SI FA L’ITALIA E SI MUORE - LA MERKEL SI TROVA NELLA BRUTTA SITUAZIONE DI METTERE A RISCHIO IL PROPRIO CONSENSO PER SALVARE L’ITALIA - GIÀ IL VOLER COSTITUIRE IL CARROZZONE DELL’EURO PER FORZA COSTÒ IL POTERE A HELMUT KOHL - RIGOR MONTIS L’HA CAPITO, ED È PER QUESTO CHE ALLO “SPIEGEL” SI È DETTO PREOCCUPATO DEI SENTIMENTI ANTI-TEDESCHI IN ITALIA - SA BENE CHE DEVE DIFENDERE IL PARTITO DELLA MERKEL, CHE RISCHIA L’ISOLAMENTO PER DIFENDERCI…

Federico Fubini per "Corriere della Sera"

Quanti voti vale l'Italia? A Berlino, o a Monaco di Baviera, può sembrare una domanda relativamente semplice almeno da formulare. Ma non lo è. Essa va scomposta in due interrogativi diversi che forse solo nel 1997, agli albori dell'euro, erano stati altrettanto rilevanti per la Germania. Il primo di questi pesa su Angela Merkel da quando l'Italia fu risucchiata nelle rapide dei mercati più di un anno fa. La cancelliera potrebbe formularla più o meno così: quanti voti è giusto perdere pur di tenere l'Italia agganciata al convoglio dell'euro? La risposta di Helmut Kohl, suo predecessore degli anni 80 e 90, era stata: abbastanza da perdere il potere.

La marcia a tappe forzate verso un'unione monetaria allargata a Sud per ragioni soprattutto politiche, nel '98 contribuì in modo (forse) determinante alla sconfitta del cancelliere della riunificazione. Qui però si innesta un secondo dilemma, che ai tempi di Kohl non si poneva ma ora complica terribilmente il compito di Angela Merkel. Chiedersi quanti voti vale l'Italia, oggi in Germania, significa chiedersi quanti se ne possono racimolare con certe accuse al grande vicino del Sud. Qui il grado di raffinatezza degli argomenti conta poco: esistono uomini politici tedeschi disposti a sperare che l'Italia sia una miniera di voti, se solo se ne parla nel modo giusto.

Alexander Dobrindt, segretario generale della Csu (partito alleato della Cdu di Merkel), ne ha offerto solo l'ultimo esempio: lo ha fatto nel fine settimana insinuando che Mario Draghi sia in conflitto d'interessi, perché spingerebbe la Banca centrale europea ad agire ogni volta che l'Italia si trova più in difficoltà. Una durezza del genere si spiega con il fatto che, in questo, Dobrindt non è solo. Proprio dalla Baviera, feudo storico della Csu, prendono le mosse i Freie Waelher: Fw è un partito nuovo, propone la scissione fra euro del Nord e euro del Sud, ha attratto l'ex capo degli industriali Hans-Olaf Henkel e gode già del 10% dei consensi nel Land. Per la prima volta, i conservatori della Csu hanno uno sfidante populista a destra nelle elezioni previste fra un anno.

Sono queste le correnti non più sotterranee che frenano Merkel, quando si chiede quanti voti è giusto perdere per lasciare che la Bce aiuti l'Italia (e la Spagna). In Olanda e in Finlandia, la linea del governo e le campagne elettorali sono già determinate dai temi dei populisti xenofobi. In Germania la missione della cancelliera è portare in salvo il sistema-euro senza dare spazio a una vera sfida alla sua destra, insopportabile per la storia del Paese. È un equilibrismo che implica una certa brutalità, mentre le condizioni del credito stanno strangolando due delle prime dieci economie del mondo. E' dunque anche per rassicurare gli elettori tedeschi che le condizioni agli interventi di sostegno per Berlino sono irrinunciabili.

Merkel non dispera di riuscire e i sondaggi la rassicurano in vista delle elezioni del settembre 2013: l'ipotesi più probabile resta quella di una coalizione con gli europeisti socialdemocratici della Spd. Anche per questo i timori espressi da Mario Monti allo "Spiegel" sui sentimenti anti-tedeschi in Italia sono un messaggio politico. Il premier italiano sa che deve sostenere chi in Germania rischia l'isolamento, pur di sostenere a sua volta l'Italia. Sa anche che la retorica anti-tedesca è così chiassosa da impedire a tutti di capire dove passa la vera linea rossa tracciata dalla Germania: se gli aiuti, i sussidi e i prestiti al Sud Europa in crisi si riveleranno un processo continuo e infinto, l'intero establishment tedesco non ci starà più.

Anche per questo Monti non dimentica l'altra lezione del passato recente: i Paesi nei quali i sentimenti anti-tedeschi sono più sguaiati e più vengono strumentalizzati dai politici, sono gli stessi che hanno perso la strada. Un capro espiatorio in Nord Europa non ha mai portato un solo zero virgola di crescita e occupazione in più. Vedere, per credere, alla voce Grecia.

 

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