L’ETÀ DELL’INDECENZA: A 83 ANNI RIPA DI MEANA S’AGGRAPPA AL FEZ DI ALE-DANNO
Paolo Conti per il "Corriere della Sera"
L'interessato, con l'eleganza che molti gli riconoscono da decenni, spiega così la sua virata di rotta: «Anche nelle decisioni concrete della politica e dell'amministrazione si sta imponendo il principio della scelta caso per caso. Non ci sono regole per tutte le stagioni e principi applicabili in ogni caso». Carlo Ripa di Meana ha preso in contropiede l'universo ambientalista romano, da sempre fiero avversario di Gianni Alemanno, dimettendosi dalla presidenza della prestigiosa sezione romana di «Italia Nostra» per appoggiare il sindaco uscente.
Il «caso per caso» stavolta, per Ripa di Meana, ha un senso preciso: «Alemanno ha detto no al parcheggio del Pincio, al sottopasso all'Ara Pacis, si è occupato del ripristino di villa Borghese, ha corretto il gigantismo del Concorso Ippico...» Il presidente dimissionario spera di far tornare sui propri passi il sindaco anche sulla Metropolitana C al Colosseo («opera che costerà alla fine 4 miliardi di euro, inutile e senza futuro»). Le esponenti del direttivo di «Italia Nostra» romana («le mie amazzoni», le definisce sorridendo Ripa di Meana) hanno preso le distanze dalla sua scelta, ora la presidenza è vacante.
Ma chi conosce la vita di Carlo Ripa di Meana (classe 1929, ha diritto al titolo di marchese di Meana, signore di Alteretto e Losa) sa quanto abbia seguito la notissima non-regola di Giuseppe Prezzolini, «la coerenza è la virtù degli imbecilli».
Figlio di Giulio, alto ufficiale dei Granatieri, e di Fulvia Schanzer (croce di guerra al valor militare per la sua partecipazione alla Resistenza a Roma), Carlo Ripa di Meana ha attraversato il mare politico del dopoguerra con curiosità intellettuale e esplicita insofferenza per le appartenenze perenni. Giovanissimo, tra il 1953 e il 1956 dirige a Praga per il Pci la rivista dell'Unione Internazionale degli Studenti «World Student News» e lì conosce Bettino Craxi. Già nel 1958 è in area socialista, vicino ad Antonio Giolitti.
Per lunghi anni è una delle anime del socialismo milanese: in quel periodo si lega all'architetto Gae Aulenti. Tra il 1974 e il 1978, sempre in «quota socialista», presiede la Biennale di Venezia ideando la famosa «Biennale del dissenso», tutta dedicata all'opposizione intellettuale nei paesi del Patto di Varsavia. Il Pci e Mosca attaccano, lui resiste e scandalizza la sinistra ortodossa.
Poi c'è la leadership dei Verdi dal 1993 al 1996, nel 1998 da europarlamentare lascia il «Sole che ride» e aderisce alla Sinistra unitaria-Sinistra verde europea con Rifondazione Comunista. Poi l'impegno in «Italia Nostra», le battaglie condotte accanto alla moglie Marina, l'indimenticato sit-in organizzato il 15 agosto 2008 contro il progetto varato dalla giunta Veltroni per il parcheggio nelle viscere del Pincio: in due soli, in piazza del Popolo, sotto l'afa per chiedere al neoeletto Gianni Alemanno di sospendere tutto. Difficile dire se anche per merito loro, il progetto viene cancellato.
Oggi, infine, l'appoggio esplicito ad Alemanno. Sempre con ironia, distacco, sarcasmo: «Leggo che Alemanno vorrebbe realizzare un grattacielo a forma di Colosseo. Arriva tardi. Già c'è. à la colonia marina "Edoardo Agnelli" a Marina di Massa, risale al 1933, Alemanno arriva tardi...»




