matteo salvini giancarlo giorgetti

IL NUOVO MINISTRO DEGLI ESTERI (DELLA LEGA) RIPOSIZIONA SUBITO IL PARTITO: ''MAI PIÙ ERRORI COME IL NOSTRO VOTO A STRASBURGO SU LUKASHENKO'' - GIORGETTI ORMAI DICE CHIARAMENTE QUELLO CHE SU QUESTO DISGRAZIATO SITO SCRIVIAMO DA DUE ANNI: SE LA LEGA VUOLE DAVVERO ARRIVARE PRIMA O POI A PALAZZO CHIGI, DEVE COSTRUIRE UN RAPPORTO CON L'ESTABLISHMENT EUROPEO. SOPRATTUTTO ORA CHE CI INDEBITEREMO (ANCORA DI PIÙ) CON IL RECOVERY FUND

 

Francesco Verderami per il ''Corriere della Sera''

 

salvini giorgetti

Certo che i partiti di centrodestra dovranno inventarsi un nuovo modello organizzativo, visto che l'attuale assetto è superato. E non c'è dubbio che andrà deciso se e in che modo indicare un leader che dovrà eventualmente rappresentare l'alleanza, quando si andrà a votare. Ma se l'obiettivo comune è Palazzo Chigi, il vero nodo strategico per l'opposizione è costruire un solido sistema di relazioni con le maggiori cancellerie internazionali e un rapporto più stretto e non conflittuale con l'establishment europeo. Perché l'Italia non può vivere fuori da questa dimensione sovra-nazionale, e una coalizione che non ne tenesse conto «non riuscirebbe a governare. Anzi, non arriverebbe a governare».

 

Perciò ieri Giorgetti si è sbarazzato dei diagrammi e delle percentuali che affollavano i ragionamenti della Lega dopo le Regionali. Lo ha fatto con la schiettezza che era necessaria, parlando con Salvini, e citandogli un caso che negli ultimi giorni di campagna elettorale è passato quasi inosservato nel partito. Mentre invece è stato un passo falso che si è aggiunto ad altri errori e rischia di pregiudicare le ambizioni del Carroccio: «In Europa, non aver votato la mozione contro il dittatore Lukashenko è stato un errore strategico», ha detto senza mezzi termini il responsabile Esteri della Lega.

 

matteo salvini il grande reportage da bruxelles

Giorgetti, su mandato del segretario, ha accettato di svolgere la funzione del «diplomatico» con i Paesi dell'area Atlantica e dell'Unione, per spezzare l'ostracismo in cui si trova il partito, additato pubblicamente nella plenaria dell'Europarlamento tra «i populisti che stanno con Putin». Ma è impossibile lavorare a un obiettivo già difficile se l'ordito viene poi disfatto come una tela di Penelope, con un voto che incrocia la superficialità e l'irresponsabilità: «E non posso continuare ad andare in giro se ci comportiamo così, perché non ci rendiamo credibili».

 

Al fondo di questo ragionamento, raccontano che Salvini abbia riconosciuto «l'errore» dell'euro-gruppo leghista. Rinvigorendo la speranza di quanti nel gruppo dirigente si erano battuti in passato affinché il Carroccio creasse a Strasburgo un «agglomerato di gruppi identitari che però avrebbero dovuto guardare al Ppe». Quel disegno è franato. I successivi passi hanno ingigantito il fossato. E ora quel problema è un cavallo di frisia che ostacola ogni discorso sul futuro. Perciò va superato. D'altronde, senza più Berlusconi alla guida del centrodestra, non basta al centrodestra un Berlusconi che dice al Ppe «sono io la garanzia della coalizione».

 

lukashenko

Ecco allora che la Lega, partito di maggioranza dell'alleanza, deve prepararsi a una svolta in campo europeo. Un tema più volte sollevato nel Carroccio da Giorgetti, che più volte è stato sconfessato (anche dal suo leader) con pensieri parole e opere. Era stato infatti l'ex sottosegretario alla Presidenza a evocare un avvicinamento ai Popolari, e c'era un motivo se aveva cercato di aprire un rapporto con Draghi. Perciò non stupisce se oggi autorevoli dirigenti leghisti ripetono un concetto che avevano in passato condiviso solo con Giorgetti: «Se vorremo in futuro governare, Matteo dovrà incontrare Draghi e poi chiedere l'iscrizione al Ppe».

 

In questa sintesi c'è il riconoscimento del fatto che «le altre strade battute si sono rivelate impercorribili» e che per proporsi alla guida del Paese «bisogna cambiare direzione». Altrimenti la sfida per la leadership nella coalizione di centro-destra rischierebbe di risolversi in un derby autarchico tra sovranisti e populisti, senza però concreti sbocchi di governo. Il «caso Lukashenko» sollevato da Giorgetti, ma soprattutto il riconoscimento dell'errore fatto da Salvini, segnalano una prima, importante quanto piccolissima correzione di rotta.

 

ALEKSANDR LUKASHENKO VLADIMIR PUTIN 2

Già in altre occasioni era capitato che la Lega si mostrasse intenzionata a superare i vecchi schemi, tranne ritornare repentinamente sui propri passi. Si vedrà in futuro, perché così come sarà complicato superare la diffidenza mista a ostilità di Bruxelles e delle cancellerie internazionali, non sarà facile nemmeno scardinare le convinzioni di una parte del Carroccio. Ma questa partita vale più del riassetto organizzativo del centrodestra.

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