MATTEUCCIO SI RICORDA DEGLI AMICI - SAREBBE PRONTO PER SALVO NASTASI, CHE OSPITA QUANDO VIENE A ROMA IL BRACCIO DESTRO DI RENZI NARDELLA, IL POSTO DI VICE SEGRETARIO GENERALE DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

Sergio Rizzo per ‘Il Corriere della Sera'

La prova cruciale per Matteo Renzi si avvicina a grandi passi. Il ministero dell'Economia ha trasmesso a Palazzo Chigi le due diligence predisposte dagli esperti sui risultati delle attuali gestioni delle grandi imprese di Stato i cui manager sono in scadenza. E il momento delle decisioni che coinvolgeranno un numero di nomine senza precedenti (350) sta per arrivare.

Ieri il sottosegretario alla Pubblica amministrazione Angelo Rughetti ha ribadito al Fatto Quotidiano un concetto espresso più volte: l'intenzione di non confermare nello stesso posto i manager che hanno già alle spalle tre mandati. Un criterio che, applicato in modo meccanico, farebbe automaticamente saltare tutti i pezzi da novanta.

Ma è un disegno che dovrà fare i conti con un paio di problemini. Il primo è la natura di alcune aziende per le quali si dovrà procedere al rinnovo delle cariche. Le società quotate, come Enel, Eni, e Terna sono esposte al giudizio del mercato, che potrebbe non gradire avvicendamenti dettati puramente dalla regola del tre.

Il secondo problema riguarda invece sempre il solito rapporto fra le nomine pubbliche e la politica. E la linea del Piave a sua difesa è quella che si sta scavando alle Poste. Con il limite dei tre mandati l'amministratore delegato Massimo Sarmi sarebbe ampiamente fuori gioco: quello che sta completando è addirittura il quarto giro consecutivo. Ossia, dodici anni.

Già direttore generale di Telecom Italia e poi al timone della Siemens Italia, venne nominato al vertice della più grande impresa pubblica statale nel lontano 2002. All'epoca si disse che era sponsorizzato dal segretario di Alleanza nazionale Gianfranco Fini. Ma poi quella colorazione si è via via sbiadita, virando decisamente verso il biancofiore più centrista. Fino a diventare irrinunciabile, Sarmi, per il leader del centrodestra Angelino Alfano. Il quale avrebbe fatto a Renzi una sola richiesta per questa tornata di nomine: la conferma ulteriore di colui il quale, fresco azionista dell'Alitalia, si appresta a portare le Poste in Borsa.

Ed è chiaro quale sarebbe la conseguenza. La conferma di Sarmi nell'attuale incarico sbriciolerebbe quella regola del tre che solo a parlarne ha già fatto venire l'orticaria ai veterani. Rendendo possibili scenari che i renziani più ansiosi di cambiamenti vedono come il fumo negli occhi. Per esempio la permanenza di Paolo Scaroni ai piani alti dell'Eni. Non più come amministratore delegato, visto che lo statuto della compagnia petrolifera di cui lo Stato italiano è azionista di riferimento già contempla il limite massimo dei tre mandati.

Piuttosto, invece, come presidente con deleghe, affiancato da un amministratore interno. Tipo il direttore generale Claudio Descalzi. Questo almeno potrebbe essere il piano gradito a Scaroni. Anche se è noto che da tempo Renzi avrebbe pensato a una soluzione molto diversa: portare all'Eni Vittorio Colao, attuale amministratore del colosso della telefonia mondiale Vodafone ed ex amministratore delegato di Rcs, gruppo che edita questo giornale.

Certo è che la partita vera delle nomine si giocherà su questi pochi incarichi chiave nelle grandi aziende. Dall'Eni alle Poste, dall'Enel alla Finmeccanica: d'obbligo ricordare che sono in scadenza anche i vertici della holding delle industrie della difesa, alla cui presidenza l'esecutivo di Enrico Letta ha collocato non più tardi di un anno fa l'ex capo della Polizia Giovanni De Gennaro. Evidente che pure questo rappresenterà il banco di prova della reale portata innovativa dell'offensiva di Renzi.

Un primo segnale si potrebbe avere già oggi, quando alla Camera il governo dovrà rispondere a una interpellanza con la quale il Movimento 5 Stelle ha chiesto «chiarimenti sullo stato di avanzamento della selezione dei manager pubblici» nonché sulle «decisioni assunte in materia di nomine pubbliche» sollecitando non soltanto l'applicazione rigorosa dei criteri di «onorabilità, competenza e professionalità» previsti dalla direttiva approvata il 24 giugno dello scorso anno, ma addirittura introducendone di nuovo, quali appunto «il limite dei mandati» e l'età degli amministratori.

Ma se nelle aziende pubbliche il nuovo che avanza resta ancora un rebus, comincia a sciogliersi invece in qualche caso l'incantesimo di Palazzo Chigi. Dove si riaffacciano volti ben noti della potente burocrazia romana, proprio quella a cui la pattuglia renziana sembrava aver dichiarato guerra.

Da settimane corre voce di un importante incarico per Salvo Nastasi, da una decina d'anni dirigente dei Beni culturali: con Giuliano Urbani, con Rocco Buttiglione, con Francesco Rutelli, e poi capo di gabinetto di Sandro Bondi, quindi con Giancarlo Galan, Lorenzo Ornaghi e Massimo Bray.

I giornali rammentano il suo legame fraterno con il più renziano dei renziani, quel Dario Nardella cui Renzi ha affidato la città di Firenze. E ora la voce ha preso corpo. La destinazione promessa di Nastasi, quella di vice segretario generale della presidenza del Consiglio. Numero due nella stanza dei bottoni. Nessuno stupore: del resto non si era parlato di far «ruotare» gli alti dirigenti pubblici?

 

 

DARIO NARDELLA DARIO NARDELLA MATTEO RENZI Pietro Valsecchi e Salvo Nastasi SALVO NASTASI Fulvio Conti e Paolo Scaroniimage RENZI E PADOAN Giovanni De Gennaro

Ultimi Dagoreport

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”

romana liuzzo

DAGOREPORT! UN MOTO DI COMPRENSIONE PER I TELESPETTATORI DI CANALE5 CHE HANNO AVUTO LA SFORTUNA DI INTERCETTARE LA MESSA IN ONDA DELLO SPOT AUTO-CELEBRATIVO (EUFEMISMO) DEL PREMIO “GUIDO CARLI” - CONFUSI, SPIAZZATI, INCREDULI SI SARANNO CHIESTI: MA CHE CAZZO È ‘STA ROBA? - AGGHINDATA CON UN PEPLO IN STILE “VESTALE, OGNI SCHERZO VALE”, PIAZZATA IN UN REGNO BOTANICO DI CARTONE PRESSATO, IL “COMMENDATORE”  ROMANA LIUZZO REGALA 20 SECONDI DI SURREAL-KITSCH MAI VISTO DALL'OCCHIO UMANO: “LA FONDAZIONE GUIDO CARLI VI SARÀ SEMPRE ACCANTO PER COSTRUIRE INSIEME UN MONDO MIGLIORE”. MA CHI È, LA CARITAS? EMERGENCY? L'ESERCITO DELLA SALVEZZA? - VIDEO!

friedrich merz - elezioni in germania- foto lapresse -

DAGOREPORT – LA BOCCIATURA AL PRIMO VOTO DI FIDUCIA PER FRIEDRICH MERZ È UN SEGNALE CHE ARRIVA DAI SUOI "COLLEGHI" DI PARTITO: I 18 VOTI CHE SONO MANCATI ERANO DI UN GRUPPETTO DI PARLAMENTARI DELLA CDU. HANNO VOLUTO MANDARE UN “MESSAGGIO” AL CANCELLIERE DECISIONISTA, CHE HA STILATO UNA LISTA DI MINISTRI SENZA CONCORDARLA CON NESSUNO. ERA UN MODO PER RIDIMENSIONARE L’AMBIZIOSO LEADER. COME A DIRE: SENZA DI NOI NON VAI DA NESSUNA PARTE – DOMANI MERZ VOLA A PARIGI PER RIDARE SLANCIO ALL’ALLEANZA CON MACRON – IL POSSIBILE ANNUNCIO DI TRUMP SULLA CRISI RUSSO-UCRAINA

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…