EUROPA GRILLIZZATA - L’ECONOMISTA-LIBERAL CASANOVA: “SONO GLI EREDI DELLE PULSIONI ANTIPARLAMENTARI DEL 900 ITALIANO E DELLA DELUSIONE PER IL FALLITO RINNOVAMENTO DELLA POLITICA DOPO LA FINE DELLA LUNGA EGEMONIA DEMOCRISTIANA. PERÒ NON SI ERA MAI VISTO UN MOVIMENTO COSÌ “ANTI”, DI RIFIUTO COMPLETO: ANTIMERCATO, ANTIEUROPA, ANTISTATO, IN ULTIMA ANALISI ANTIPOLITICO’’ - IL PRESIDENTE DI GOLDMAN SACHS, O’NEIL: “IL VOTO ITALIANO È UN MESSAGGIO ALLA GERMANIA: SERVE MENO AUSTERITÀ”…

1 - L'ECONOMISTA-LIBERAL CASANOVA: "IL SUCCESSO DI GRILLO RINFORZERÀ LA SPINTA EUROSCETTICA"
Alberto Mattioli per "la Stampa"

«Un parallelo fra i Grünen e i grillini? Interessantissimo. Però i Verdi tedeschi li conosciamo bene, il Movimento Cinque Stelle italiano è un enorme punto interrogativo». Parola di Jean-Claude Casanova, economista, cofondatore con Raymond Aron della rivista «Commentaire», bibbia del pensiero liberale francese, e presidente della Fondazione nazionale di Scienze politiche.

Proviamoci, professore.
«I Verdi appartengono appieno alla storia politica tedesca. Intanto perché c'è in Germania una lunga tradizione di movimenti ambientalisti, e poi perché le loro radici sono nella sinistra post sessantottina. I grillini sono molto più difficili da definire. Direi che sono gli eredi delle pulsioni antiparlamentari del Novecento italiano e della delusione per il fallito rinnovamento della politica dopo la fine della lunga egemonia democristiana. Però non si era mai visto un movimento così "anti", di rifiuto completo: antimercato, antiEuropa, antiStato, in ultima analisi antipolitico».

Anche i Grünen erano contro tutto e contro tutti. Poi diventarono ministri e a votarono l'intervento Nato in Kosovo...
«Nulla impedisce che con i grillini succeda lo stesso. Non bisogna sottovalutare la potenza corruttrice della democrazia parlamentare. Per carità, non parlo di corruzione come reato. Parlo del fatto che, se si entra in Parlamento, allora si accetta di fare politica. E fare politica significa trattare. Nel caso dei grillini, però, c'è una difficoltà in più».

Quale?
«I Verdi tedeschi, per quanto anarchici, erano un movimento strutturato. C'era una classe dirigente, uscita dai partiti di estrema sinistra degli anni Settanta, e una base, che pescava in un vasto movimento associativo, in un militantismo diffuso. Nel caso del M5S mi sembra che tutto questo manchi. C'è solo un leader carismatico. Questa è la sua forza ma anche la sua debolezza. Non so quanto Grillo potrà controllare i suoi parlamentari».

Altre differenze?
«Sarebbe interessante fare uno studio sociologico sui grillini. Mi sembra siano l'espressione di nuove classi sociali, semintellettuali, professionalmente instabili, attente all'ecologia e alla rete. Penso per esempio agli "intermittants" dello spettacolo francesi. Nei cortei contro il sistema ci sono loro, non certo gli operai».

I Grünen furono un esempio, o forse un contagio, per tutta l'Europa. Crede che con i grillini possa succedere lo stesso?
«Lo temo. Perché finora l'opposizione all'Europa era affidata a movimenti molto connotati ideologicamente, o all'estrema sinistra o all'estrema destra. Il successo di Grillo, che non saprei dire se sia di destra o di sinistra, rinforzerà la grande voga euroscettica. Sta nascendo un'immensa coalizione di diversi che ingloba l'estrema destra inglese, l'ultragauche e il Fronte nazionale in Francia, e domani chissà chi altrove».

2 - O'NEILL, IL PRESIDENTE DI GOLDMAN SACHS: "QUESTO VOTO È UN MESSAGGIO ALL'EUROPA BASTA CON LA SOLA AUSTERITÀ, SERVE SVILUPPO"
Eugenio Occorsio per "la Repubblica"

«Il voto italiano significa che riforme e austerity non sono la stessa cosa. Il risultato elettorale è stato un messaggio forte e chiaro per l'Europa e la Germania. Speriamo che venga raccolto. Sono sicuro che segnali analoghi verranno da altri Paesi». Jim O'Neill non è mai arrivato in Italia tanto atteso.

Il presidente di Goldman Sachs Asset Management, uno dei principali bracci operativi del megagruppo bancario, ha letto con interesse i contraccolpi che ha avuto in Italia il suo endorsement a Beppe Grillo all'indomani del voto («trovo il risultato elettorale molto eccitante») ma non ci ha affatto ripensato: ieri ha ribadito le sue posizioni all'incontro di "Aggiornamento permanente" per il top management di Ambrosetti che apre la due giorni di Villa d'Este sui Mercati Finanziari.

Quali termini ha usato?
«In un Paese il cui Pil sostanzialmente non è cresciuto dalla nascita della moneta unica nel 1999, qualcosa di grosso deve cambiare, qualcosa di dirompente deve accadere. E non è da escludere che, forse in maniera un po' strana e di certo imprevedibile, il successo di massa del Movimento 5 Stelle sia il segnale del cambiamento tanto atteso.

La chiave di tutto è ora l'atteggiamento dell'Europa. Che deve cambiare in fretta:
un percorso fatto di sola austerity senza nessuna attenzione allo sviluppo porta diretti al disastro, e tanto per cominciare al disfacimento dell'euro.

Ecco, l'establishment italiano deve trasmettere questa scossa elettrica ai centri del potere di Berlino e Francoforte. Certo, per questi signori come per la classe politica italiana il risultato elettorale sembra una specie di incubo. Invece devono coglierne il senso: occorre cambiare rotta, quindi pensare allo sviluppo».

Riforme sono una cosa, diceva, e austerity è un'altra che può essere dannosa: è realistico che i tedeschi cambino idea?
«Dovranno farlo. Altrimenti non resta che attendere le loro, di elezioni, in autunno. E a questo punto mi auguro che cambi governo a Berlino e che prendano il potere forze più genuinamente aperte e disponibili sulle esigenze dell'euro, che altrimenti si sgretolerà sicuramente prima della fine di questo decennio.

Certo, non sono cambiamenti che avvengono da un giorno all'altro ma la Germania deve accettare di discuterne senza bisogno di altre prove. Paradossalmente, la posizione fiscale dell'Italia con il suo avanzo primario è meglio di qualsiasi altro Paese occidentale. Senza contare il potenziale inespresso delle vostre esportazioni che hanno un valore aggiunto superiore a tante altre.

Inseguire un'impossibile rapida diminuzione del debito come se fosse un traguardo fine a se stesso, come vogliono imporre la Germania e la Bce, significa rovinare tutto il lavoro fatto e minacciare senza motivo la costruzione europea. Su una base di ragionevolezza ed equilibrio le scadenze del debito possono essere rinegoziate. Un'indicazione in tal senso è venuta dal G-20 e se ne comincia a parlare».

 

 

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