L’ABITO NON FA PIÙ IL MONACO: NELL’OCCIDENTE GODONE E MONDANO S’ACUISCE LA CRISI DELLE VOCAZIONI

Paolo Rodari per "La Repubblica"

Un paradosso all'ombra di San Pietro. Ora che sul soglio pontificio siede il primo Papa degli ultimi 150 anni proveniente da un ordine religioso (prima del gesuita Francesco il precedente fu un camaldolese italiano), le congregazioni conoscono una crisi di vocazioni senza precedenti.

A leggere i dati diramati dal Vaticano pochi giorni fa all'interno dell'annuario statistico 2013, fa rumore il crollo costante e continuo di vocazioni maschili e femminili. Dai gesuiti ai francescani, oggi sono poco più di centomila i religiosi nel mondo, 710mila circa le religiose. Ma erano rispettivamente più di 150mila e più di un milione all'inizio degli anni Settanta, gli anni del grande boom in scia al vento del concilio Vaticano II.

Poi una decrescita inesorabile, che in proporzione ha colpito di più le donne degli uomini: il calo negli ultimi anni ha riguardato tre continenti (Europa, America e Oceania), con variazioni anche di rilievo (-22 per cento in Europa, - 21 per cento in Oceania e -17 per cento in America).

Le case generalizie degli istituti religiosi si trovano in ogni angolo a Roma. Enormi edifici nascosti dietro mura imponenti. Costruiti dopo il Concordato, per anni sono stati abitati da frotte di consacrati. Poi, dopo gli anni Settanta, una debacle che oggi fa felici gli agenti immobiliari della città pronti ad accaparrarsi, a prezzi stracciati, edifici dal valore immenso. Tanto che molti nella Chiesa si domandano cosa succederà in futuro. Arriverà l'anno zero delle vocazioni? Oppure no? Difficile rispondere.

Di certo c'è un fatto: dalla prima messa da Pontefice nella Cappella Sistina fino a oggi, Francesco ha ribadito decine di volte la necessità della vocazione religiosa, spiegando che la Chiesa non è una onlus né un'organizzazione sociale e che la sua missione non si esaurisce nell'impegno sociale-caritativo.

Parole che sembrano mostrare la consapevolezza del fatto che il crollo clamoroso di vocazioni dopo il Vaticano II ha un'origine nell'eccessiva mondanizzazione degli ordini che a forza di inseguire la modernità si sono, come disse il cardinale Giacomo Biffi in una celebre omelia per la festa della Madonna di San Luca, «disciolti in essa».

Dagli anni Cinquanta a oggi i religiosi gesuiti sono calati del cinquanta per cento nel mondo. La diaspora più grande si è avuta con il "Papa nero" padre Pedro Arrupe, entrato in rotta di collisione con Wojtyla per l'eccesso di progressismo e indulgenza verso la teologia della liberazione in Sudamerica.

In tanti in quegli anni hanno lasciato l'abito sia nel nome di un'opposizione allo sbilanciamento verso un'ottica progressista dell'ordine sia, al contrario, per seguire fino alle estreme conseguenze l'apertura al mondo. Così anche i francescani, fino a poco tempo fa il secondo ordine più numeroso, ora superati (si fa per dire) dai salesiani.

Fra tutti, le perdite minori dai tempi del Concilio a oggi le hanno subìte i cappuccini, soltanto il 17 per cento in meno di aderenti: erano circa 15mila nel 1959, sono quasi 11mila oggi. Così sono calati anche i principali ordini femminili, le clarisse che negli ultimi dodici anni sono passate da 8 a 6mila e le domenicane da quasi 4mila a poco più di tremila.

Un caso a parte è quello dei Legionari di Cristo, l'istituto religioso fondato nel 1941 da Marcial Maciel Degollado, il prete messicano che post mortem si è saputo aver abusato per anni di minori. Nell'ultimo biennio, il tempo in cui il cardinale Velasio De Paolis è stato mandato dal Vaticano come commissario straordinario dopo l'emergere dello scandalo, sono state 269 le defezioni, non poche in un istituto oggi formato da 1993 membri.

All'interno della Chiesa la lettura di questi numeri è duplice. Da una parte c'è chi accusa il Vaticano II. Dopo il Concilio si sono riscritte regole e statuti, si è addolcita ascesi e disciplina, si è arrivati all'imborghesimento di vite che anche in virtù di una certa austerità aprivano la strada a nuove vocazioni. Per altri questa lettura è del tutto semplicistica. A Roma è il cardinale brasiliano João Braz de Aviz a essere a capo della Congregazione dei religiosi. Importante elettore di Bergoglio è lui a lavorare nel tentativo di fermare la grande fuga dagli ordini. I prossimi anni diranno come.

 

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