marco_rubio_t670x470

CHI CI RICORDA? - MARCO RUBIO È GIOVANE, AL PRIMO MANDATO DA SENATORE, FIGLIO DI CUBANI, VUOLE PORTARE AL GOVERNO "LA NUOVA GENERAZIONE" (VIDEO) - SARÀ DIFFICILE VENDERE AI REPUBBLICANI UN OBAMA-BIS, PER QUANTO ARCICONSERVATORE

1. VIDEO - L'ANNUNCIO (INTEGRALE) DI MARCO RUBIO: "MI CANDIDO ALLA PRESIDENZA. E' ORA DI UNA NUOVA GENERAZIONE"

 

2. UN “CUBANO” PRESIDENTE - IL SOGNO DI MARCO RUBIO GALVANZIZA I REPUBBLICANI

Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera

 

marco rubio marco rubio

Gli amici e i consiglieri che l’hanno seguito nella sua rapida ascesa politica sono soprannominati, nel partito repubblicano, «il club del 3%». Perché? Quando, sei anni fa, Marco Rubio sfidò l’allora potente governatore della Florida Charlie Crist nella corsa per il seggio senatoriale dello Stato, i sondaggi gli attribuivano appena il 3 per cento dei consensi.

 

Tutti lo invitavano ad aspettare «il suo turno»: una storia per certi versi simile a quella del Matteo Renzi che si candidò sindaco di Firenze contro l’esponente ufficialmente designato dal suo partito.

 

marco rubio  marco rubio

E, come Renzi, Rubio sorprese tutti recuperando terreno con grande tenacia: il giovane che non accetta di mettersi in riga e alla fine batte l’avversario e l’ establishment con un messaggio basato sul cambiamento generazionale nella guida politica del Paese. I paragoni tra il premier italiano e il 43enne senatore della Florida che da ieri è il terzo candidato repubblicano alla Casa Bianca finiscono qui: Rubio è un arciconservatore che piace alla destra dei Tea Party, anche se non è sulle posizioni estreme di Ted Cruz, del radicale Rand Paul o del governatore del Wisconsin Scott Walker, anch’egli pronto a scendere in campo.

 

E poi, a differenza di Renzi, Marco Rubio, quando sfidò Crist, ebbe l’appoggio di almeno un personaggio di rango: quel Jeb Bush figlio e fratello di presidenti che era stato anche lui governatore dello Stato. Vero e proprio mentore di Rubio per oltre otto anni, Jeb ora si ritrova l’ex delfino trasformato in sfidante. Uno sfidante nel cortile di casa, visto che ieri questo figlio di due profughi cubani in fuga dalla rivoluzione castrista (barista il padre, cameriera d’albergo la madre) il suo annuncio lo ha fatto proprio in Florida.

 

marco rubio con famigliamarco rubio con famiglia

Al mattino l’incontro in un hotel coi possibili finanziatori della campagna e in serata l’evento pubblico per il quale Rubio ha scelto un palcoscenico suggestivo: la Freedom Tower di Miami, l’edificio sul porto dal quale sono passati i cubani accolti dagli Stati Uniti. Un luogo-simbolo di sofferenza ma anche di speranza per gli immigrati d’America, un po’ come Ellis Island a New York.

 

marco rubio con il padre e i figlimarco rubio con il padre e i figli

Rubio non ha un messaggio politico nitido e tagliente come quello di altri candidati della destra repubblicana: due anni fa appoggiò una proposta bipartisan per la regolarizzazione della posizione di 11 milioni di immigrati clandestini. Poi, davanti all’ostilità degli attivisti di destra per ogni sanatoria, si rimangiò quell’apertura, ma molti non hanno dimenticato quel suo «tradimento».

 

Rubio non ha nemmeno le enormi risorse economiche necessarie per farsi conoscere per bene a livello nazionale: la potente macchina organizzativa della famiglia Bush gli sta facendo terra bruciata tutto intorno. E il senatore della Florida, abbastanza noto nel Sud, ha un bisogno disperato di diventare protagonista nei primi Stati nei quali si svolgeranno le primarie: Iowa, New Hampshire e Nevada, oltre al South Carolina.

rubio rubio

 

Si può quindi essere tentati di considerare Rubio niente più che un outsider in un campo repubblicano nel quale, alla fine, si affolleranno almeno 12 candidati, dall’ex governatore del Texas Rick Perry all’ex capo della Hp, Carly Fiorina, passando per i «soliti noti» Mike Huckabee e Rick Santorum. Ma, appunto, gli analisti conservatori invitano a non sottovalutare le doti di lottatore di Rubio che nella sua ventennale carriera politica ha vinto tutte le competizioni elettorali alle quali si è presentato. Partendo sempre da outsider .

 

Marco Rubio del Tea PartyMarco Rubio del Tea Party

Stavolta, proponendosi come l’incarnazione del cambiamento generazionale, un leader che guarda al futuro con ottimismo per rilanciare il «sogno americano», Rubio ha messo nel mirino non solo la 67enne Hillary Clinton, ma anche il 62enne Jeb Bush. Un Bush che non può dare nulla per scontato, visto che l’affollarsi di candidati di estrema destra testimonia della radicalizzazione di un partito repubblicano i cui elettori (soprattutto quelli delle primarie, i più militanti) sono sempre più ostili all’ establishment conservatore.

 

 

3. RUBIO OFFRE LA TERZA VIA FRA LA DINASTIA BUSH E LE URLA POPULISTE

Mattia Ferraresi per “il Foglio

 

Mentre i commentatori politici sono ancora impegnati a decrittare ironicamente il significato dell’espressione “everyday american” nel linguaggio elettorale di Hillary Clinton, candidata che di “everyday” non ha nulla, e a determinare se stia davvero guidando verso l’Iowa, lei che immersa nella bolla dei protocolli di sicurezza non mette le mani sul volante dal 1996, nel campo repubblicano è precipitato il terzo candidato ufficiale, Marco Rubio.

marco rubio  con famigliamarco rubio con famiglia

 

Ieri sera davanti ai fundraiser radunati a Miami il senatore della Florida ha spiegato perché è “uniquely qualified” per guadagnarsi la nomination repubblicana e andare a sfidare i democratici nel novembre del prossimo anno. Rubio si aggiunge ad altri due senatori che hanno già presentato la candidatura, Ted Cruz e Rand Paul, entrambi rappresentanti dell’area più estrema della destra repubblicana, sebbene interpretino l’appartenenza conservatrice secondo codici diversi.

 

marco rubio con madre e mogliemarco rubio con madre e moglie

Cruz corrisponde all’antica immagine del conservatore intransigente e culturalmente affiliato al sud ma con credenziali accademiche dell’Ivy League; Paul è l’erede, anche di sangue, della grande tradizione libertaria americana, cultura di frontiera e anticentralista che contrappone radicalmente le libertà individuali all’autorità dello stato.

 

Rubio rappresenta un altro tipo di conservatore, un ibrido fra la cultura antagonista del Tea Party e il mainstream del partito. Ma si tratta di un ibrido ancora non codificato, indecifrabile, e l’indeterminatezza ideologica coglie la grande questione da risolvere per tutti quelli che andranno a comporre il parco candidati repubblicano: l’effettiva distanza dall’establishment.

 

marco rubio jeb bushmarco rubio jeb bush

Il commentatore conservatore Erick Erickson dice che Rubio ha buone possibilità di vittoria perché è “il candidato originale del Tea Party”, l’uomo che per primo ha dimostrato che la corrente più attivista e “grassroots”, popolare e venata di retorica populista, poteva affrontare e sconfiggere i candidati espressi dalla struttura tradizionale del Gop. Nel 2010 ha ottenuto un seggio al Senato in Florida nonostante l’opposizione del partito, coagulando con fiuto tattico le pulsioni disordinate del Tea Party.

oriales e mario rubio genitori di marcooriales e mario rubio genitori di marco

 

L’arrivo a Washington ha inevitabilmente smussato gli angoli più acuti dell’ideologia rubiana, e la sua immagine non è stata sempre quella trionfante e sorridente del candidato che sa affascinare il suo pubblico, come sa chiunque ricordi la scellerata scelta di dare un poco presidenziale sorso da una bottiglia di plastica durante il “rebuttal” repubblicano del discorso sullo stato dell’Unione.

 

marco rubio  con jeb bush e mitt romneymarco rubio con jeb bush e mitt romney

Niente di politicamente grave, s’intende, ma l’immagine è rimasta scolpita nelle menti dell’elettorato, circolando per mesi sui social e finendo per essere inevitabilmente ripresa quando è circolata la notizia della corsa presidenziale. Il senatore in questi anni ha tentato di rimodellare la sua immagine: da politico di rottura a volto giovane e positivo di un partito che ha come obiettivo quello di restaurare il sogno americano, l’animatore della pars construens dopo la fase dell’antagonismo e dell’opposizione a tutto campo.

 

Non a caso l’ultimo libro di Rubio s’intitola “American Dreams”. Con i suoi 43 anni è il candidato più giovane fra quelli che si sono affacciati fin qui sul proscenio elettorale, e il dato anagrafico è il primo elemento che lo mette in contrasto con Jeb Bush, candidato ancora in fase esplorativa che per ragioni di età (62 anni) e di cognome è ancorato a un vecchio mondo politico, fatto di logiche codificate e dinastie politiche che si autoalimentano. In questo senso Rubio è un oppositore naturale alla potenza pervasiva della macchina elettorale dei Clinton.

marco  rubiomarco rubio

 

Le origini cubane ne hanno fatto una specie di Obama ispanico, elemento importante – qualche stratega dice addirittura decisivo – in una geografia elettorale in cui la costituency latina ha un ruolo sempre più rilevante e una naturale tendenza all’affiliazione con il Partito democratico.

 

Offrire una ricetta politica appetibile per quell’elettorato è condizione necessaria, benché non sufficiente, per l’affermazione elettorale. Rubio lo sa così bene che ha deciso di arrivare alla rottura con gli ordini di scuderia del partito proprio sulla questione dell’immigrazione. Si è opposto agli ordini esecutivi con cui Obama ha aperto la porta alla naturalizzazione, sotto certe condizioni, degli immigrati clandestini, ma un anno prima dell’annuncio obamiano aveva scritto un disegno di legge bipartisan con diverse analogie e punti di contatto con le posizioni democratiche.

 

Il testo è passato al Senato, allora a maggioranza democratica, ma è collassato alla Camera per la decisa opposizione dei repubblicani. Per paradosso le posizione morbida sull’immigrazione lo fa somigliare a Jeb, il quale però, per Rubio, non è che un patrizio bianco del New England che gioca a fare l’ispanico, mentre lui è la versione originale. Suo nonno per alcuni anni è stato un clandestino sul quale pendeva un ordine di espulsione.

Marco Rubio Marco Rubio

 

UN FEDELE SOLDATO CONSERVATORE

Su tutto il resto Rubio è un fedele soldato della causa conservatrice. Invoca un approccio aggressivo in politica estera, dicendo che gli Stati Uniti hanno il compito di “opporsi alla diffusione del totalitarismo”.

 

Ha criticato la timidezza di Obama in Siria e in Ucraina, è a favore di un intervento militare contro le installazioni nucleari dell’Iran e si oppone a qualunque negoziato con i regimi, specialmente quello castrista che ha inflitto tante sofferenze al suo popolo; per lui il percorso di normalizzazione avviato da Obama, con tanto di stretta di mano con Raul Castro a Panama, non è la liberazione da un anacronismo ma una sciagurata concessione a un regime totalitario.

 

In materia fiscale abbraccia le posizioni classiche del conservatorismo, con una particolare enfasi antiregolamentazione e un certo disprezzo per la macchina burocratico. amministrativa di Washington. Da cattolico di scuola non liberal, ha chiarito la sua opposizione ai matrimoni gay e si mette di traverso rispetto al consenso prevalente anche sui cambiamenti climatici. A differenza di altri, però, il senatore queste cose tende a dirle, non a urlarle.

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?