MORO PER SEMPRE - CHI HA MANOVRATO LA FONTE TAROCCA DI IMPOSIMATO AL DILETTO SCOPO DI SPUTTANARE COSSIGA E ANDREOTTI?

Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

Tra i misteri veri e presunti sul «caso Moro» che hanno suggerito addirittura l'istituzione di una nuova commissione parlamentare d'inchiesta, ce n'è almeno uno che rischia di evaporare anzitempo. È quello intorno alla prigione del presidente democristiano messa sotto sorveglianza da non meglio identificati servizi segreti italiani e stranieri, che controllavano i terroristi ed erano pronti a liberare l'ostaggio ma inspiegabilmente furono rimandati a casa l'8 maggio 1978, alla vigilia dell'omicidio.

La Procura di Roma, che in passato s'era limitata a chiedere l'archiviazione delle indagini aperte su queste «rivelazioni», ora cambia strategia per provare a scoprire che cosa c'è dietro: l'ex sottufficiale della Guardia di finanza da cui tutto è scaturito è indagato per calunnia, accusato di aver «falsamente incolpato, pur sapendoli innocenti, i vertici istituzionali e militari nonché le autorità di polizia giudiziaria dell'epoca», di conoscere il luogo dove Moro era segregato ma di non essere voluti intervenire, lasciandolo uccidere.

La storia risale al racconto dell'ex brigadiere delle Fiamme gialle Giovanni Ladu, il quale nel 2008 raccontò che trent'anni prima, in pieno sequestro del leader dc, lui appena ventunenne fu spedito a Roma per una missione segretissima: il controllo di un appartamento alla periferia di Roma, con tanto di telecamere e microspie, che in seguito si rivelò la «prigione del popolo» in cui le Br tenevano rinchiuso Aldo Moro.

Ma la liberazione sfumò perché il giorno prima dell'esecuzione della condanna a morte, tutti i militari e agenti segreti impegnati ricevettero l'ordine di abbandonare il lavoro e rientrare alle rispettive basi.

Le dichiarazioni di Ladu, sottoscritte in alcuni verbali giudiziari, finirono pure in un libro dell'ex giudice istruttore Ferdinando Imposimato, finché nel 2011 il pubblico ministero Pietro Saviotti chiese e ottenne l'archiviazione del fascicolo poiché «ogni tentativo di dare un contorno di attendibilità all'allarmante versione del dichiarante ha dato esito univocamente negativo, senza che sia emersa alcuna pur frammentaria conferma di una missione per liberare l'onorevole Aldo Moro deliberatamente annullata». Un falso mistero, insomma. O quantomeno indimostrato.

Quest'anno però un nuovo volume firmato da Imposimato - che come avvocato rappresenta Maria Fida Moro, primogenita dello statista assassinato dalle Br, e in questa veste ha sollecitato gli inquirenti a riaprire l'indagine - ha rilanciato la questione.

Ne I 55 giorni che hanno cambiato l'Italia, libro che ha scalato le classifiche delle vendite ed è uno degli elementi che hanno convinto decine di deputati di tutti gli schieramenti a proporre una nuova commissione d'inchiesta, l'ex magistrato torna su quella storia grazie a un'ulteriore testimonianza: un ex appartenente a Gladio, tale Oscar Puddu, che ribadisce i particolari svelati da Ladu e ne aggiunge altri, conditi con nomi altisonanti di politici e generali. Da Andreotti a Cossiga, passando per sottosegretari e leader di parito come Zaccagnini e Donat Cattin; e poi i vertici del servizio segreto militare, da Maletti a Musumeci e Santovito.

Aggiungendo particolari che sovrappongono mistero a mistero, fino a segnalare che l'esplosivo utilizzato per le stragi mafiose del 1992 proveniva da un arsenale clandestino di Gladio.

Per l'autore del libro è la riprova della tesi precedente: Aldo Moro «doveva morire». E nella prefazione a I 55 giorni il giudice Antonio Esposito (divenuto famoso in estate per aver presieduto il collegio della Cassazione che ha reso definitiva la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale) avvalora le clamorose ricostruzioni che «trovano oggi definitiva conferma e certezza» grazie alle «dirompenti dichiarazioni di due dei numerosi militari» coinvolti nell'operazione.

Uno è Ladu, l'altro il sedicente Oscar Puddu, che attraverso quasi cento messaggi di posta elettronica ha risposto alle domande di Imposimato (sempre negandogli un incontro) avvalorando la «storia vera» del delitto Moro: i servizi segreti italiani e stranieri sorvegliavano la prigione, conoscevano i brigatisti e le loro auto, ne registrarono i colloqui, ma anziché liberare l'ostaggio smantellarono la vigilanza e lo fecero ammazzare.

Per verificare questo secondo capitolo della storia il pubblico ministero Luca Palamara ha affidato ai carabinieri del Ros di Roma un'ampia delega, con lo scopo di identificare il secondo «testimone». E l'analisi tecnica dei messaggi di posta elettronica consegnati agli inquirenti da Imposimato, attraverso le intestazioni che permettono di scoprire la provenienza della corrispondenza inviata e ricevuta via computer, ha portato a una clamorosa conclusione: Oscar Puddu non esiste, è solo un nome di fantasia dietro il quale si nasconde Giovanni Ladu, il primo «testimone» che aveva visto archiviate le sue precedenti propalazioni.

L'ipotesi investigativa è che l'ex finanziere abbia raggirato Imposimato per insistere sulle teorie rimaste senza conferma, proponendosi come un ulteriore protagonista sotto mentite spoglie. Resta da capire il movente dell'invenzione, se ci siano mandanti e scopi reconditi dietro il falso mistero. È ciò che si cercherà di capire nel seguito dell'indagine. A cominciare dall'analisi dei documenti e del materiale informatico sequestrato ieri nella perquisizione a casa di Ladu.

 

don giussani e andreottiberlusconi e andreottiMOROALDO MORO E GIULIO ANDREOTTI FRANCESCO COSSIGA Moro CossigaFERDINANDO IMPOSIMATODonat Cattin Luca Palamara

Ultimi Dagoreport

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…