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Chi mena prima, mena due volte – schiaffoni di trump a russia e europa contro isolamento g-20
trump

CHI MENA PRIMA, MENA DUE VOLTE –  OGGI AL G-20, TRUMP SI PREPARA AL TENTATIVO DI ISOLARLO DISTRIBUENDO SCHIAFFONI A TUTTI: A PUTIN (NEL POMERIGGIO IL BILATERALE FRA I DUE AD AMBURGO), ALL’EUROPA DELLA MERKEL, ALLA COREA DEL NORD (ED INDIRETTAMENTE, ALLA CINA) 

 

Paolo Mastrolilli per La Stampa

 

trump poloniatrump polonia

Trump contro tutti. Bacchetta l’Europa, che non ha più il coraggio di difendere la civiltà occidentale; ammonisce la Russia, alla vigilia del suo primo vertice con Putin, affinché smetta di destabilizzare il mondo e abbandoni le cattive compagnie dell’Iran e di Assad; minaccia la Corea del Nord, promettendo di punire con «cose severe» il suo atteggiamento di sfida a base di missili e armi nucleari.

 

Il nuovo presidente presenta la propria dottrina delle relazioni internazionali, con la tecnica delle spallate già vista durante la campagna elettorale, ma la risposta stavolta sono le proteste di strada che lo hanno accolto in serata ad Amburgo. 

 

DONALD TRUMP VLADIMIR PUTINDONALD TRUMP VLADIMIR PUTIN

La Casa Bianca aveva introdotto il discorso di ieri nella piazza Krasinskich di Varsavia come il messaggio politico più importante del viaggio. Nel luogo dove i polacchi si erano rivoltati contro i nazisti, Trump ha rimproverato all’Europa di aver perso questo spirito: «La domanda fondamentale del nostro tempo è se l’Occidente ha la volontà di sopravvivere. Abbiamo la fiducia nei nostri valori per difenderli ad ogni costo? Abbiamo abbastanza rispetto verso i nostri cittadini per proteggere i confini? Abbiamo il desiderio e il coraggio di preservare la nostra civiltà, in faccia a coloro che vogliono sovvertirla e distruggerla?».

 

Secondo lui l’America, scegliendolo come presidente, ha risposto sì a queste domande, rigettando il «pensiero debole» di Obama e Hillary Clinton. L’Europa invece resta l’anello debole, quasi arresa. Non ha citato espressamente la Ue, ma quando ha denunciato «la burocrazia che prosciuga la ricchezza e la vitalità delle persone», o quando ha detto che «l’Occidente non è diventato grande grazie alle regole, ma grazie alla libertà offerta ai cittadini di realizzare le loro aspirazioni», ha lasciato pochi dubbi.

 

MERKEL TRUMPMERKEL TRUMP

Anche perché ha pronunciato queste parole elogiando invece la Polonia, Paese «ribelle» della Ue, ed inneggiando all’unità delle nazioni europee, invece del progetto comunitario. Così ha rievocato l’Europa delle nazioni che aveva generato i massacri del secolo scorso, un po’ perché non ama il multilateralismo di Bruxelles, e un po’ perché forse ritiene più facile per gli Usa negoziare con i singoli Paesi indeboliti del Vecchio continente, che non con un blocco compatto e abbastanza forte da tenere testa a Washington.  

 

ASSAD PUTINASSAD PUTIN

I nemici da affrontare sono tre, secondo Trump: il terrorismo islamico, la Russia che vuole destabilizzare il mondo, e noi stessi, che non abbiamo il coraggio di difendere la nostra civiltà. Per farlo offre la sua leadership, basata su patria, Dio e famiglia. Infatti ha evocato anche il ruolo della fede religiosa, ricondando che i polacchi trovarono la forza di sconfiggere il comunismo quando durante la prima messa celebrata da Giovanni Paolo II «dissero che volevano Dio».

 

Queste non sono posizioni casuali: costituiscono la base del pensiero dei suoi collaboratori intellettuali più stretti, Steve Bannon, Stephen Miller e Michael Anton, che aveva paragonato la candidatura di Trump alla disperata rivolta dei passeggeri sul volo 93. L’opposto della visione che Obama aveva portato a Berlino, da candidato. 

 

rex tillerson vladimir putinrex tillerson vladimir putin

Per paradosso, il capo della Casa Bianca è stato quasi più severo con gli alleati europei che con Putin. Ha rimproverato alla Russia di destabilizzare l’Europa, a partire dall’Ucraina, e di coltivare cattive amicizie, come quelle con l’Iran e il regime di Assad. Ha riconosciuto che il Cremlino ha cercato di influenzare le presidenziali dell’anno scorso, ma non l’ha fatto da solo: «Non sappiamo ancora tutta la verità». E visto che lui quelle elezioni le ha vinte, e ora è sotto inchiesta per le presunte connessioni tra la sua campagna e Mosca, ha colto l’occasione anche per criticare Obama - giustamente - perché «sapeva degli attacchi russi ma non ha fatto nulla, pensando così di aiutare Hillary». 

 

kim jong un osserva il missile  intercontinentale  nordcoreano luglio 2017kim jong un osserva il missile intercontinentale nordcoreano luglio 2017

Oggi Trump si troverà per la prima volta davanti a Putin, e se vuole cominciare a mettersi questa crisi dietro le spalle, dovrà ottenere da lui qualche concessione che giustifichi almeno il tentativo di riprendere il dialogo. Una possibile indicazione l’ha data il segretario di Stato Tillerson, che ha aperto all’ipotesi di collaborare con il Cremlino in Siria, ad esempio gestendo insieme una no fly zone per completare la sconfitta dell’Isis e avviare la pacificazione del Paese.

 

Se Vladimir accettasse di farlo, mollando Assad e l’Iran nel nome della stabilità globale, Donald potrebbe rivendicare un successo che avrebbe la capacità di iniziare ad oscurare lo scandalo delle interferenze elettorali. Stesso discorso se Putin, e più ancora il presidente cinese Xi, decidessero di isolare davvero la Corea del Nord, favorendo una soluzione alla crisi nucleare che non passi per l’intervento militare.

TRUMP XITRUMP XI

 

Per ottenere questi risultati, però, bisognerebbe partire dall’unità con gli alleati tradizionali, che invece Trump sfida. Perché l’Europa è convinta di difendere già la civiltà occidentale, con quello che fa. Tolleranza, società aperta, dialogo, cultura, e magari anche le proteste - purché non violente - come quelle che ieri sera hanno accolto Donald ad Amburgo.  

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