LIBIA SULL’ORLO DELLA GUERRA CIVILE: E OBAMA L’AVEVA “AFFIDATA” A RENZI! - A TRIPOLI MILIZIANI RIBELLI ALL’ASSALTO DEL PARLAMENTO ACCUSATO DI PROTEGGERE GLI ISLAMISTI - IL GOVERNO: ‘E’ UN GOLPE’ - SCONTRI ANCHE A BENGASI: ALMENO 80 MORTI E CENTINAIA DI FERITI

1. LIBIA, IL GENERALE GOLPISTA ATTACCA IL PARLAMENTO
Giordano Stabile per ‘La Stampa'

Cannonate contro il Parlamento di Tripoli, accusato di proteggere gli islamisti, e attacco a oltranza a Bengasi, in mano alle brigate di Ansar al Sharia, la branca libica di Al Qaeda. L'offensiva del generale Khalifa Haftar per riportare «l'ordine» in Libia è al punto decisivo. Il generale, che rifiuta l'etichetta di «golpista» in quanto a suo dire «patriota», ha attaccato l'unica sede democratica, il Congresso, quando erano passati pochi minuti dalla formazione del nuovo governo, guidato da Ahmed Mitig, che ha preso il posto di Abdullah al Thani, che a sua volta aveva sostituito Ali Zaidan, cacciato perché troppo morbido con i secessionisti-islamisti dell'Est.

Ma evidentemente nessun governo uscito dall'assemblea è mai abbastanza duro con la Bengasi ribelle, in piena accelerazione centrifuga, anche perché il gruppo che ha la maggioranza relativa al Congresso è legato ai Fratelli musulmani ed è contrario all'uso della forza. Il presidente dell'assemblea Nuri Abu Sahmein ha condannato sabato l'offensiva del generale Haftar contro Bengasi, e minacciato di arrestare «tutti i responsabili di questo colpo di Stato».

La battaglia fra le fazioni «laiche» e quelle islamiste si è spostata dunque nel cuore del potere libico, a Tripoli, mentre a Bengasi si continuava a combattere e il bilancio dei morti saliva a 79. Una battaglia condotta con serrati raid di elicotteri d'assalto. Il Parlamento, prima di essere circondato dai blindati, aveva risposto con l'imposizione, non si sa con quali mezzi, di una «no fly zone» sopra la capitale della Cirenaica, da dove nel 2011 era partita la rivoluzione che ha portato alla caduta di Gheddafi.

Nella primavera di tre anni fa i ribelli invocavano la «no fly zone» per fermare i Mig del colonnello. A imporla dal cielo furono Francia e Stati Uniti, che salvarono città e rivoluzione. A terra fra le centinaia di gruppi armati, c'era anche quello di Haftar. Un militare buono per tutte le stagioni. Al fianco di Gheddafi nel 1969 nella destituzione del re Idris, poi alla testa delle truppe inviate in Ciad dal raiss, dove viene catturato dai governativi e passa dalla parte dell'Occidente, in seguito esule in America per vent'anni, in Virginia, e infine nel 2011 al servizio della rivoluzione.

Ora, probabilmente, al servizio soltanto di se stesso. Ma nella Libia che scivolava verso l'anarchia ribaltare le fortune è affare anche degli protagonisti più improbabili, basta un colpo deciso al traballante edificio statale. Con gli ex militari fedeli ad Haftar si è schierato la potente brigata di Zintan, vera padrona della capitale. I deputati sono fuggiti, il nuovo governo non ha ricevuto l'investitura. L'anarchia adesso è certificata. E le trecento brigate censite dal profetico rapporto Cesi sugli «Sviluppi dell'instabilità in Libia» si preparano a spartirsi quel che resta dello Stato e dei pozzi di petrolio.


2. LIBIA NEL CAOS: ATTACCO AL PARLAMENTO
Giampaolo Cadalanu per ‘La Repubblica'

Non è bastata la morte di Muammar Gheddafi per scacciare l'incubo della guerra civile: la Libia è di nuovo spaccata, con una fetta del paese e delle Forze armate addirittura all'attacco delle sedi istituzionali di Tripoli, e un'altra fetta che invece difende lo status quo, mentre cresce il ruolo delle milizie islamiche di stampo qaedista. Ieri davanti al Congresso nazionale c'era quello che Al Jazeera ha definito «un campo di battaglia»: le milizie del generale Khalifa Hiftar hanno attaccato il palazzo del Parlamento per «arrestare gli estremisti» islamici.

L'alto ufficiale, ex collaboratore del colonnello Gheddafi poi fuggito negli Stati Uniti e rientrato in Libia solo nel 2011, ha preso la testa del dissenso contro la deriva jihadista di parte del paese: con lui sono schierati i miliziani di Zintan, protagonisti della rivoluzione, mentre gli uomini di Misurata, anch'essi colonna della rivolta anti-regime, sembrerebbero schierati con i jihadisti radicati a Bengasi e in tutta la Cirenaica.

L'attacco al Parlamento è stato respinto, dopo che le forze di sicurezza avevano fatto evacuare i parlamentari. Non è ben chiaro se i militari abbiano preso qualche politico in ostaggio, secondo il Libya Herald in mano ai ribelli ci sono almeno sette parlamentari. Diverse testimonianze riferiscono che le truppe fedeli a Hiftar hanno anche sparato contro una vicina base militare, controllata da una milizia islamista. A tarda serata, Tripoli appariva deserta, con i segni degli scontri vicino al Parlamento e nella zona di Abu Salim e al quartiere della "collina verde".

Il generale sembra deciso ad andare avanti, convinto che le autorità del Paese non abbiano mandato legale per governare. Il Parlamento è in effetti diviso, con gli islamisti che cercano di varare un nuovo governo e i laici che vorrebbero nuove elezioni. Proprio poche ore prima dell'attacco, il premier ad interim Ahmed Maiteeq aveva annunciato la formazione di un nuovo governo, che avrebbe dovuto essere votato nei prossimi giorni. Ma dopo quasi due mesi di impasse, a prendere l'iniziativa ci ha pensato appunto Hiftar, venerdì, con un robusto attacco contro gli islamisti a Bengasi: si parla di una ottantina di morti negli scontri, mentre i feriti sono almeno il doppio.

Due fra le milizie più potenti schierate a Tripoli, denominate Al Qaaqaa e Sawaaq, composte in gran parte da miliziani provenienti da Zintan, si sono schierate con il generale. I primi hanno spiegato la decisione con un comunicato apparso su internet: abbiamo attaccato il Parlamento perché «sostiene i terroristi». I due gruppi avevano già indirizzato un ultimatum ai parlamentari perché sciogliessero la camera.

I vertici libici parlano di colpo di Stato. Nouri Abu Sahmein, presidente del Parlamento, di tendenze islamiche, ne ha parlato alla tv Al Nabaa: «Noi siamo stati eletti per questo ruolo, e lo portiamo avanti. Chi ci attacca colpisce qui e là per far vedere che ha influenza, ma noi e le milizie leali alle istituzioni abbiamo tutto sotto controllo». Secondo fonti di Tripoli, il governo ad interim avrebbe chiesto alle brigate di Misurata, fedeli al Parlamento e di tendenze islamiste, che avevano lasciato la capitale, di rientrare per difenderla.

Dopo la rivoluzione del 2011, l'attività politica libica è stata spesso paralizzata dagli scontri fra fazioni: le scaramucce fra brigate paramilitari, gli attacchi al Parlamento e persino il sequestro del premier, nei mesi scorsi, hanno bloccato ogni tentativo di stabilizzare il Paese e hanno preso in consegna giacimenti, condutture e porti, riducendo l'estrazione di petrolio da 1,4 milioni a 200 mila barili al giorno.

L'attacco di ieri, lanciato da Hiftar con il programma di "ripulire" le istituzioni dalla presenza islamista, sembra un passo ulteriore verso il caos. Già a febbraio il generale aveva suscitato voci di golpe comparendo in pubblico con l'uniforme d'ordinanza per chiedere che un comitato presidenziale fosse investito di poteri governativi per indire nuove elezioni e togliere il paese dall'impasse.

 

renzi e obamaMATTEO RENZI E BARACK OBAMA FOTO LAPRESSE MATTEO RENZI E BARACK OBAMA FOTO LAPRESSE libia truppe in strada libia attacco al parlamento libia di nuovo militarizzata libia nuovi scontri

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)