LE MAGAGNE DI PENATI NON FINISCONO MAI

Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"

Nell'interrogatorio, il 4 febbraio, dell'architetto Renato Sarno, incriminato dai magistrati monzesi quale collettore di finanziamenti illeciti dell'ex presidente ds della Provincia di Milano Filippo Penati, non c'è soltanto il riferimento ai «vertici del partito» e in particolare alla «persona di Massimo D'Alema» che - a detta di Sarno - Penati nel 2005 avrebbe additato come coloro che gli avevano «imposto» di acquistare il 15% della società autostradale Milano-Serravalle, pagando 8,9 euro per azione al costruttore Marcellino Gavio che le aveva acquistate a 2,9 euro e che poi impiegò 50 dei 175 milioni di plusvalenza per appoggiare la scalata alla Bnl dell'Unipol di Giovanni Consorte.

C'è invece, sempre a sorpresa, anche una conferma della ricostruzione della Procura di Monza circa il fatto che una apparente caparra immobiliare biennale da 2 milioni di euro, accesa nel 2008 da Bruno Binasco (top manager del gruppo Gavio) con l'intervento di Sarno, e lasciata poi stranamente scadere nel 2010 a favore di Piero Di Caterina (imprenditore autoaccusatosi di aver massicciamente finanziato Penati negli anni in cui questi era sindaco di Sesto San Giovanni), sarebbe stata la veste fittizia dietro la quale mascherare in realtà secondo i pm «un pagamento illecito» di 2 milioni «a Piero Di Caterina nell'interesse di Penati»: escamotage «con cui si è realizzato il rimborso a Di Caterina di pregressi finanziamenti erogati dall'imprenditore Di Caterina a esponenti di sinistra».

Questa tesi dei pm Franca Macchia e Walter Mapelli nasceva dal sequestro di una aspra lettera indirizzata nel 2008 da Di Caterina sia a Penati sia a Binasco: «Nel corso degli anni, a partire dal 1999, ho versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro a Filippo Penati, notevoli somme» di cui «il sottoscritto ha cercato di tornare in possesso, ma, salvo marginali versamenti, senza successo.

Penati ha promesso di restituire, dopo estenuanti mie pressioni, proponendo nel tempo varie opzioni che si sono rivelate inconcludenti fino a quando ha proposto l'intervento del gruppo Gavio. Binasco ha di fatto tentato di chiamarsi fuori», e «avrebbe potuto tranquillamente non entrarci»: segno che il pagamento a Di Caterina non era qualcosa che riguardasse Binasco, ma qualcosa che a Binasco veniva chiesto di adempiere per conto altrui. «Vi sollecito a rispettare gli impegni assunti», avvertiva Di Caterina.

Sue invenzioni? Ora però Sarno, che dal 2011 aveva sinora negato, le accredita nell'interrogatorio che, oltre che agli atti dell'indagine penale, è stato trasmesso alla Procura regionale della Corte dei conti che sta valutando l'esistenza o meno di un danno erariale arrecato dall'acquisto della Milano-Serravalle operato dalla Provincia di Penati nel 2005.

«Nel febbraio 2008 - racconta - Penati si presentò nel mio studio con Di Caterina», che «avevo conosciuto nel 2006 per un incarico che conclusi con esito sfavorevole», e che nel novembre e dicembre 2007 era venuto più volte «a chiedermi di aiutarlo a trovare un acquirente per un suo immobile perché aveva bisogno di soldi».

Ai pm che notano «la singolarità di una reiterata presentazione di Di Caterina in studio in assenza di un consolidato rapporto», Sarno risponde: «Compresi dopo, al momento dell'arrivo di Di Caterina insieme a Penati, che era stato quest'ultimo a indirizzarlo da me. Lui voleva forzarmi a occuparmi di questa vicenda».

Stando a Sarno, «l'incontro del 13 febbraio 2008 nel mio studio fu burrascoso per i toni di discussione che ebbero tanto Di Caterina quanto Penati. Il primo sembrava sotto l'effetto di psicofarmaci, perché batteva i pugni sul tavolo e urlava: "Rivoglio i miei soldi, la mia azienda è in crisi, nessuno mi aiuta".

A sua volta Penati insisteva con me perché aiutassi Di Caterina a trovargli un compratore, perché lui aveva bisogno di soldi. Io non li misi alla porta entrambi solo perché Penati era quello che mi aveva dato lavoro» (le ricche consulenze alla Milano-Serravalle). «Ci lasciammo con una frase di Penati che, rivolto a Di Caterina, disse: "Sarno si occuperà della cosa", e cioè di trovargli un acquirente».

Passano alcuni mesi, ricorda Sarno, e magicamente compare «in settembre Binasco»: l'amministratore del gruppo Gavio, beneficiato dal prezzo d'acquisto delle azioni Serravalle pagato dalla Provincia di Penati, «mi disse che intendeva acquistare l'immobile di Di Caterina».

I tre fanno un sopralluogo sull'area, «dopo il quale Binasco mi chiede la disponibilità del mio studio per un incontro con Di Caterina per la firma del contratto». E «il 14 novembre 2008 arrivarono Di Caterina con la segretaria e Binasco da solo, misi a disposizione una sala e dissi loro di chiamarmi in caso di necessità. L'incontro durò 10-15 minuti».

Qui Sarno minimizza il proprio ruolo: ma c'è il problema che a portare l'assegno della caparra fu proprio lui. Che ai pm spiega allora così la circostanza: due settimane dopo, «il 28 novembre Binasco ritornò nel mio ufficio, mi disse che era di fretta e che doveva andare a Sesto San Giovanni per consegnare l'assegno della caparra a Di Caterina. Io gli feci presente che anche io dovevo andare a Sesto in una concessionaria d'auto e che, se voleva, potevo portare io l'assegno». Binasco accettò, «telefonammo a Di Caterina, io presi la busta con l'assegno e la consegnai a Di Caterina».

Dopo queste rivelazioni di Sarno, la Procura ha convocato Penati, ma questi non si è recato all'interrogatorio e non ha dunque esposto ai pm quanto invece l'altro ieri era ha detto al Corriere, e cioè di non aver «mai fatto a Sarno il nome di D'Alema». Sempre al Corriere anche il suo ex braccio destro, Giordano Vimercati, nega di «aver mai parlato né tantomeno incaricato Sarno di effettuare alcuna due diligence "sulla parte tecnica"» e «più in generale di aver mai avuto alcun tipo di rapporto riguardante la Milano-Serravalle».

 

 

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