KIEV BUSSA ALLA CASA BIANCA? IL NUOVO PREMIER YATSENIUK: “NON CI ARRENDEREMO A PUTIN” - PRONTE LE SANZIONI SE LA RUSSIA ANNETTE LA CRIMEA, CHE RISCHIA DI DIVENTARE COME LA CECENIA (LA MINORANZA TATARA PROMETTE GUERRA)

1. OBAMA FA ENTRARE KIEV ALLA CASA BIANCA - IL PREMIER YATSENIUK: NON CI ARRENDEREMO MAI. IL G7: SANZIONI PRONTE
Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

Si stringe il cerchio diplomatico intorno alla Russia, con Usa ed Europa sempre più decise ad imporre sanzioni, se dopo il referendum di domenica Mosca annetterà la Crimea. Ne hanno parlato il presidente Obama, ricevendo alla Casa Bianca il premier Yatsenyuk; il G7, emettendo un duro comunicato di condanna; e la cancelliera tedesca Merkel, che ha definito le azioni del Cremlino «una rapina». «Noi - ha avvertito Obama - siamo fermi al fianco del popolo ucraino nella difesa della sua sovranità. Preferiamo una soluzione diplomatica, ma se la Russia continuerà così, gli Usa, l'Europa e la comunità internazionale saranno forzati ad applicare un costo alle sue violazioni della legge».

ISOLAMENTO POLITICO
Mosca ha ricevuto un assaggio dell'isolamento politico ed economico che l'aspetta, dalla pesante dichiarazione dell'ex G8, da cui di fatto è già esclusa: «Chiediamo alla Russia di cessare tutti gli sforzi per cambiare lo status della Crimea, contro la legge ucraina e internazionale. Chiediamo di fermare immediatamente le azioni in sostegno al referendum. Tale referendum non avrebbe effetti legali e noi non ne riconosceremmo l'esito. Se la Russia procederà con l'annessione, noi prenderemmo misure ulteriori, individualmente e collettivamente».

LA CANCELLIERA ALZA I TONI
La Germania è la chiave delle pressioni sulla Russia, perché ha gli scambi commerciali più grandi. Finora la Merkel era prudente, ma durante un incontro con i parlamentari del suo partito martedì sera avrebbe definito l'annessione dell'Ucraina una «rapina. È l'ora che l'Europa, unita da Lisbona a Riga, agisca con una certa durezza». Ieri poi ha incontrato il collega polacco Tusk e ha avvertito: «Noi non risolviamo i nostri conflitti militarmente, ma neppure scappiamo dai conflitti».

LA VISITA DEL PRIMO MINISTRO
Il premier ucraino è stato ricevuto con la massima enfasi possibile dal presidente Obama e il vice Biden, per chiarire che Washington è schierata senza indugi dietro Kiev. Alla Casa Bianca si è parlato degli aiuti economici da fornire all'Ucraina, a cui gli Usa hanno offerto un miliardo di dollari, e delle possibili ritorsioni contro la Russia. Obama è stato molto netto: «Rigettiamo un referendum arrangiato in qualche settimana, sotto la minaccia militare all'integrità territoriale e alla sovranità dell'Ucraina». Il presidente ha detto che «un altro sentiero è ancora possibile e spero che Putin lo segua, ma se non lo farà la comunità internazionale sarà unita e ferma».

Yatsenyuk ha ribadito di essere pronto al dialogo con Mosca e al rispetto di tutti gli obblighi internazionali, ma ha aggiunto che procederà col processo di integrazione con la Ue: «Vogliamo essere parte del mondo occidentale. Lottiamo per la libertà e non ci arrenderemo mai». Testimoniando al Congresso, il segretario di Stato Kerry ha detto: «Questa storia può diventare brutta velocemente, e in direzioni multiple, se verranno fatte le scelte sbagliate».

Ha chiarito che le sanzioni pronte a scattare riguardano «i visti, il sistema bancario, attività imprenditoriali», e misure individuali. In sostanza gli Usa sono decisi a bloccare l'accesso di Mosca al sistema bancario internazionale, bandire le sue aziende e le persone ritenute responsabili. Misure che costerebbero molto a Putin, anche se rispondesse con altre ritorsioni. Washington però cerca ancora la soluzione diplomatica, ad esempio la non annessione nonostante l'esito del referendum, e domani Kerry sarà a Londra per un'ultima mediazione col collega russo Lavrov.

2. UCRAINA, L'ALLARME DELLA MINORANZA TATARA - "IN CRIMEA RISCHIO DI UNA GUERRA ETNICA"
Stefano Vergine per http://espresso.repubblica.it

In Crimea potrebbe ripetersi quanto avvenuto in Cecenia, con estremisti islamici pronti a scatenare violenza contro gli occupanti russi. A lanciare la minaccia è stato Mustafa Jemilev, il più noto esponente dei tatari, etnia musulmana che costituisce circa il 12 per cento della popolazione della Penisola.

Un messaggio che arriva alla vigilia di domenica 16 marzo, quando i cittadini della Crimea saranno chiamati a votare per il referendum sull'indipendenza. Se vinceranno i sì, l'attuale Repubblica autonoma ucraina diventerà parte della Federazione Russa.
Crimea, tra case abusive e alloggi di fortuna. Così vivono i tatari, la minoranza musulmana

Per molti esperti l'esito del referendum è scontato. Chi è convinto che alla fine vinceranno i sì, basa la propria sicurezza sulla composizione etnica della Penisola. Secondo l'ultimo censimento (2001), la zona è infatti abitata per il 58,5 per cento da cittadini di etnia russa e per il 24,4 da gente di etnia ucraina. Tralasciando le previsioni sul voto, un dato è certo: dai calcoli avanza esattamente il 12,1 per cento. Proprio la percentuale costituita dai tatari, che vogliono restare legati all'Ucraina. E che, in caso di vittoria di Mosca, potrebbero rivelarsi la variabile meno controllabile di questa guerra che ha rimesso la Crimea al centro della storia mondiale dopo un secolo e mezzo di oblio.

"La Russia sta preparando un nuovo genocidio. Solo poche ore ci separano dalla catastrofe". In questi giorni Refat Chubarov, capo del Mejilis, l'organo di rappresentanza dei tatari di Crimea, sta cercando di alzare al massimo il livello d'allarme.

In realtà la Russia ha cercato di rassicurare la minoranza musulmana. A Chubarov è stato offerto il posto da vice-premier nel futuro governo dipendente da Mosca. La proposta comprendeva anche tre ministeri, aiuti finanziari, persino la riesumazione di nomi tatari di città e strade della regione. Il rappresentante della minoranza musulmana ha però detto no, promettendo che lui e la sua gente voteranno per restare parte dell'Ucraina.

D'altronde il rapporto con Mosca è sempre stato burrascoso. Considerati i discendenti di Gengis Khan, i tatari conquistarono la Crimea nel 1200 e vissero in relativa tranquillità fino alla fine del '700, quando i russi presero possesso della Penisola. La prima persecuzione porta la firma del generale Potemkin. Poi arrivò Stalin, che li accusò di aver collaborato con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale e li fece deportare nei gulag dell'Asia Centrale. Ecco perché i tatari hanno il terrore di Mosca.

Non che negli ultimi anni, sotto l'Ucraina, le cose siano andate benissimo. Dalla caduta dell'Urss, i discendenti dei deportati hanno infatti iniziato a tornare nella penisola affacciata sul Mar Nero, ma non hanno trovato ciò che speravano. Difficile ottenere la cittadinanza ucraina, ancor più complicato riavere le proprie vecchie case. Così molto tatari hanno deciso di comprare terreni e costruire case abusive. Un atteggiamento che negli ultimi anni ha creato parecchie tensioni con il resto della popolazione della Crimea, spaventata da una possibile "invasione musulmana".

In effetti, secondo i calcoli della stessa minoranza, negli ultimi anni sono arrivati in Crimea tra i 1.200 e i 2.000 tatari ogni 12 mesi. Un flusso continuo, che ha portato il pallottoliere a quasi 300mila persone. L'incremento demografico pesa particolarmente visto che nella Penisola il tasso disoccupazione supera il 10 per cento e lo stipendio medio non arriva ai 200 euro mensili. Troppo poco se si pensa che l'affitto di un piccolo appartamento a Simferopoli può arrivare a 300 euro.

"Insomma - spiega Aldo Ferrari, direttore del programma Russia ed Europa Orientale dell'Ispi e docente all'Università Ca' Foscari di Venezia - le condizioni per uno scontro interetnico c'erano già prima. Con la probabile vittoria del sì al referendum, ora per i tatari le cose si complicano. Non immagino a breve termine uno scenario stile Cecenia, perché non esiste una tradizione di violenza simile tra i tatari, ma è possibile che da Siria e Caucaso aumentino prossimamente gli arrivi di radicali islamici wahabiti. Molto dipenderà ovviamente dall'atteggiamento della Russia. Se Mosca vorrà punire i tatari per l'appoggio a Kiev, potrebbe banalmente far applicare le leggi contro l'abusivismo e lasciare molti di loro senza casa. Questo potrebbe far esplodere la situazione".

 

 

 

 

giorgio napolitano e vladimir putin OBAMA E ANGELA MERKEL FOTO LAPRESSE VLADIMIR PUTIN E ANGELA MERKEL OBAMA BEYONCE BIDEN LAVROVMANIFESTAZIONE A KIEV IN UCRAINA Attivisti pro Russia in Crimea rseniy Yatsenyuk

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