di maio tria juncker euro italia

L’EUROPA NON HA NESSUNA INTENZIONE DI ACCONTENTARE IL GOVERNO SULLA MANOVRA - IL MINISTRO TRIA, IN LUSSEMBURGO PER L’ECOFIN, VIENE RISPEDITO IN ITALIA A FARE MEGLIO I COMPITI: CIOE’ RISCRIVERE LA MANOVRA IN UN MODO DIGERIBILE PER LE EURO-CANCELLERIE - JUNCKER FA IL BULLO DA OSTERIA: “SAREMO DURI CON L’ITALIA. SE CONCEDIAMO DI VIOLARE LE REGOLE, E’ LA FINE DELL’EURO” - E POI LA SCIABOLATA CHE MANDA IN FIBRILLAZIONE I MERCATI: “NON VORREI CHE..."

MOODY'S

1 - MOODY'S: EUROPA NON È PRONTA AD AFFRONTARE ALTRA CRISI

(ANSA) - L'Europa non è preparata ad affrontare un altro forte rallentamento che metta alla prova il sistema finanziario e sarà più esposta a una nuova eventuale crisi nonostante dopo l'ultima recessione gli emittenti abbiano beneficiato di condizioni del credito favorevoli e le banche abbiano rinforzato la loro solidità patrimoniale. Lo afferma Moody's investors service in un rapporto pubblicato oggi. Il rapporto è in questo caso un'informativa sui mercati e "non rappresenta un'azione di rating" specifica l'agenzia.

VIGNETTA DI VAURO - DI MAIO E IL TERRORISMO MEDIATICO

 

2 – SCONTRO UE-ITALIA SULLA MANOVRA LO SPREAD CORRE

Roberta Amoruso per “il Messaggero”

 

Ci mancava soltanto Jean-Claude Juncker a rievocare sull' Italia lo spettro della crisi greca. Si è chiusa così ieri una giornata già difficile, ma di tensione controllata per l' asse tra Roma e Bruxelles. I messaggi arrivati ieri pomeriggio dal vertice in Lussemburgo dicevano infatti già molto del clima che si respira a Bruxelles sulla manovra italiana.

 

giovanni tria

Ma «la deviazione molto, molto ampia dell'Italia dalle promesse», sottolineata dal commissario agli affari economici, Pierre Moscovici, così come «i numeri non in linea con il patto di stabilità» evidenziati dal vicepresidente della Commissione europea, Validis Dombrovskis, che pure invitava ad avere «i nervi saldi», sono arrivati praticamente come una carezza in Italia, rialzo dello spread compreso, a confronto con lo schiaffo arrivato a fine giornata, del tutto inaspettato, da chi evidentemente non ha nessuna familiarità con i toni della responsabilità e della prudenza, necessari quando una trattativa così delicata deve ancora iniziare.

 

moscovici

«Non vorrei che dopo aver superato la crisi greca, ricadessimo nella stessa crisi con l' Italia. Una sola crisi del genere è sufficiente», ha detto dunque il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker citato dai media internazionali nel corso di un intervento in Germania, a poche centinaia di chilometri dal vertice dell' Eurogruppo che poco prima aveva già accolto con una certa freddezza il ministro dell' Economia, Giovanni Tria. E poi ancora più duro: «Se l'Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vuol dire la fine dell'euro».

 

Insomma: «Bisogna essere molto rigidi», ha fatto sapere ancora Juncker sollecitando la reazione di Tria: «Non ci sarà alcuna crisi dell'euro». Poi la precisione all' Ansa del portavoce del presidente Ue. Il senso delle parole di Juncker è quello di chi pensa che «dobbiamo evitare che l'Italia reclami trattamenti speciali che, se concessi a tutti, significherebbero la fine dell'euro».

JUNCKER ORA LEGALE

 

Ma certe parole sono destinate ad arrivare comunque come uno tsunami oggi sul mercato, mentre lo stesso ministro Tria è tornato in anticipo a Roma, saltando la riunione di oggi dell'Ecofin, pur di buttarsi a capofitto nelle nuove stime del Def. «Basta minacce e insulti dall'Europa, l'Italia è un paese sovrano», ha sbottato intanto Matteo Salvini, «Non ci fermeranno», ha detto in serata.

 

L'INCERTEZZA SUL MERCATO

Anche i mercati ieri hanno seguito con apprensione i botta e risposta tra Roma-Lussemburgo e Bruxelles. Il risveglio è stato di quelli bruschi. E così quando in una manciata di minuti lo spread tra Btp e Bund ha toccato in apertura quota 288 punti, con il rendimento al 3,35%, si è pensato davvero al peggio per i titoli di Stato italiani.

 

salvini di maio

Invece, poi, gli acquisti sono arrivati. Un po' perchè vedevano il ministro dell'Economia più saldo sulla sua poltrona, dopo le rassicurazioni del week-end, e un po' perchè la linea Tria sembrava avere di nuovo una sua credibilità, in attesa dei numeri veri sulla manovra, proprio mentre Tria stava per partire alla volta del Lussemburgo. Anche Piazza Affari si è spinta in un rimbalzo inatteso, in cui le banche hanno guidato la rotta.

 

DOMBROVSKIS

Ma è durata poco. La tregua con i mercati era già finita a fine mattinata. E così le parole di Moscovici, il gelo che ha accolto Tria al suo primo test in Europa, insieme con il suo rientro anticipato a Roma, ha cambiato completamente il clima sul mercato. Lo spread ha finito per chiudere a quota 282 punti, dai 267 di venerdì scorso. Il rendimento del titolo decennale italiano si è fermato al 3,29%. E Piazza Affari ha archiviato un calo dello 0,49%.

 

Mentre gli analisti sono tornati a credere che oltre ai timori per le agenzie di rating ci siano due numeri che non tornano. Non c'è soltanto lo scontro, che si preannuncia duro, in Europa sul rapporto deficit/Pil al 2,4%. Molti, sul mercato, sono convinti che sia poco credibile quell'1,6% di crescita del Pil nel 2019.

MERKEL JUNCKER1

 

Eppure ci ha provato, ieri, il ministro Tria a rassicurare i mercati ancora prima di incontrare con i leader europei: «I partner europei «devono stare tranquilli», perchè «il debito/pil scenderà» nel 2019. Poi sulle parole, seppure caute, di Moscovici e Dombrovskis, si è scatenata l'ira del vicepremier, Luigi Di Maio, pronto ad accusare «qualche istituzione europea» di giocare «a fare terrorismo sui mercati».

 

Un certo ottimismo però era rimasto: «Sono sicuro che l' Europa ci dirà sì dopo i dettagli sulla manovra». E poi contro le agenzie di rating: «Se ci declassano vuol dire che hanno pregiudizio contro governo», ha aggiunto. Ma non era ancora arrivato lo schiaffo di Juncker. A Palazzo Chigi non rimane che ricordare che una «manovra meditata, seria e improntata alla crescita», rafforzerà un' economia «già solida». Di qui la richiesta di «un dialogo senza pregiudizi con l' Europa».

il palazzo della commissione europea a bruxelles

 

3 – «CON QUESTI NUMERI RISCHIATE LA BOCCIATURA» GELO DEI COLLEGHI, TRIA TORNA A ROMA IN ANTICIPO

Antonio Pollio Salimbeni per “il Messaggero”

 

Nettamente isolato all' Eurogruppo. Gelo da parte della Commissione europea che di fatto chiede di tornare indietro rispetto alla scelta di inchiodare il deficit/pil nominale nel 2019-2021 al 2,4%, livello ritenuto in aperta violazione delle regole del patto di stabilità. Il ministro dell' economia Giovanni Tria è uscito dalla riunione dei ministri finanziari dell' Eurozona con una sola certezza: se il governo (di cui fa parte) confermerà la linea del 2,4% la bocciatura Ue sarà inevitabile. Bocciatura che potrebbe portare a una procedura probabilmente per violazione della regola di riduzione del debito.

 

giovanni tria 5

La missione di Tria ha chiarito che lo spazio per una soluzione condivisa tra Roma e Bruxelles (ma anche tra Roma e gli altri azionisti dell' Eurozona) può essere trovato solo se si ricomincia a discutere a partire da un deficit/pil nominale a quota 1,6%. Quota 1,6% è per la Commissione europea il minimo per assicurare che ci sia una minima riduzione del deficit in termini strutturali. Ma c' è dell' altro: ai vertici della Commissione europea si teme una nuova crisi greca.

 

Come spesso è accaduto, il presidente Jean Claude Juncker dice in modo secco ciò che di solito viene taciuto per carità di patria. Il suo messaggio è preciso: aprire la porta alla scelta italiana di aumentare il deficit rischia di aprire una nuova crisi nella zona euro perché scatenerebbe la corsa a chi spinge più forte in molti altri Paesi per sbarazzarsi delle regole di bilancio. Un segnale alle forze populiste e nazionaliste (Parigi è preoccupata quanto Berlino). Sarebbe l' anticamera di una rottura politica.

 

Mario Centeno

LA POSTA IN GIOCO

La posta in gioco è politica non solo per il governo pentastellato, ma anche per i governi dell' Eurozona. Di qui l' appello del commissario Moscovici a «raffreddare», a «tenere i nervi saldi» (ma il commissario francese si scalda un attimo solo quando respinge l' accusa di Di Maio di fare del «terrorismo di mercato»). Si è capito subito all' inizio del pomeriggio che Tria non aveva margini di manovra per difendere le posizioni del governo.

giovanni tria 3

 

Via via vari ministri e gli esponenti comunitari hanno stretto il cerchio. Nessun ministro si è espresso a sostegno delle posizioni italiane. È stato il responsabile delle finanze francesi Le Maire a volere una discussione esplicita sull' Italia: «Tutti gli Stati devono attenersi agli impegni presi, le regole sono uguali per tutti». Nessun sostegno dal fronte del Sud, con la ministra spagnola Calvino lì a ricordare: che «nessuno trae vantaggio dall' innescare un episodio di instabilità finanziaria e meno di chiunque altro dall' Italia».

 

MOAVERO DI MAIO SALVINI CONTE MATTARELLA

Mario Centeno, il presidente dell' Eurogruppo, è uscito dal suo classico aplomb dichiarando che i ministri «hanno espresso preoccupazioni a Tria, bisogna comunque aspettare quando l' Italia presenterà tutte le cifre, ma la matematica comunque non è difficile». Per quanto fermi nel respingere l' escalation polemica in Italia, i responsabili della Commissione Moscovici e Dombrovskis hanno ribadito che con un deficit/pil al 2,4% l' Italia è completamente fuori linea. «Le cifre evidenziano una deviazione molto significativa, non vedo come siano compatibili con le nostre regole. Lavoriamo con Tria sulla base di un deficitPil all' 1,6%, con un deficit al 2,4% si può immaginare che il deficit strutturale non viene visto nello stesso modo», ha dichiarato Moscovici. L' obiettivo di deficit/pil nominale al 2,4% nei tre anni 2019-2020 «a prima vista non sembra compatibile con le regole del patto di stabilità», ha dichiarato Dombrovskis.

DI MAIO SALVINI MATTARELLA

 

L' incontro di Tria con il commissario agli affari economici e il vicepresidente della Commissione non ha aggiunto nulla. Richiesto di indicare se le posizioni italiane fossero state condivise da qualcuno all' Eurogruppo, Moscovici ha risposto: »Molti hanno simpatizzato con il ministro Tria». Un fatto di solidarietà personale con un ministro in seria difficoltà.

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…