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TOUT “LE MONDE”! “MONTI POLITIQUEMENT MORT POUR L’EUROPE”

Gian Micalessin per "Il Giornale.it"

Caduto il «funzionario» Giulio Terzi, resta da seppellire il professore. Ma Mario Monti, come decreta Le Monde, bibbia della gauche d'oltralpe, è già politicamente morto, vittima della sua stessa politica di asservimento all'Europa e alla comunità internazionale.
Una politica che causerà un aumento di 40 miliardi di euro del nostro debito e una contrazione del 2,9 per cento del prodotto interno lordo.

A questo disastroso sfascio economico va aggiunta la letale irrilevanza internazionale conseguita grazie alla sudditanza nei confronti delle direttive imposteci dagli «euroburocrati» di Bruxelles e dell'amministrazione Obama. Una politica priva in ambito internazionale di quelle doti di autonomia e iniziativa ereditate da Mattei, Andreotti, Craxi.

Una politica che per un Paese privo di risorse energetiche, situato a metà strada tra Europa e Medio Oriente, è quasi obbligata. Nell'ultimo decennio, seguendo questa tradizione, l'Italia s'era molto avvicinata a Israele, mantenendo però buoni rapporti sia con i palestinesi sia con i regimi arabi e islamici. Quei rapporti con Israele si sono rivelati decisivi per l'acquisizione d'importanti commesse nel settore della difesa che hanno rivitalizzato la nostra industria di Stato. Commesse messe a rischio a novembre dalla decisione di votare il riconoscimento dello Stato palestinese all'assemblea dell'Onu.

La vicinanza a Israele non ci aveva impedito di mantenere rapporti con Paesi come la Siria, da cui importavamo petrolio e di cui eravamo il più importante partner commerciale.

E pur da alleati degli Stati Uniti avevamo sempre seguito una politica flessibile con l'Iran. Molte compagnie petrolifere italiane continuavano, anche dopo lo smarcamento dell'Eni, ad acquistare petrolio da Teheran. L'adesione all'embargo europeo voluta da Monti ha portato all'azzeramento di quelle forniture e ai sensibili aumenti del nostro carburante. In Siria per adeguarci ai diktat di Parigi e Londra abbiamo chiuso ambasciata e aziende regalando a russi e cinesi il nostro posto di primo partner commerciale.

La spinta all'omologazione ha avvicinato Monti a un Qatar che - oltre ad essere nostro concorrente nello sfruttamento del petrolio e del gas libici - guarda molto più a Parigi che non con Roma. Solo la politica ombra dell'Eni ci ha consentito, nonostante gli scivoloni del governo, di galleggiare sia sul quadrante iracheno sia su quello algerino, due Paesi ai ferri corti con il Qatar e le sue politiche mediorientali.

La predisposizione alla subalternità dell'uomo in loden ha rischiato di compromettere anche i nostri rapporti con la Russia di Vladimir Putin. Solo il viaggio in zona Cesarini a cui è stato costretto a luglio il riluttante premier ci ha consentito di mantenere commesse ed interscambi decisivi.

L'aspetto più doloroso d'una politica supinamente atlantista ed europeista è stata però l'inutilità. Un alleato consenziente, ma incapace di garantire diplomazie parallele con i «nemici» serve soltanto a contribuire ai bilanci dell'Europa e della Nato. O, al caso, per garantire l'adesione alle missioni internazionali.

Così, nonostante i nostri conti si siano adeguati ai diktat europei, le nostre navi partecipino alle missione anti pirateria dell'Unione e le nostre tasse contribuiscano ai salatissimi costi di 136 inutili ambasciate europee sparse per il mondo, i 27 non muovono un dito per aiutarci. E nonostante il ruolo cruciale svolto nell'ambito di una missione afghana, decisiva anche per il contenimento di un Pakistan nemico giurato dell'India, gli Stati Uniti di Obama hanno continuato ad ignorare il nostro contenzioso con Nuova Delhi.

Un primo indicatore dell'irrilevanza a cui ci stava condannando il governo Monti era stato nel marzo 2012 il disgraziato caso di Franco Lamolinara. Il tecnico piemontese sequestrato in Nigeria venne trucidato dai sequestratori fondamentalisti durante un raid delle forse speciali inglesi deciso da Londra a nostra insaputa. Eppure da allora ad oggi il governo Monti ha continuato a seguir la stessa linea. Quella di un'Italia allineata, docile ed obbediente. Ma assolutamente inutile.

 

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