luigi di maio e giuseppe conte

“LUIGI, QUESTO LO POSSO DIRE?”, “NO!”. ECCO LE GAFFE A MONTECITORIO DI GIUSEPPE CONTE - DURANTE IL VOTO DI FIDUCIA ALLA CAMERA, IL PREMIER SI FA DETTARE LA LINEA DA LUIGINO. POI SI PERDE GLI APPUNTI, CERCA SUL TAVOLO I FOGLI GIUSTI E IL GRILLINO LO SPINGE E DICE... - DELRIO LO ATTACCA PER AVER RICORDATO L’OMICIDIO DEL FRATELLO DI MATTARELLA SENZA NOMINARLO: “SI CHIAMAVA PIERSANTI! NON FACCIA IL PUPAZZO NELLE MANI DEI PARTITI..."

di maio conte salvini

Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”

 

Tra i latinismi, gli inglesismi e i «bellicismi» di una replica distillata a braccio e quasi sottovoce, la seconda fiducia sul governo di Giuseppe Conte va giù come un sorso d' acqua in un tifo da stadio, grandi abbracci e pacche sulle spalle. Ma gaffe, equivoci e omissis rendono il bis assai meno spavaldo dell' esordio al Senato.

andrea orlando e giuseppe conte

 

La partenza in diretta tv vede l'«avvocato del popolo» che si consulta con Luigi Di Maio, ignaro del fuorionda: «Questo lo posso dire?». E il capo del M5S: «No». Poi Conte si perde gli appunti, cerca sul tavolo i fogli giusti e il vicepremier lo spinge nell' arena: «Vai, te li cerco io...Hai il microfono aperto».

 

Il secondo scivolone lo smaschera Mariastella Gelmini: «Vogliamo immaginare sia stato un lapsus legato all' emozione, ma lei non ha parlato di presunzione di innocenza, bensì di presunzione di colpevolezza». Azzurri e dem si danno di gomito, ironizzano sull'«avvocato dei cittadini» che si è mangiato un «non», trasformandoli in presunti colpevoli. Paolo Gentiloni si tiene la testa con le mani, sconsolato.

emanuele fiano enrico borghi delrio

 

E non è ancora niente. Graziano Delrio, schiacciato nella precedente legislatura dalla leadership di Matteo Renzi, tira fuori tutta la grinta che ha dentro e la riversa sul premier, reo di aver dimenticato il nome del fratello del presidente Mattarella, ucciso dalla mafia. Riavvolgiamo il nastro del film, che da ore rimbalza sul web.

 

franceschini giachetti lotti guerini boschi

Ecco Conte che si dice addolorato per gli attacchi sui social «alla memoria di un congiunto» del capo dello Stato. Ecco il capogruppo dem che si alza e chiama la standing ovation in memoria del presidente della Regione Sicilia, ucciso nel 1980 da Cosa nostra: «Si chiamava Piersanti! Si chiamava Piersanti!». Passa un minuto eterno e l'applauso non si ferma, finché il commesso si china per suonare la campanella e Roberto Fico lo stoppa: «Aspetta, lascia fare».

 

È bagarre. Gridano tutti, scattano tutti in piedi, leghisti e grillini emettono fragorosi «buuuuu» e fa impressione davvero un emiciclo dove il dissenso è schiacciato sulle ali e il consenso va ben oltre il corpaccione centrale dell' Aula. E quando le urla sembrano placarsi, subito il caos ricomincia. «Non faccia il pupazzo nelle mani dei partiti - incalza Delrio -. Ci faccia un piacere, riprenda il programma e lo riscriva, rifaccia di suo pugno la lista dei ministri». E ancora: «In nome del popolo sono stati commessi omicidi orrendi, tutti i grandi dittatori lo fanno in nome del popolo».

 

giuseppe conte

Conte appare frastornato ed è la prima volta, per uno che aveva preso gusto a rintuzzare le critiche dei deputati, da Giachetti a Scalfarotto. È rissa verbale anche su giustizia e conflitto di interessi, con il dem Lele Fiano che punta vistosamente il dito contro Fico e gli rimprovera di non difendere i diritti dei parlamentari, perché i grillini in barba al regolamento filmano le gesta degli oppositori. «Lei non faceva così quando stava da questa parte dell' Aula», geme Fiano. E Fico, con aria di sfida: «Ma adesso sono da quest' altra parte».

la fiducia alla camera per il governo conte

 

Vincitori e vinti, lo spettacolo è questo. Comincia al mattino Giorgio Mulè. Il portavoce unico dei gruppi di Forza Italia strappa risate agli azzurri dicendo di essersi imbattuto, «nella prosa elegante» di Conte, in giganti del pensiero come Jonas, Beck, Dostoevskij e in un «noto filosofo» che il capo del governo deve aver conosciuto in America: «The whatever, in Italia lo chiamiamo Cetto La Qualunque». Benvenuto a Montecitorio, signor presidente.

 

Renato Brunetta teorizza che «quando unisci capre e cavoli viene fuori un governo mostruoso». E mentre Fico bacchetta Salvini perché «deve stare seduto sui banchi del governo», alla buvette i deputati si gettano sulla degustazione di ciliegie Ferrovia: «Davvero sono gratis?». Beatrice Lorenzin informa Maria Elena Boschi di aver scritto a Renzi: «Gli ho detto "torna, Matteo, ti prego"». E la ex ministra del giglio magico: «In politica non ci si improvvisa, il nuovo premier mi è parso un po' in confusione». Eppure il leghista Roberto Calderoli è convinto che Conte ci stupirà: «Non è un flat premier, è tutt' altro che piatto».

luigi di maio giuseppe conte matteo salviniluigi di maio e giuseppe contesgarbi e minnitidi maio conte salvinimaria elena boschi e giancarlo giorgetti

 

maurizio martina tra i colleghi pd

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - "LA STAMPA"  DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI...

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?