renzi mattarella dalema

MATTARELLA IPOTIZZA IL VOTO AD OTTOBRE E MATTEO CI SI BUTTA, ANCHE A COSTO DI DARE UNA FREGATURA ALLE PENSIONI DEI PEONES – L’IDEA SAREBBE DI SCIOGLIERE LE CAMERE IN ESTATE, DOPO G-7 DI TAORMINA E LEGGE ELETTORALE – TENTATIVO REALE O SÒLA DEL COLLE AL DUCETTO? – ENTRO IL 31 DICEMBRE IL NUOVO PARLAMENTO DEVE VARARE MANOVRA LACRIME E SANGUE

 

Francesca Schianchi per la Stampa

 

mattarella renzi 7mattarella renzi 7

Fino a un paio di settimane fa, con chiunque parlasse, il segretario del Pd Matteo Renzi era categorico: «O si vota a giugno, o si finisce a febbraio del 2018». Impossibile, a suo modo di vedere, una chiamata alle urne in autunno. «C' è la legge di bilancio. E poi non bisogna fare scattare i vitalizi dei parlamentari», ha ripetuto spesso ai suoi.

 

Ma, negli ultimi giorni, nella sua testa continuano a ronzare le considerazioni che gli ha fatto più volte il capo dello Stato, Sergio Mattarella: è vero che non è un tabù andare a votare a giugno, ma appuntamenti internazionali e la necessità di armonizzare le leggi elettorali per Camera e Senato, operazione che potrebbe avere tempi più lunghi del previsto, rendono difficile quel traguardo.

 

Lo stesso presidente della Repubblica, d' altra parte, sa bene che arrivare alla scadenza naturale del 2018 sarebbe chiedere molto, forse troppo, a una legislatura virtualmente terminata con il referendum del 4 dicembre. Per questo, lo scenario più ragionevole porta al voto tra la fine di settembre e i primi di ottobre: un percorso che indurrebbe il Colle - a patto che la legge elettorale sia approvata - a sciogliere le Camere tra la fine di luglio e i primi di agosto.

renzi gobborenzi gobbo

 

La prospettiva sta diventando suggestiva agli occhi di Renzi. Vero è che la sua prima scelta resta giugno. Ma da qui a là, appuntamenti-vetrina di livello internazionale come l' anniversario del Trattato di Roma, a marzo, o il G7 di Taormina a fine maggio, sono come macigni sulla strada di una campagna elettorale. Per non parlare della discussione sul sistema di voto: in teoria già previsto in calendario per il 27 febbraio in Aula, secondo chi ne capisce di tempi del Parlamento non ci arriverà mai per quella data.

 

Domani si riunirà l' Ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali, che per prima deve occuparsi dell' argomento. Dopo aver rinviato l' inizio della discussione all' indomani della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, ora dovrebbe mettersi al lavoro: ma l' articolo 108 del regolamento di Montecitorio, che spiega proprio come lavorare sulle sentenze della Consulta, potrebbe rallentare i lavori.

 

gentiloni e renzi gentiloni e renzi

Si tratta di ostacoli oggettivi, difficili da scansare anche per chi, come il segretario del Pd, vorrebbe correre verso il voto. E allora, la seconda scelta potrebbe diventare l' autunno. Certo, però, in quel periodo cade la legge di bilancio, la più importante e delicata della vita dello Stato. Ma proprio per questo, e perché l' Europa potrebbe chiederci nuovi sacrifici non concedendo più margini di flessibilità, costringendoci quindi a una norma lacrime e sangue, al Colle pensano che non sarebbe forse auspicabile lasciare questo compito a Gentiloni e alla sua squadra, un esecutivo di servizio nato per affrontare alcune emergenze e poi traghettare al voto.

 

Meglio sarebbe che se ne facesse carico un governo nuovo, pienamente legittimato a chiedere sforzi dal voto popolare: un esecutivo che, tra l' altro, potrebbe ancora godere in quella fase dello stimolo dato dalla Bce con il quantitative easing, destinato a finire con il 2018.

peones transatlantico1peones transatlantico1

 

Resta un altro problema, individuato da Renzi nell' ipotesi del voto in autunno: a metà settembre scatteranno le pensioni dei parlamentari e questo vorrebbe dire, come ripetono i suoi fedelissimi, «consegnare ai grillini la campagna elettorale già fatta». Quanto il segretario sia preoccupato da quell' aspetto, lo ha rivelato un paio di settimane fa tramite una dichiarazione tv che ha fatto infuriare metà dei suoi deputati.

 

Ma, per questo, tra i renziani di stretta osservanza già si è diffusa un' ipotesi: quella di intervenire sul regolamento che ordina la questione. Cambiando la norma, magari facendo sì, avanza l' ipotesi un fedelissimo del segretario, che i contributi versati da ciascun eletto confluiscano nella propria posizione previdenziale, senza che il passaggio al Parlamento dia diritto a una pensione a parte.

ettore rosatoettore rosato

 

«Non ci stiamo ancora lavorando, ma questo non vuol dire che non si potrebbe fare», conferma il capogruppo Pd Ettore Rosato. A quel punto, i maggiori ostacoli al voto verso fine anno sarebbero rimossi. E il capo dello Stato non avrebbe nulla da eccepire a sciogliere le Camere. Purché, naturalmente, una legge elettorale omogenea abbia finalmente visto la luce.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…