USA IL PAPA CONTRO GLI USA - RATZINGER A CUBA È STATO SFRUTTATO DAL REGIME DEI FRATELLI CASTRO PER LAGNARSI COL MONDO DELL’EMBARGO AMERICANO - “SERVE UN SEGNALE SULLA LIBERTÀ DEI DISSIDENTI CUBANI E DEI DIRITTI UMANI VIOLATI. L’IDEA CHE SIA SOLO UNA VIAGGIO PASTORALE È UN RICATTO DEL REGIME. IMMAGINATE UN VIAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II IN POLONIA, IN CUI NON AVESSE TOCCATO I PROBLEMI DEL PAESE?”…

1 - CASTRO ACCOGLIE BENEDETTO XVI "L'EMBARGO USA CI OPPRIME"
Giacomo Galeazzi per "la Stampa"

Il Dipartimento di Stato Usa aveva avvertito il Vaticano: il regime userà la visita di Benedetto XVI per protestare contro l'embargo. Il pericolo-strumentalizzazione si è subito materializzato all'arrivo dell'aereo papale a Santiago. Raul Castro ha accolto Benedetto XVI con 21 salve di cannone e attaccando Washington per «i 53 anni di ostilità alla rivoluzione cubana» denunciando come «l'embargo politico ed economico degli Stati Uniti opprima ancora l'isola». Malgrado ciò, assicura Castro, «Cuba sta cambiando allarga i suoi orizzonti e ha buoni rapporti con la Chiesa».

Benedetto XVI non si è però fatto intimidire da quelle parole e ha detto ciò che si era prefisso di dire, arrivando in missione per aprire Cuba al mondo e il mondo a Cuba, rappresentando «le giuste aspirazioni e i legittimi desideri di tutti i cubani, dovunque si trovino».

Nel suo appello contro ogni repressione della libertà religiosa e civile trovano espressione anche le accorate e battagliere attese degli esuli della Florida che da tempo tuonano contro la «debolezza» della Santa Sede verso Castro.

In realtà, sotto traccia, la diplomazia vaticana è attivissima nelle «prove tecniche» della Cuba futura. Perciò adesso il Papa può farsi interprete universale, portando alla ribalta planetaria «sofferenze e gioie, preoccupazioni e gli aneliti più nobili» di un popolo in attesa di un cambiamento epocale. Al governo il Papa offre collaborazione per voltare pagina, ma nessuna connivenza o collateralismo negli aspetti più bui.

«In questo momento così importante della sua storia, sono convinto che Cuba sta guardando già al suo domani», tende la mano il Papa teologo e pastore nella cerimonia di benvenuto all'aeroporto di Santiago. Lo aveva già detto poche ore prima a tutta l'America Latina, congedandosi dal Messico con la denuncia di «alcuni problemi rilevati più di recente e altri che provengono dal passato e continuano a causare tante lacerazioni».

La linea ratzingeriana della transizione «senza traumi» dalla dittatura alla democrazia è teorizzata da padre Raul Rodriguez, ex direttore nazionale delle Pontificie opere missionarie a Cuba:«Le trasformazioni succedono a poco a poco, in crescendo, perché abbiamo bisogno di cambiare gli atteggiamenti, non solo le situazioni».

La Chiesa è «chiamata ad evangelizzare», quindi ha bisogno di spazi specifici all'interno della società. Per esempio, di «una maggiore presenza nei media, della possibilità di costruire chiese nei luoghi dove non ci sono, di una presenza attiva nella formazione dei giovani». Questa nuova strada sarà percorsa «con rispetto», tenendo presente che non si possono superare in un giorno tutti i problemi. Insomma, una riedizione ai Caraibi della"ostpolitik" che ha cambiato la storia del XX secolo, abbattendo pacificamente il Muro di Berlino.

Il calore dei fedeli cubani riannoda i fili della memoria e riporta Joseph Ratzinger alla trionfale visita del suo predecessore. Le radiose giornate cubane di Wojtyla sono ancora negli occhi dei cattolici cubani, ma anche, come un monito, nella memoria delle autorità politiche.

Da allora sono passati quattordici anni, il Vaticano ha più volte ribadito la propria condanna dell'embargo, però ai vescovi qui è ancora proibito ogni profilo pubblico. La fede stenta a uscire dalle sacrestie, malgrado l'eroica testimonianza quotidiana dei sacerdoti cubani che ieri il Pontefice ha ringraziato con toni che riecheggiano quelli usati nel secolo scorso per i preti d'oltre cortina. Oggi la Messa a L'Avana: con molta probabilità ci sarà anche Hugo Chavez.

2 - NAIM: IL REGIME RICATTA LA CHIESA, IL PONTEFICE NON VEDRÀ I DISSIDENTI

Pao. Mas. per "la Stampa"

"La Chiesa sta subendo un ricatto dal regime cubano, che impone al Papa di non vedere i dissidenti in cambio di concessioni per i suoi fedeli. Ma è una cosa inaccettabile, in particolare da un governo che si regge in piedi solo grazie alle risorse regalate dal leader venezuelano Chavez». Moises Naim, studioso del Carnegie Endowment for International Peace ed ex direttore della rivista «Foreign Policy», conosce per esperienza diretta la situazione, essendo stato anche ministro del Commercio e direttore della Banca centrale in Venezuela.

Benedetto XVI ha fatto bene ad andare a Cuba?
«Sono perplesso, come molti altri. Spero che ci sarà un segnale del Papa sul tema della libertà, e che vedrà rappresentanti della dissidenza come le Dame Bianche o Yoani Sànchez. Se questo non avvenisse sarei stupito, sarebbe inspiegabile».

Il Vaticano sostiene che si tratta di una visita pastorale, e questo esclude gli atti politici.
«È un ricatto del regime, ma non è accettabile. Potete immaginare un viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia, in cui non avesse toccato i problemi del paese? I due aspetti sono conciliabili. La Chiesa può mantenere relazioni cordiali col regime, in modo da ottenere concessioni per i propri fedeli, ma nello stesso tempo vedere i dissidenti e far notare al governo locale e al mondo che a Cuba esistono situazioni non accettabili, in particolare sul tema dei diritti umani».

Anche il venezuelano Chavez è a Cuba per curarsi: Benedetto XVI dovrebbe vederlo?
«Il Vaticano ha già detto no a questo incontro, ma con Chavez e i fratelli Castro non si può mai sapere: può darsi che se lo ritrovi davanti. Anche in questo caso, sarebbe incredibile se il Santo Padre desse la sua benedizione a Chavez, e negasse un incontro a chi lotta ogni giorno per la libertà e i diritti umani, mettendo la propria vita a rischio».

Cuba sta davvero cambiando sotto la guida di Raul, o le sue riforme sono un trucco?
«Lui ha detto chiaramente che il modello seguito finora non è sostenibile, e sta disperatamente cercando di cambiarlo per salvare il regime. Tutto questo, però, sarebbe impossibile senza i regali che L'Avana riceve da Caracas. Gli aiuti, petroliferi e non solo, che il Venezuela manda oggi a Cuba sono più importanti di quelli che durante la Guerra fredda inviava l'Urss».

Senza questi aiuti il regime sarebbe già caduto?
«Diciamo che il dibattito in corso a Cuba sulla transizione non sarebbe stato così lento, senza i regali di Chavez. Il futuro del regime dipende dalle cellule cancerogene del leader venezuelano: se sta male come dicono, diventerà difficile andare avanti».

Cosa dovrebbero fare gli Usa per favorire il cambiamento?
«L'embargo è stato un errore che ha aiutato il regime a sopravvivere, dovuto a questioni di politica interna per l'influenza degli immigrati cubani sulla Florida. Ma Washington ha ristabilito le relazioni commerciali anche con il Vietnam, non si capisce perché non possa farlo con Cuba».

 

LE ATTIVISTE DI AMNESTY INTERNATIONAL PROTESTANO CONTRO LA REPRESSIONE DEL REGIME IN OCCASIOEN DEL VIAGGIO DEL PAPA A CUBA jpegIL VIAGGIO DEL PAPA A CUBA MANIFESTO DI BENVENUTO A BENEDETTO XVI jpegBENEDETTO XVI E RAUL CASTRO jpegBENEDETTO XVI ARRIVA A CUBA jpeg

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