IL TEATRINO DELLA POLITICA HA SCASSATO O’ CAZZ – SALVACONDOTTO? VOTO A NOVEMBRE? – NUOVO PDL CON CASINI, MONTI E LUCHINO? – LETTA STACCA LA SPINA? – TUTTA AMMUINA…

Claudio Tito per "la Repubblica"

«Cosa significa non farsi logorare? Rassegnare le dimissioni e non farsi licenziare. Se Berlusconi insiste, non perdere la faccia davanti agli elettori». In questi giorni Enrico Letta ha condensato in queste parole la sua linea. Con il gruppo dirigente del Pd è stato piuttosto esplicito. Una sintesi che rende bene il senso della "tregua armata" tra democratici e Pdl. Ma che rischia di saltare già nelle prossime settimane. A settembre.

Quando lo scontro sul "salvacondotto" per Silvio Berlusconi si infiammerà di nuovo. E quando il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, metterà sul tavolo di Palazzo Chigi il patto che in queste ore ha solo preannunciato al presidente del consiglio: «Se il Pdl perde la testa, noi dobbiamo precederlo. Non possiamo commettere lo stesso errore di novembre scorso quando ci hanno lasciato da soli a sostenere Monti. Devi essere tu a staccare la spina». Ma quella dell'ex leader Cgil non è solo una constatazione, è anche un'offerta. Che prevede le elezioni in autunno.

Perché la ricerca di una "via d'uscita" per l'inquilino di Palazzo Grazioli diventerà sempre più l'unica questione che conta e che determinerà l'"agibilità politica" dell'esecutivo. E proprio per questo si sta aprendo dentro il Pdl un confronto del tutto nuovo. Che non riguarda esclusivamente le esigenze personali di Berlusconi, ma la natura e la vita stessa del partito.

Con un interrogativo fondamentale: quelli che vengono definiti "colombe" riusciranno a separare il destino del partito da quello del Cavaliere? «Dobbiamo capire - spiega un ministro del Popolo delle libertà - se sarà possibile immaginare un centrodestra senza Berlusconi ». Una risposta positiva può salvare il governo, una negativa lo affonderà.

La "guerra" intestina sul fronte berlusconiano, però, è tutt'altro che scontata. Per questo il presidente del consiglio ha concordato con il segretario del suo partito una sorta di "Piano B". Una via d'uscita da imboccare rapidamente se le richieste del Cavaliere e del Pdl dovessero, appunto, superare il limite dell'"onore democratico". Provocando lo sdegno del "popolo della sinistra".

L'altro ieri sera, allora, il capo del governo ha riunito i suoi fedelissimi a Palazzo Chigi per preparare la direzione di oggi e per spiegare cosa potrà accadere alla fine dell'estate. «Se Berlusconi esagera, io non potrò che dimettermi», ha ripetuto. Ma il patto con Epifani va oltre questa considerazione. Se il centrodestra insisterà nel reclamare l'"agibilità politica" del suo leader, allora Letta non aspetterà di farsi travolgere dal ciclone delle prevedibili polemiche.

Entro settembre cercherà di prendere tutti in contropiede staccando lui - senza caricare il Pd di questa responsabilità - la spina al governo. Rivendicando dunque la scelta dinanzi ai militanti ed evitando il ripetersi dell'"effetto Monti": consentire cioè al Cavaliere di prendere le distanze dall'esecutivo e assumersi il merito di aver messo la parola fine alle larghe intese. A quel punto per il centrosinistra si aprirebbe un'ultima finestra elettorale: quella di metà novembre.

Ma l'effetto, in questo caso, sarebbe doppio: sulla legislatura e sul congresso del Partito Democratico. L'asse Letta-Epifani-Franceschini chiederebbe infatti di accelerare solo sulle primarie per la premiership non potendo svolgere in tempi altrettanto brevi tutte le procedure congressuali: le assise slitterebbero insomma, e lo stesso presidente del consiglio potrebbe sfidare Matteo Renzi nella corsa alla candidatura per Palazzo Chigi. Nello stesso tempo verrebbe separato il destino della premiership da quello della segreteria. Esattamente la soluzione che non vorrebbe il sindaco di Firenze il quale da giorni ripete: «Chi vince prende tutto. Presidenza del consiglio e partito». Ma è esattamente l'ipotesi su cui da tempo il gruppo "bersanian-epifaniano" sta lavorando per mantenere il controllo della "ditta".

Non solo. Il Pd sa che dovrà fare i conti con la riforma elettorale e la sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum prevista a dicembre. Nello showdown prima del voto, proverà a compiere un estremo tentativo con il M5S di cambiare la legge elettorale. Un tentativo, però, che molti già danno per disperato visti i continui ondeggiamenti di Grillo e le reiterate posizioni dei grillini a favore del sistema proporzionale. La linea democratica invece sarà quella di rilanciare il ritorno al sistema maggioritario del Mattarellum.

Lo stato maggiore di Largo del Nazareno sta dunque già facendo i conti anche con la contrarietà del Quirinale alle elezioni anticipate. Il tentativo di accelerare sul riforma del Porcellum è una delle prime mosse. Per le prossime ore i capigruppo democratici si aspettano di essere convocati sul Colle per un incontro.

Dai contatti informali, gli stessi vertici del Pd hanno ricevuto assicurazioni sulla linea di Napolitano rispetto al "salvacondotto" berlusconiano. Una linea che esclude la presidenza della Repubblica da qualsiasi intervento. Esattamente quello che il Partito Democratico si aspettava. E che conferma il rischio concreto di un nuovo scontro a settembre.

Ma, appunto, questo è il "Piano B". Perché esiste un'ipotesi principale. Quella che vede il capo del centrodestra rassegnato alla pena detentiva e alla decadenza da senatore. Una prospettiva che sta provocando un vero e proprio sconquasso a Via dell'Umiltà. Il Pdl sta vivendo la sua più decisiva battaglia. I "falchi" come la Santanchè e Verdini puntano a una nuova Forza Italia ancora "berlusconizzata".

Sperano di rilanciare Silvio, o in alternativa - se sarà incandidabile - di sostituirlo con Marina. E per questo hanno bisogno di stringere i tempi, conservare lo status quo e tornare alle urne entro la prossima primavera. Le "colombe", come Quagliariello o Lupi, al contrario scommettono sui tempi lunghi.

Sul governo Letta che vada avanti almeno fino al 2015 per organizzare il nuovo campo dei moderati. Vogliono un centrodestra "deberlusconizzato" e che coinvolga altri soggetti "centristi" come la Scelta civica di Monti, l'Udc di Casini e persino l'ItaliaFutura di Montezemolo che solo sabato scorso ha detto: bisogna «lavorare alla rifondazione di un'area liberale e moderna di centro destra».

Ma se le "colombe" avessero la meglio, il traguardo del 2015 diventerebbe probabilmente solo un primo step. Basti pensare a quel che è successo - prima che la Cassazione emettesse la sentenza su Berlusconi - nell'ultima riunione dei capigruppo della maggioranza con il premier. «Caro Enrico - ha detto Renato Brunetta - tu ci hai detto cosa vuoi fare fino al 2014. Ma sarebbe bene che ci dicessi cosa vuoi fare anche dal 2015
in poi».

 

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