UN MESE DOPO DAGOSPIA, “REPUBBLICA” SCOPRE CHE IL BANANA MIRA A FARSI ELEGGERE AL SENATO - I SUOI LEGALI VOGLIONO EVITARE “INUTILI RISCHI” CON LE PROCURE - ANCHE L’AMICO DELL’UTRI HA BISOGNO DI RESTARE IN PARLAMENTO PER PROTEGGERSI DAI MAGISTRATI - PER UN CICCHITTO CHE MOLLA, C’È UN BEPPE PISANU CHE RESISTE NONOSTANTE 38 ANNI DI SCRANNO - RESTEREBBE ANCHE GIORGIO LA MALFA, MA CHI LO CANDIDA?…

1 - A DESTRA I "DINOSAURI" NON SI ESTINGUONO NIENTE LIMITI DI MANDATO, SILVIO AL SENATO...
C.L. per "la Repubblica"

Alla rottamazione pensa Silvio Berlusconi (per gli altri), ma non Angelino Alfano. Se il Cavaliere si va convincendo che una ventata di novità deve spazzare il «vecchio» dal suo partito, il segretario ha deciso che non imporrà il limite delle tre legislature per selezionare i suoi. I dinosauri a destra sopravvivono ancora e sembrano destinati a non estinguersi. Già, ma il Cavaliere sarà della partita o anche lui pensa al clamoroso gesto?

Chi lo ha incontrato più volte in questi giorni, come il coordinatore lombardo Mario Mantovani, rivela che l'ipotesi di cui si sta discutendo è di una corsa da «padre nobile» al Senato. Lui, in realtà, starebbe valutando pure il «colpaccio» di un ritiro tout court. Se non fosse per i legali che gli consigliano di non correre «inutili rischi».

Nel Pd la «rottamazione» è partita, tra i berlusconiani non tira aria. La invocano giusto i "formattatori" di Alessandro Cattaneo, ma giusto loro. Certo, i passi compiuti da Veltroni e D'Alema sono destinati a lasciare il segno anche dall'altra parte. Raccontano che il capogruppo Fabrizio Cicchitto abbia confidato al solo segretario Alfano la sua intenzione di non ricandidarsi, forte di cinque legislature alle spalle e di una stanchezza accumulata in questi anni da capogruppo.

E se dovesse lasciare lui, potrebbe alla fine farsi da parte - ma anche lì, su base volontaria - Francesco Colucci, storico deputato questore (fin dal 1987) dei berlusconiani, che tra i parlamentari siede beato nella top five, sullo scranno dei suoi 34 anni alla Camera. Chi occupa il podio, ovvero il senatore Beppe Pisanu, dall'alto dei 38 anni record di legislatura, ha già fatto sapere al contrario che non intende affatto gettare la spugna.

«Mi candido, certo che mi candido» ha spiegato serafico l'ex ministro degli Interni martedì al fianco di Ciriaco De Mita, a margine della presentazione dell'ultimo libro dell'ex leader Dc. I sardi vivono più a lungo, è stata la tesi ironica, e «dovete permettere a un politico sardo di stabilire il record della logevità politica. Saranno gli elettori a decidere».

E vorrebbe rimettersi al responso degli elettori anche Giorgio La Malfa, che affianca in testa Pisanu con 38 anni, se solo troverà (ma lui non dispera) una lista che sia disposta a rigettarlo nella mischia. A dispetto dei venti di rottamazione e dei capelli bianchi. Poi c'è chi, come il senatore Marcello Dell'Utri, al Parlamento è «costretto» a non rinunciare, ammicca lui. Troppi procedimenti penali e processi in corso per potersi privare dell'ombrello dell'immunità.

«Dipende dal partito, se mi ricandiderà, e dagli elettori, se mi vorranno ancora » spiega Altero Matteoli, tra i recordman anche lui: «Io ho ancora voglia e poi non potete chiedere al tacchino di parlare bene del Natale».

Il fatto è che a destra e nel centro la voglia di compiere il nobile gesto della rinuncia è quella che è. Sulla ricandidatura di Umberto Bossi, fa sapere per esempio il segretario leghista Roberto Maroni, si pronuncerà il congresso del Carroccio a febbraio. Casini vanta 30 anni di militanza parlamentare (come Fini).

E l'altro pomeriggio, anche lui al fianco di De Mita, sosteneva la tesi che «non può rinunciare alla politica chi la ama: ogni tanto noi facciamo il tagliando e affidiamo il nostro destino al popolo».

Come dire, decideranno gli elettori. Niente tetto di legislature tra i centristi, ha già tagliato corto il segretario Udc Lorenzo Cesa. Ha già mollato le redini Calogero Mannino, in Parlamento dal ‘74. «Da un anno non partecipo più alla vita politica, lascio senza nostalgia ma con molta preoccupazione per il futuro», racconta nei panni di "Cincinnato" dalla sua vigna a Pantelleria. «Ma i tetti in politica non funzionano: la si impara a fare solo al fianco di chi ha qualcosa da insegnare».


2- DAGOREPORT DEL 24 SETTEMBRE 2012 - BERLUSCONI SARÀ CANDIDATO ALLA CAMERA O AL SENATO, MA NON PIÙ CANDIDATO PREMIER. L'HA COMUNICATO RISERVATAMENTE A NAPOLITANO, MONTI E AL VERTICE DEL BISCIONE

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-berlusconi-sar-candidato-alla-camera-o-al-senato-ma-non-pi-candidato-premier-44351.htm


Alla fine, tra lo schifo delle abbuffate politiche regionali e la finta schizzinosità dei tecnici che vogliono farsi politici, qualche punto fermo comincia ad esserci. Ecco il ritratto della povera Italia 2012 secondo il dizionario dei suoi protagonisti (nostro malgrado).

1- BANCA D'ITALIA.
Da alcuni giorni ha scodellato sul tavolo del presidente del Consiglio e del ministro dell'Economia le sue previsioni riservate sul 2013. Nessuna ripresa rispetto al fondo che stiamo toccando quest'anno, ma un aggravamento della crisi nella prima parte dell'anno e, di fatto, affidamento alla Divina Provvidenza per la seconda parte. Ciononostante, Monti Mario (vedi voce) continua a vedere la luce.

2- BERLUSCONI SILVIO. E' assolutamente certo che non si ricandida. Non solo, la notizia è che lo ha comunicato riservatamente a chi di dovere, cioè al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. Non solo: anche lo stato maggiore del Biscione è stato avvertito.

Anche per questo nessuno gli ha risposto quando ha proposto di abolire l'Imu, altrimenti il governo si sarebbe affrettato a dire che con i conti che abbiamo non si può toccare nulla. Sarà candidato alla Camera o al Senato, ma non più candidato premier.
Del resto, con la legge elettorale in discussione tale sacrificio non sarà più necessario perché sulla scheda non vi sarà più l'indicazione di chi andrà a Palazzo Chigi in caso di successo elettorale. In queste settimane Silvio B. sta lavorando per avere i voti minimi necessari per partecipare al tavolo della grande coalizione che dovrà forzatamente nascere dopo il voto nel nome di Monti.

E sta selezionando i nomi che potrebbe indicare per alcune posizioni importanti nel governo che verrà. Intanto, dopo tre sondaggi condotti da tre sondaggisti diversi, ha dovuto accantonare l'ipotesi di candidare Luca di Montezemolo come suo successore nel Pdl. In nessuno dei sondaggi il presidente della Ferrari arrivava primo, nemmeno in una ipotesi in cui nella coalizione di destra rientrava l'Udc.

Di fatto con il Pdl l'ex presidente di Confindustria sottraeva voti, non aggiungeva quelli che avrebbe preso se si presentasse da solo con Italia Futura. Risultato (d'accordo con Gianni Letta), meglio tenerlo come carta di riserva da giocarsi nel dopo voto come esponente della cosiddetta società civile, a patto che non si candidi nemmeno con Italia Futura e che Italia Futura non presenti liste a lui riconducibili.

3- BERSANI PIERLUIGI.
Se vince le primarie e poi le elezioni farà il vicepresidente politico unico di Monti Mario e potrebbe sostituirlo nel 2014 quando l'uomo che vede la luce si trasferirà in Europa al posto di Van Rompuy. Se pareggia o vince di poco sarà uno dei vicepresidenti. Intanto lui e Renzi Matteo (vedi) potrebbero essere in fase avanzata di trattativa per il seguente accordo: Bersani vince le primarie, Renzi le perde bene ma eredita il Pd e può rottamare Veltroni Walter e D'Alema Massimo (vedi).

4- CASINI PIERFERDINANDO.
Fa la "rivoluzione" generazionale nell'Udc con la grande trovata di candidare i figli dei suoi attuali deputati e senatori. Tutto in famiglia. Punta a fare il presidente del Senato visto che al Colle sarà difficile perché Angela Merkel, nostra signora di Germania, vi ha destinato Draghi Mario per liberare la Bce per un tedesco. Se si torna al proporzionale, ritiene di avere ampi spazi di manovra in Parlamento con la sua pattuglia, non essendo vincolato a nulla e conoscendo bene il brodo cucinato per decenni dalla Dc.

5- D'ALEMA MASSIMO.
Sta per partire per gli Stati Uniti per partecipare ai lavori della Fondazione di Bill Clinton, dove spera di giocarsi le carte residue per la segreteria generale della Nato, al posto di Rasmussen che scade a giugno (ma che va avvicendato entro l'anno per il tradizionale semestre di passaggio di consegne). Pensava che con gli americani bastasse l'aiuto che da premier diede alla guerra nel Kosovo, ma gli è stato preferito Frattini Franco (vedi). In caso di Pd primo partito e non di misura chiederebbe gli Esteri, ultima chance prima della definitiva rottamazione.

6- GRILLO BEPPE.
La legge elettorale proporzionale serve soprattutto a frenarne lo slancio. Deve mettere in campo candidati che si battono sul territorio e gli italiani sono abituati male: vogliono vedere di persona, non via Internet. La credibilità dei suoi candidati si gioca tutta lì. E sarà molto meno facile rispetto ad una indicazione plebiscitaria e protestataria di un uomo solo, seppure comico di professione.

7- FRATTINI FRANCO.
Ha vinto la battaglia per la segreteria generale della Nato, anche se D'Alema (vedi) ancora non ci vuol credere. Come Antonio Tajani: passando del tempo a Bruxelles almeno non è stato direttamente coinvolto nel trash laziale, che pure ben conosce.

8- MONTEZEMOLO (di) LUCA.
La margherita è rimasta senza petali e l'ultimo dice: non mi candido. Del resto, non può: non ha i fondi e la forza per presentarsi da solo (e con la frammentazione indotta dal proporzionale non sarebbe nemmeno conveniente) e deve mantenersi politicamente vergine per essere utilizzato dopo nella logica proporzionale, come esponente della cosiddetta società civile, magari con la sponsorizzazione di Letta e Berlusconi: vicepresidente del Consiglio in condominio con Bersani è l'obiettivo massimo, ma accetterebbe anche il Ministero degli Esteri, dove farebbe molto bene. Con buona pace dei ragazzi di Italia Futura e con il sollievo dei suoi amici di Dubai, con i quali potrebbe continuare ad intrecciare affari e turismo.

9- MONTI MARIO.
L'uomo che vede la luce a prescindere, sta valutando cosa personalmente gli conviene di più per trasformare la sua parabola da tecnica a politica, visto che (per quanto strumento novecentesco) le elezioni esistono ancora. Una lista Monti, che pure alcuni uomini degli ex poteri forti italiani gli chiedono, è da escludere perché sa benissimo che le elezioni capiteranno nel momento più acuto della crisi economica, quella che lui stesso ha ammesso di aver aggravato perché non si poteva fare altrimenti.

Certo, gli italiani difficilmente lo ringrazierebbero con un plebiscito, soprattutto a sud. Oppure deve farsi legittimare dai partiti impauriti da risultati che non daranno un vincitore netto, e che perciò dovranno investirlo di legittimità derivata dal voto. In ogni caso sarà un altro film e se dirà che vede la luce non sarà più una luce tecnica ma politica. Sarà cioè come i suoi sponsor.

10 - POLVERINI RENATA.
Almeno Formigoni ha sgovernato per vent'anni. Avrebbe potuto diventare un'eroina vera e non un'ex animaletto da Ballarò se avesse usata l'arma fine di mondo delle dimissioni e non avesse pietosamente mentito da Formigli: non posso dimettermi perché devo fare i conti con i partiti.

In realtà, essendo eletto direttamente dal popolo, le dimissioni del presidente di una regione significa lo scioglimento del Consiglio regionale e nuove elezioni. Purtroppo, la destra ex fascista al potere, da Alemanno e dintorni, è stata oggettivamente la delusione principale dell'ultimo ventennio.

11- RENZI MATTEO.
Vedi Bersani Pierluigi. In aggiunta, si spera che i fasti della provincia di Firenze siano stati inferiori a quelli della Regione Lazio.

12- SCARPARO (LO).
Diego Della Valle ha assunto toni cossighiani (il Picconatore ci perdoni) nel fustigare i suoi colleghi imprenditori e banchieri. Sa stare in televisione, e talvolta buca il video più di tanti professionisti della politica o dei tecnici che vedono la luce. Deve badare ai suoi affari nel mondo e ha bisogno di tempo per godersi i suoi aerei e le sue barche, ma alla fine il gioco del potere è quello che lo affascina di più. Se fosse lui la sorpresa delle elezioni 2013, avrebbe il plauso di Clemente Mastella e una leggera invidia di Montezemolo (di) Luca (vedi).

13- SQUINZI GIORGIO.
Con tempismo da passista si trova spesso su posizioni diverse da Monti Mario sulla consistenza e la durata della crisi. All'inizio i suoi colleghi imprenditori quasi lo accusavano di lesa maestà. Alla quarta volta di seguito hanno capito, si spera, che ha ragione lui.

 

BERLUSCONI E ALFANOANGELINO ALFANO E SILVIO BERLUSCONI dellutri cuffaro bacio DELLUTRI Pisanu Giuseppe0pap18 giorgio lamalfaMAURIZIO CICCHITTO

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