CAOS LEGA - MARONI CHIAMA IL CAINANO: “PERCHE’ CONTINUI A TELEFONARE A BOSSI? QUI COMANDO IO!” - BOBO TEME UN ACCORDO TRA UMBERTO E TREMONTI E LA SCISSIONE CHE METTEREBBE IL CARROCCIO A RISCHIO QUORUM - ALLA CAMERA SPUNTA IL PALLOTTOLIERE: GRUPPI “BOSSIANI” IN VISTA? - BOBO PRONTO A SOSTENERE SILVIO PREMIER IN CAMBIO DEL PIRELLONE - BAU BAU BOSSI: “CI SONO TANTI CANI PICCOLI CHE ABBAIANO MOLTO MA NON FANNO PAURA. MARONI CON ME NON È GENEROSO…”

1 - DUELLO BOSSI-MARONI, LEGA A RISCHIO SCISSIONE
Paolo Bracalini per "il Giornale"


«Chi comanda nella Lega sono io, non è più Bossi. Per cui se tu lo senti in amicizia mi sta bene, ma per il resto devi parlare col segretario federale della Lega». Cioè con Maroni, che ha voluto ripetere a Berlusconi, incontrato a pranzo a Roma l'altro giorno,che nella Lega le gerarchie sono cambiate.

Nelle settimane scorse, Maroni era irritato dal fatto che Berlusconi continuasse a sentire al telefono Bossi come se fosse ancora Bossi a guidare il Carroccio. Il filo diretto tra i due per la verità non si è mai interrotto, Bossi e Berlusconi continuano a parlarsi spesso, cosa che succede anche tra Bossi e Tremonti, che sta lavorando ad un suo soggetto politico che non a caso guarda anche ai bossiani (tra Tremonti e Maroni non c'è mai stato feeling).

C'è l'amicizia personale tra il presidente della Lega e il Cavaliere, e l'affinità elettiva (diversamente che con l'ex ministro dell'Interno) sul problema magistratura, secondo Bossi responsabile della sua fine politica con l'inchiesta sui soldi della Lega.

L'amicizia tra B&B dunque resta, e qui c'è poco da fare, ma per Maroni è importante che la catena di comando sia chiara a tutti, fuori dal partito come dentro il partito. Soprattutto perché Bossi continua a rivendicare il suo ruolo di «capo», termine con cui gli si rivolgono i fedelissimi, assicurandogli che la «nostra gente» è ancora con lui. «Il capo sono ancora io. Ci sono tanti cani piccoli che abbaiano molto ma non fanno paura... Maroni? Con me non è molto generoso».

Il segretario federale lo zittisce ricordando l'esito congressuale, e Bossi ri-replica sibillinamente:«È la gente che decide tutti i giorni, non una volta per tutte. Maroni intende la segreteria come potere, non è così. Una scissione nella Lega? Speriamo di no, i rischi ci sono sempre... ». E tanto per aggiungere so­spetti a chi sospetta intrighi, mercoledì sera Bossi era a cena, in piazza Navona, con l'espulsa Rosi Mauro ­ insieme al suo assistente Moscagiuro, due senatori tra cui Torri (che detesta Maroni)e l'onorevole Goisis che al congresso votò, praticamente da sola, contro Bobo.

Una cena carbonara, in preparazione di gruppi autonomi in Parlamento o di una seconda Lega? La pentola bolle. «Bossi non ha intenzione di fare un gruppo perché si è sacrificato per l'unità della Lega ­sostiene la Goisis - . Certo, noi siamo ben attenti a come viene condotto il partito...». I pasdaran si stanno contando per vedere se alla Camera e al Senato ci sono i numeri per fare un altro gruppo. Servirebbero, per regolamento, 20 deputati e 10 senatori.

E c'è chi assicura che ci siano già i volontari... In Veneto c'è già una fondazione leghista che fa capo al bossiano Gobbo («Prima i veneti»), mentre una seconda fondazione leghista si sta costituendo in queste ore. Sembra che la foto di Bossi solo come un cane, in un tavolo di festa leghista, abbia colpito la militanza: l'immagine di un trattamento troppo duro verso il fondatore del partito.

Sul fronte alleanze comunque la nuova Lega non sembra destinata a cambiare rotta rispetto a quella di Bossi. Maroni puntava su un patto col Pdl di Alfano, ma se il candidato premier della «cosa di centrodestra » sarà ancora Berlusconi non ci sono veti da parte del segretario. Anzi, Maroni ha pubblicamente ripreso Salvini che aveva escluso il ritorno dell'asse Lega-Berlusconi («Sulle alleanze non parla il segretario lombardo ma quello federale, cioè io»).

Nel faccia a faccia con Berlusconi, Maroni ha spiegato la proposta di legge elettorale leghista, sostanzialmente un proporzionale, che è la stessa strada che piace al Cavaliere («non c'è stata chiusura ma buon interesse » da parte di Berlusconi, dice Maroni).

I due convergono anche su altri punti.La battaglia all'Imu,e lo smantellamento di Equitalia, due bandiere della Lega di Maroni, e due punti del prossimo programma elettorale di Berlusconi. E poi Maroni non ha dubbi che un alleato serva, per le politiche 2013 se la Lega si presenterà a Roma, ma soprattutto per il governo della Lombardia, nel mirino dei leghisti.

Le prove del nuovo patto stanno funzionando. Al Senato il Pdl appoggia e fa passare un emendamento di Calderoli e Divina che fa saltare il principio di «unità giuridica o economica della Repubblica» nell'ambito dell'attività legislativa del Parlamento, fatto che fa infuriare il Pd. Un buon segno per la futura intesa Maroni-Berlusconi.

2 - BOSSI, «ERRORE CACCIARE ROSI MAURO». LA TENTAZIONE DI UN GRUPPO AUTONOMO...
Elsa Muschella per il "Corriere della Sera"

Mai così determinato e impassibile, Roberto Maroni spiana con un carro armato il passato del Carroccio. Dall'«incontro sconvolgente» con Umberto Bossi sono passati 33 anni e sì, l'iconografia rustica di un partito tirato su con nottate di manifesti clandestini ha appassionato generazioni di militanti grazie anche all'epica di un sodalizio che voleva il Senatur papà del movimento e Bobo nel ruolo di mamma.

Ma la nostalgia non porta voti né depenna scandali e adesso al neosegretario federale tocca riscrivere le regole e iniziare il racconto di un corso futuribile: «Non voglio essere un Bossi in sedicesimo - ha messo a verbale nell'intervista a Sette -. L'ho detto chiaramente ai delegati del congresso: "Se mi eleggete sappiate che voglio pieni poteri". Mi hanno eletto. La presidenza di Umberto è un ruolo affettivo: non ha nessun potere. È il riconoscimento concesso alla sua storia personale». Nessun tentennamento, impossibile equivocare.

E però qualcosa da dire, Umberto Bossi ancora ce l'ha. Ce l'aveva domenica sera, quando alla festa di Trescore Cremasco ha realizzato l'eloquente assenza di dirigenti notando amaramente: «Mi hanno voltato le spalle. È giusto così, capirò chi sono i leccaculo e chi veramente mi segue». Ce l'aveva ieri, quando non ha rinunciato a commentare i giudizi senza appello di chi ha preso il suo posto. I due erano a Roma per la ratifica di Montecitorio al fiscal compact: è finita che si sono parlati attraverso lanci di agenzia. «Il capo sono io - insiste il fondatore -. Ci sono tanti cani piccoli che abbaiano molto ma non fanno paura. Maroni con me non è generoso».

L'ex ministro dell'Interno non raccoglie: «Non ho niente da dire. Il congresso ha preso delle decisioni e per me la questione è chiusa». Bossi però non molla: «È la gente che decide tutti i giorni, non è una volta per tutte. Io faccio quello che mi dice di fare la Lega, la gente insiste. Chi guida deve sempre stare in equilibrio, non è una cosa una tantum. Maroni pensa che il segretario sia una funzione di potere, non è così».

Sono distanti su tutto, nel modo di concepire il partito. Anche nella lettura dell'inchiesta sui fondi del Carroccio che per Maroni è un'onta da spazzare a colpi di scopa e per lo storico Capo è soggetta a revisioni: «Quando si tratta di espulsioni in conseguenza a presupposti reati bisogna che siano dimostrati e per Rosi Mauro non era dimostrato niente. Era un tentativo di dare una risposta che servisse all'elettorato, più che la verità. Vedremo, il tempo dirà come stavano le cose».

Il segretario tira dritto e rivendica con forza il ruolo: la ricerca di una nuova ragione sociale per la Lega, il tentativo dichiarato di conquistare in fretta un elettorato più aperto alla contemporaneità internettiana, una struttura di comando capace di metabolizzare elmi vichinghi e gite in battello. In sostanza, una diversa consapevolezza dell'essere leghista: dall'urlo «Padania libera» al decoro di «Prima il Nord», dalle selezioni caserecce di Miss Padania all'invito formale per gli Stati generali del Nord al Lingotto di Torino recapitato per settembre a Giorgio Squinzi («Se riuscirò ci andrò», la risposta del presidente di Confindustria).

Per ora l'ex ministro dell'Interno non si preoccupa dei messaggi di Bossi, neanche quando evocano una possibile scissione: «Speriamo di no, ma i rischi ci sono sempre», dice il Senatur. La tentazione dei bossiani in effetti c'è: creare un gruppo alternativo alla Camera (minimo richiesto 20 deputati) che attiri anche i delusi del centrodestra. L'onorevole Giacomo Chiappori non lo esclude: «Tutto è possibile, di sicuro noi bossiani non abbandoneremo la Lega.

Abbiamo sempre odiato le correnti ma i primi a farne una sono stati i Barbari sognanti, quindi non vedo perché meravigliarsi se ne nasce un'altra. Non ho paura di dirlo, tanto in Parlamento non ci torno: Maroni ha usurpato un trono e noi abbiamo lasciato che condannassero il Capo. Il congresso l'ha eletto, ma quel posto Maroni se lo deve conquistare senza umiliare Bossi». In serata, l'ultima replica del segretario: «Se il congresso decide una cosa, poi la si fa. Non sei d'accordo? Il mondo è grande, abbiamo tanti militanti e gente giovane».

 

BOSSI E MARONIVIGNETTA BENNY MARONI E BOSSI SI CONTENDONO LA LEGA BENNY SU BOSSI CHE SPIA MARONI MARONI E BOSSIVIGNETTA BENNY MARONI E IL CAPPIO PER BOSSI BOSSI E TREMONTI GIURANO SULLA ZUCCABERLUSCONI TREMONTI BOSSI A MONTECITORIO BERLUSCONI E BOSSIBOSSI BERLUSCONI ROBERTO MARONI ISABELLA VOTINO ROSI MAURO CON PIERANGELO MOSCAGIURO jpegsilvio berlusconi sparaROBERTO MARONI CON LA SCOPA PADANA GIORGIO SQUINZI IN BICI jpeg

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