CON LA MERKEL HA VINTO LA STABILITÀ, LA SUA: NEL SENSO CHE A DECIDERE IN EUROPA SARÀ ANCORA IL KAISER

Marco Zatterin per "La Stampa"

Tutti di corsa sul carro della vincitrice, a partire da François Hollande, il leader dimezzato dalla crisi interna e dai consensi in caduta libera. Pochi minuti dopo le sette della sera, il presidente francese ha chiamato la riconfermata cancelliera Merkel per complimentarsi e provare a porre le basi d'un cambio di marcia in un rapporto bilaterale che, dal suo arrivo all'Eliseo, non ha funzionato.

I due hanno espresso «la volontà di continuare la stretta collaborazione per affrontare le nuove sfide dell'eurointegrazione», dicono a Parigi. È lo stesso pensiero del presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy. Il quale, da squisito diplomatico, lo ha twittato in tedesco.

Non hanno scelta, gli alfieri dell'Europa unita, se non quella di guardare a Berlino e inchinarsi alla sua condottiera, democraticamente rieletta con un'abbondanza di suffragi mai vista dai tempi di Adenauer. Nell'ultimo anno i brontolii per l'ingerenza delle ragioni interne tedesche nel processo di integrazione comunitarie non hanno avuto requie.

La Merkel s'è vista accusare d'essere l'anima di un «too little, too late» - troppo poco e troppo tardi - alimentata dall'esigenza di mantenere la presa sugli elettori. Il rigore esiziale e un'eccessiva prudenza nelle riorganizzazione degli assetti economici Ue «imposti dalla cancelliera» sono fra le cause considerate centrali per l'aumento del costo della crisi e la lentezza della soluzione. Dal voto federale si attendeva un messaggio. Chi lo voleva di cambiamento sarà con ogni probabilità deluso.

«Il problema vero è che la forza dalla Germania è la debolezza degli altri, in particolare di Francia e Italia», ammette Sylvie Goulard, francese, economista, eurodeputata liberale, sempre restia a fare del voto tedesco il capro espiatorio dei malanni europei. Ora, stima, ci sarà un periodo di incertezza legato al nodo della supercoalizione.

«La Merkel non muterà la linea - sostiene la Signora Goulard -. Continuerà a invocare riforme severe e magari proporrà qualcosa ai partner. Cosa, dipende dal contesto, dalla stabilità italiana come dall'economia francese. Tutto è nel contrasto fra un paese sano economicamente e con istituzioni forti, e altri che sono l'esatto contrario».

Da che esiste l'Europa, a Bruxelles si accetta che senza armonia sull'asse franco-tedesco non si va da nessuna parte. I tempi richiedono decisioni, si deve terminare la riforma dei mercati finanziari e completare l'Unione bancaria, sulla quale Berlino ha sempre frenato. In maggio si vota per il rinnovo dell'Europarlamento con la minaccia euroscettica (sventata in Germania) che incombe, quindi scatteranno le nomine, con la Commissione e i vertici del Consiglio da rinnovare. Fra un anno, insomma, l'Ue sarà parecchio diversa da com'è oggi.

La sua natura dipenderà dagli assetti scatenati dal voto di ieri. Ci sono economisti come Sony Kapoor che prevedono l'impossibilità di sopravvivere ad altri quattro anni Merkelismo. E c'è Sylvie Goulard che vede la cancelliere con «le mani meno legate» disposta a cooperare sull'Unione bancaria. Di certo, assicura l'eurodeputata, il risultato tedesco è una buona notizia per i partner internazionali. «Non ci saranno sorprese per i mercati e le altre capitali - assicura -. Tutti sanno chi decide e, più o meno, cosa deciderà». E' un fattore di stabilità su cui si può costruire, sostiene. Sulle conseguenze collettive ci sarà tempo per ragionare.

 

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