MARONI. CHI LO MANOVRA? - BOBO DÀ IL BACIO DELLA MORTE AL “CERCHIO TRAGICO”: “CACCIAMO CHI VUOLE CACCIARMI E COMPIE SOLO NEFANDEZZE”. PARTE IL CORO: “REGUZZONI FUORI DAI MARONI!” - IL SENATUR INCASSA, BORBOTTA LE SOLITE FRASI CONTRO ROMA E ‘FAREMO I CONGRESSI PRESTO’ - MA IN PRIVATO È FURENTE: “MARONI FA COME FINI, VUOLE PRENDERSI LA LEGA E ROMPERE CON BERLUSCONI. CHISSÀ CHI LO MANOVRA”…

1 - MARONI FA IL PIENONE "ORA CACCIAMO CHI VUOLE CACCIARMI"
Giovanni Cerruti per "la Stampa"

Si accendono le luci, si spengono le voci e alle nove di sera eccoli lì, sul palco del Teatro Apollonio, che si tengono la mano. Umberto Bossi e Roberto Maroni. Sorpresa, assieme. E a momenti il teatro vien giù. «Bossi, Bossi!». «Maroni, Maroni!». Impensabile, fino a qualche ora fa. I due si mettono seduti al tavolino, come due vecchi amici al bar, Roberto Calderoli con loro.

Ma quando Marco Tinti, il giovane segretario dei leghisti varesini, dà il via alla serata si capisce che questa Lega è cambiata, o sta cambiando. Con Bossi sorpreso, lo sguardo che vagola, la mano che batte sul tavolo, mentre ascolta quel che non aveva mai sentito.

Il sindaco Attilio Fontana, per tutti, che se la prende con Marco Reguzzoni, il capogruppo così benvoluto da Bossi che si è arreso alla richiesta di congressi. «Ma dice che così si vedrà chi è con te o contro di te, Umberto. Non è vero: Siamo tutti con te!». E Dario Galli, presidente della Provincia: «Bossi è Bossi, ma dopo Bossi siamo tutti uguali e per comandare ci si conta».

Chi è qui non nominerà mai né Cerchio Magico né Reguzzoni da Busto Arsizio, non serve, si dà per inteso. «Uno di Busto Arsizio dice che sono invidioso di lui - dice Maroni -. Ma come si fa ad essere invidiosi di uno di Busto Arsizio?».

Davanti a Bossi, e tra gli applausi, Bobo Maroni va all'attacco. «La tua presenza vuol dire che il provvedimento che mi condannava al silenzio non era tuo, ma di qualcun altro. E allora dico che sono stufo di subire processi quotidiani, chi ti dice che sono invidioso o cerco visibilità. Ti faccio un appello, perché queste cose rompono la grande unità della Lega: queste cose non sono più sopportabili, non è più accettabile esser sottoposti a nefandezze. Qualcuno vorrebbe cacciarmi dalla Lega, ma è questo qualcuno che dovrebbe essere cacciato fuori». Urrah! Tutti in piedi per questo Maroni. Con Bossi immobile, impassibile, sguardo a terra.

Fuori dall'Apollonio le locandine annunciano per sabato sera «il musical dell'anno», «Pirates», con Luisa Corna. Dentro, in un Teatro che si rivela troppo piccolo fin dalle sette di sera, è andata in scena la rappresentazione più autentica, sofferta e vera, di una Lega che si vuole liberare dal Cerchio Magico. Da chi, in questi otto anni di malattia, ha allontanato il Capo dalla sua base, dai suoi militanti. Un Cerchio Magico che gira attorno a lui, come la pubblicità della Banca Mediolanum di Ennio Doris. Ormai, come è appena successo nella sede di Luino, volano pure schiaffoni. E gli amici del Cerchio finiscono giù per le scale.

E chissà se ha saputo del pomeriggio di dichiarazioni e risse, su tutte quella di Francesco Enrico Speroni, uno dei vecchi del partito, uno che come Maroni non lo tradirà mai. E' pure il suocero del capogruppo Reguzzoni, ma si smarca: «Umberto evidentemente non ha più l'autorità di prima, il carisma si è un po' perso. La decisione di vietare i comizi a Maroni l'ha presa da solo, e per la prima volta molti segretari di sezione non l'hanno seguito». E rivela, a proposito di Cerchio Magico e famigli, «che già tre anni fa Umberto voleva candidare il figlio Renzo al Parlamento Europeo, ma non aveva i requisiti».

Sono le dieci di sera passate quando Maroni finisce tra gli evviva e il coretto «Reguzzoni fuori dai maroni». Tocca a Bossi, adesso. Un paio di minuti, divagazioni su Roma che non gli piace e la Cappella Sistina che non ha mai visto. Solo un paio di frasi, alla fine per accontentare chi s'accontenta: «Nella Lega c'è chi parla troppo e fa male. A volte sbaglio anch'io, ma so distinguere e non mi faccio condizionare. Faremo i congressi presto...». E basta, nessun'altra risposta sulla Lega «che alle amministrative dovrà andare da sola». Nemmeno sulla «necessità di un sindacato vero», non il Sinpa di Rosi Mauro, dall'ignoto numero di iscritti.

Non solo leghisti di Varese. Sindaci, presidenti di Provincia, parlamentari. Da Bruxelles l'eurodeputato Matteo Salvini che manda la sua accusa e poi vola qui: «Usando il nome di Bossi c'è chi si fa gli affari suoi!». E dagli contro il Cerchio Magico. Alle 22,30 la serata è finita e chi esce se ne va con il ricordo di quel video che l'ha aperta, con musiche struggenti e le immagini di Bossi e Maroni dagli Anni 80 all'ultima Pontida. Una Lega, aspettando la manifestazione di domenica a Milano, che forse, non questa volta, per la prima e ultima volta, dipende solo da Bossi.


2 - IL SENATÙR IN PRIVATO LO PROCESSA: «FA COME FINI»
Paolo Bracalini per "il Giornale"

Pace fatta? Nemmeno per idea. Il mare leghista è ancora a forza sei. Dopo un faccia a faccia con Maroni, che sembrava chiarificatore al punto di preludere ad un cambio di capogruppo a Roma (la testa di Reguzzoni che i maroniani chiedono come suggello della «pax padana»), Bossi è tornato sulle posizioni di prima, molto critiche verso l'ex ministro ( quelle da cui è nato il famoso veto a fare comizi).

L'accusa, formulata nel suo ufficio di via Bellerio davanti ad alcuni segretari provinciali, pesa qualche tonnellata: «Maroni fa come Fini, vuole prendersi la Lega e rompere con Berlusconi. Si è fatto impapocchiare da qualcuno, chissà chi c'è dietro di lui che lo manovra...».

Allibiti i dirigenti leghisti che assistevano al processo per direttissima fatto da Bossi, che sospetta - o meglio, che si è fatto convincere da qualcuno - l'azione di certi poteri, dei «servizi» vicini l'ex titolare del Viminale (tirati in ballo anche per le notizie uscite sul Trota e per quelle sui soldi all'estero della Lega), qualche manovra ai suoi danni con protagonista Maroni, di cui non si fida affatto.

Insomma non è servito a molto che Maroni gli dicesse, a tu per tu, che non lo avrebbe mai tradito e che non lascerà mai la Lega di Umberto, come ripete anche a Panorama : «Io non sono Bruto, non accoltellerò mai Bossi. Ma credo sia davvero arrivata l'ora di aprire una stagione di congressi per rinnovare la classe dirigente». Sul capo hanno più influenza altri consiglieri, non più Maroni.

Si vede anche nella questione capogruppo, uno «stress test» centrale per la Lega. Quarantott'ore fa Bossi era deciso al cambio. Via Reguzzoni, al suo posto non il maronian-calderoliano Giacomo Stucchi, promesso capogruppo dall'estate scorsa (ora invece papabile nuovo segretario nazionale della Lega in Lombardia, quando ci sarà il congresso...), ma il deputato comasco Nicola Molteni, un nome di compromesso per accordare le fazioni in guerra.

Quasi fatta finché il «cerchio» non ha lavorato per il siluramento anche di Molteni, che si è compiuto con una lunga telefonata-consulto di Bossi a Leonardo Carioni, presidente leghista della Provincia di Como, che avrebbe sconsigliato l'investitura. Dunque niente da fare, resta il discusso Marco Reguzzoni, mentre i deputati maroniani continuano a chiederne la rimozione.

Il «prodigio» (così chiamato perché Reguzzoni a 31 anni era già presidente della provincia di Varese) dice di aver rimesso il suo mandato nelle mani di Bossi «più di un mese fa, è lui che decide».E poi concorda sull'utilità di un congresso federale «per contarsi e vedere chi è davvero a favore di Bossi e chi no».

Bossi è lo schermo dietro cui si mettono tutti, ma gli anti-cerchio magico non sono anti-Bossi, che resta il capo e fondatore. La replica più netta è di Matteo Salvini su Facebook: «Ci siamo rotti le palle di chi usa il nome del segretario federale per farsi gli affari suoi facendo fare figuracce alla Lega. A mio modestissimo parere Reguzzoni non ha capito, o fa finta di non capire, che siamo tutti a favore di Umberto Bossi, a cui va eterna gratitudine».

E, tanto per peggiorare il clima,c'è il giallo sulle firme alla mozione di sfiducia a Passera presentata dal capogruppo. Sulla carta sono tutti i deputati della Lega, ma diversi dicono di non essere mai stati interpellati. Una mozione che si è mossa da sola.
Dopo il bagno di folla di Maroni a Varese, si attende il No Monti day domenica (parleranno solo Bossi, Calderoli e Maroni), con la segreteria federale anticipata il pomeriggio stesso data la delicatezza del momento. Si discuterà di congressi e di quel che sarà succes­so in Duomo. Si spera contestazioni e fischi solo verso il governo, non verso parte della Lega stessa...

 

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