antonio Ingroia giorgio napolitano NICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANOSILVIO BERLUSCONI E DIETRO LA SCRITTA TASSE jpegBERLUSCONI DELL UTRI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni francesco acquaroli antonio tajani matteo salvini donald trump

DAGOREPORT: A CHE PUNTO È L'ARMATA BRANCA-MELONI? TORNATA SCORNATA DAL G7 MENO UNO (TRUMP SE NE FOTTE DI LEI E DELL'EUROPA), I PROBLEMI REALI BUSSANO ALLA PORTA DI PALAZZO CHIGI. A PARTIRE DALL'ECONOMIA: LA GUERRA IN MEDIORIENTE POTREBBE FAR SCHIZZARE IL PREZZO DEL PETROLIO, E CONSEGUENTE AUMENTO DI OGNI PRODOTTO - AGGIUNGERE LA LOTTA CONTINUA CON SALVINI, LA PIEGA AMARA DEI SONDAGGI NEI CONFRONTI DEL GOVERNO E LA POSSIBILE SCONFITTA NELLE MARCHE DEL SUO FEDELISSIMO ACQUAROLI: IL PD CON MATTEO RICCI E' IN VANTAGGIO DI 5 PUNTI E LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA DI ANTICIPARE IL VOTO NELLE MARCHE A SETTEMBRE – SULLE ALTRE QUATTRO REGIONI, LA FIAMMA E' INDECISA SUL TERZO MANDATO CHE FAREBBE FELICE ZAIA IN VENETO, DESTABILIZZANDO IL PD IN CAMPANIA. MA IERI, PRESSATO DA VANNACCI, SALVINI HA PRESO A PRETESTO IL "NO" DI TAJANI, PER SFANCULARE VELOCEMENTE (E SENZA VASELINA) I SUOI GOVERNATORI, ZAIA E FEDRIGA - IL ''NO'' DI TAJANI ERA TRATTABILE: L'OBIETTIVO E' LA FUTURA PRESIDENZA DELLA REGIONE LOMBARDIA (IL CANDIDATO ''COPERTO'' DI FORZA ITALIA È..)

tommaso inzaghi

DAGOREPORT - IL TRASFERIMENTO DI SIMONE INZAGHI IN ARABIA? UN AFFARE DI FAMIGLIA. L’ARTEFICE DELL’OPERAZIONE CHE HA PORTATO L’EX ALLENATORE DELL’INTER ALLA CORTE DELL’AL-HILAL È STATO TOMMASO INZAGHI, IL FIGLIO DI SIMONE E DI ALESSIA MARCUZZI, PROCURATORE CHE FA PARTE DELL'AGENZIA DI FEDERICO PASTORELLO, LA P&P SPORT MANAGEMENT – LE LAUTE COMMISSIONI, LA TRATTATIVA CHE ANDAVA AVANTI DA TEMPO (GIÀ PRIMA DEL RITORNO CON IL BARCELLONA SIMONE INZAGHI AVEVA PROPOSTE DALL’ARABIA), LO STRANO MESSAGGIO SOCIAL DI TOMMASO INZAGHI E LE VOCI SU UNO SPOGLIATOIO IN TENSIONE PRIMA DELLA FINALE DI CHAMPIONS PER...

francesco gaetano caltagirone alberto nagel francesco milleri

DAGOREPORT - GONG! ALLE ORE 10 DI LUNEDÌ 16 GIUGNO SI APRE L’ASSEMBLEA DI MEDIOBANCA; ALL’ORA DI PRANZO SAPREMO L’ESITO DELLA GUERRA DICHIARATA DAL GOVERNO MELONI PER ESPUGNARE IL POTERE ECONOMICO-FINANZIARIO DI MILANO - LO SCONTRO SI DECIDERÀ SUL FILO DI UNO ZERO VIRGOLA - I SUDORI FREDDI DI CALTARICCONE DI FINIRE CON IL CULO A TERRA NON TROVANDO PIÙ A SOSTENERLO LA SEDIA DI MILLERI SAREBBERO FINITI – L’ATTIVISMO GIORGETTI, DALL’ALTO DELL’11% CHE IL MEF POSSIEDE DI MPS – L’INDAGINE DELLA PROCURA DI MILANO SU UNA PRESUNTA CONVERGENZA DI INTERESSI TRA MILLERI E CALTAGIRONE, SOCI DI MEDIOBANCA, MPS E DI GENERALI - ALTRO GIALLO SUL PACCHETTO DI AZIONI MEDIOBANCA (2%?) CHE AVREBBE IN TASCA UNICREDIT: NEL CASO CHE SIA VERO, ORCEL FARÀ FELICE LA MILANO DI MEDIOBANCA O LA ROMA DI CALTA-MELONI? AH, SAPERLO….

iran israele attacco netanyahu trump khamenei

DAGOREPORT - STANOTTE L'IRAN ATTACCHERÀ ISRAELE: RISCHIO DI GUERRA TOTALE - È ATTESO UN VIOLENTISSIMO ATTACCO MISSILISTICO CON DRONI, RISPOSTA DI TEHERAN ALL'"OPERAZIONE LEONE NASCENTE" DI NETANYAHU, CHE QUESTA MATTINA HA COLPITO IL PRINCIPALE IMPIANTO DI ARRICCHIMENTO IRANIANO, UCCIDENDO L'INTERO COMANDO DELL'ESERCITO E DELLE GUARDIE RIVOLUZIONARIE. LA MAGGIOR PARTE DI LORO È STATA FATTA FUORI NELLE PROPRIE CASE GRAZIE AI DRONI DECOLLATI DALLE QUATTRO BASI SOTTO COPERTURA DEL MOSSAD A TEHERAN - ISRAELE HA DICHIARATO LO STATO DI EMERGENZA: GLI OSPEDALI SPOSTANO LE OPERAZIONI IN STRUTTURE SOTTERRANEE FORTIFICATE - TRUMP HA AVVERTITO OGGI L'IRAN DI ACCETTARE UN ACCORDO SUL NUCLEARE "PRIMA CHE NON RIMANGA NULLA", SUGGERENDO CHE I PROSSIMI ATTACCHI DI ISRAELE CONTRO IL PAESE POTREBBERO ESSERE "ANCORA PIÙ BRUTALI" - VIDEO

lauren sanchez jeff bezos venezia

FLASH! – I VENEZIANI HANNO LA DIGA DEL MOSE PURE NEL CERVELLO? IL MATRIMONIO DI JEFF BEZOS È UNA FESTICCIOLA PER 250 INVITATI DISTRIBUITI TRA QUATTRO HOTEL: GRITTI, AMAN, CIPRIANI E DANIELI - NIENTE CHE LA SERENISSIMA NON POSSA SERENAMENTE SOSTENERE, E NULLA A CHE VEDERE CON LE NOZZE MONSTRE DELL'INDIANO AMBANI, CHE BLOCCARONO MEZZA ITALIA SOLO PER IL PRE-TOUR MATRIMONIALE – DITE AI MANIFESTANTI IN CORTEO "VENEZIA NON E' IN VENDITA" CHE I 10 MILIONI DI EURO SPESI DA MR.AMAZON SI RIVERSERANNO A CASCATA SU RISTORATORI, COMMERCIANTI, ALBERGATORI, GONDOLIERI E PUSHER DELLA CITTÀ…